URBINO – Tasse universitarie che “sforano” il tetto previsto dalla legge e Ateneo costretto a rimborsare gli studenti. È successo a Pavia, dove il Tar ha accolto un ricorso dell’Unione degli universitari (Udu) – una delle maggiori sigle sindacali degli studenti – condannando l’ente lombardo a risarcire i propri iscritti a restituire 1,7 milioni di euro. Un rischio che potrebbero correre anche Urbino, assieme ad altri venti atenei italiani.
Questo perché, secondo la legge in vigore dal 1997, i contributi richiesti agli studenti non possono superare la soglia del 20 per cento del finanziamento pubblico assegnato dallo Stato, cioè del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo), principale entrata delle università. Urbino, come Pavia, supera questa soglia, attestandosi nel 2009 al 38 per cento rispetto all’Ffo, di fronte ai 46 milioni ricevuti dallo Stato (1139 euro di media per ciascun iscritto).
Ma l’ateneo ducale prova a difendersi, ricordando come Urbino, che sta completando il percorso di statalizzazione, sia in realtà sottofinanziata: “Se ricevessimo la quota di finanziamento che ci spetta, rientreremmo nei parametri ministeriali”, ha dichiarato Luigi Botteghi, direttore amministrativo dell’università “Carlo Bo”. “Siamo però fiduciosi, dato che il finanziamento attuale è solo temporaneo – ha continuato – e gli ispettori ministeriali hanno già riconosciuto la necessità di un aumento delle risorse erogate”. Botteghi ha anche ricordato come l’università di Urbino non abbia negli ultimi anni aumentato le tasse, limitandosi ad adeguarle al tasso di inflazione previsto dalla legge. Ma se ci fosse un ricorso? “Non possiamo che attendere l’aumento dei fondi”, ha concluso il direttore allargando le braccia.
La questione delle tasse però è storia vecchia. Era già stata affrontata dai rappresentanti degli studenti, durante i mesi delle proteste contro la riforma Gelmini, nel mirino proprio il rapporto tra rette e finanziamento statale: “Lo scorso anno ci eravamo già lamentati in consiglio d’amministrazione per l’elevato costo delle tasse – spiega Mauro Vecchietti di Agorà, associazione che ha stretto un patto di lavoro con l’Udu – sottolineando come la situazione fosse fuori legge”. Ma, di fronte all’ipotesi di un ricorso, gli studenti avevano preferito la mediazione con i vertici dell’ateneo, negoziando una revisione delle fasce di contribuzione studentesca. Attraverso l’istituzione di una commissione ad hoc, alla quale hanno partecipato tre rappresentanti degli studenti, si è così deciso il passaggio da tre a cinque fasce (sei dal prossimo anno) cercando di agevolare i redditi più bassi, aumentando la contribuzione nelle fasce più alte, in senso progressivo.
Considerata la storica sentenza del Tar lombardo, tutto potrebbe però essere rimesso in discussione: “Comprendiamo le difficoltà dell’ateneo, ma non escludiamo in futuro l’ipotesi di un ricorso”, conclude Vecchietti.
Il tema dell’elevata tassazione dell’Università resta un problema, soprattutto al Nord. Secondo il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (Miur), già nel 2009/2010 le rette sono cresciute in media dell’8 per cento a livello nazionale (68 euro in più per studente, ben oltre il tasso di inflazione): per Federconsumatori, i più cari sono gli atenei del settentrionali, dove le tasse, se si considera la prima fascia, sono del 13,1 per cento più alte rispetto alla media nazionale (31,9 per cento se si considera il massimo importo dovuto).
e facciamolo questo ricorso! Mi sono laureato in informatica a Urbino e ogni anno dovevo pagare 1000 euro la prima rata e 600 la seconda, cifre a mio parere assurde.