Copiare e incollare contenuti di altri spacciandoli per propri è, secondo alcuni, un’arte. Non è, però, la filosofia della maggior parte di giornalisti e blogger. Quelli che ogni giorno si impegnano a creare notizie originali in una rete già satura di contenuti e che spesso ritrovano il proprio lavoro sparso ai quattro angoli del web, rubato e non citato dai colleghi.
Una situazione che si fa piuttosto allarmante in Svezia, dove il copia-incolla è stato dichiarato qualche giorno fa una religione a tutti gli effetti: si chiama Kopimismo (da Kopi Mi= copiami) e nasce nel 2010 da una costola del Partito Pirata svedese. Niente accenni all’Essere Supremo, ma solo al carattere sacro del CTRL+C e CTRL+V, che permette di diffondere più contenuti possibili. Pensato più per il file sharing che per il giornalismo, il Kopimismo rischia di avere ripercussioni anche su chi si è spaccato la schiena a forza di ricerche per pubblicare un articolo sul proprio blog.
LA GIUNGLA DEL WEB. Per la maggior parte del mondo dell’informazione in rete, invece, il copia-incolla senza citazione della fonte è un abuso. A farne le spese blogger e giornalisti semi-sconosciuti che tentano, con passione e difficoltà, di ritagliarsi uno spazio nei media online.
Il caso Il copia-incolla etico delle Edizioni Vivere
Ma qualche vittima del copia-incolla si conta anche tra i i grandi blog: in molti ricorderanno la vicenda di Barbareschi che scopiazza le citazioni di Spinoza. Internauti più o meno abili denunciano nei loro blog furti palesi di contenuti da parte di siti web, quotidiani e altri portali. Un universo che, per quanto incontrollabile, è soggetto comunque alle leggi del copyright. E la domanda nasce spontanea: come ci si difende dai ladri di contenuti?
CONSIGLI PER L’AUTODIFESA. Cercando in rete, si scopre che la miglior arma è il fai da te. Guide alla lotta al plagio sono presenti su molti siti, tra cui il decalogo di MasterNewMedia che definisce i casi e insegna a trattarli. Gli autori ‘rapinati’ sono incitati a munirsi dei numerosi strumenti che il web mette a disposizione per scovare i furboni. A cominciare dai motori di ricerca appositi, che permettono all’utente di introdurre url, paragrafi o frasi per individuare in rete i propri articoli copiati.
Ce ne sono tanti: da Copyscape a Plagiarisma (che vaglia materiale in un centinaio di lingue), passando per Churnalism, un motore che riconosce pezzi giornalistici creati da collage di comunicati-stampa e lanci di agenzia.
Alcuni, come Plagium, inviano delle liste aggiornate e corredate dal grado di similitudine tra gli articoli; altri, come CopyGator, avvisano -a plagio avvenuto- l’autore dell’originale tramite feed rss, un tipo di linguaggio che permette di ricevere notifiche sugli aggiornamenti dei siti web.
Se il copione cerca ancora gli articoli più interessanti manualmente, un’opzione può essere quella di installare un plugin – un programma aggiuntivo non autonomo che aumenta le funzionalità di uno già esistente – che disabilita il click del tasto destro e la selezione di testo sul sito scelto.
IL RUOLO DEI FEED RSS. Se invece il copia-incolla avviene tramite feed rss, il blog di Davide Cobelli fornisce una guida semplice ma efficace per evitare il problema: dall’uso di Fairshare, un’applicazione che individua e indicizza i testi uguali presenti online, a quello del plugin RSS Signature, una “firma” in html che, a ogni scopiazzamento di una porzione di testo, inserisce automaticamente l’articolo originale e un link di rimando alla home page dell’autore. Per capirne meglio il funzionamento, si può provare a copia-incollare una porzione di testo dal blog di catpol che, all’ennesimo plagio, ha deciso di prevenire così i furti dei suoi contenuti.
Non vale solo per i testi: anche le foto hanno le loro ‘firme’ come il watermark, un logo o indirizzo web per marchiare le proprie immagini e impedire eventuali violazioni del copyright. Insomma, una lotta contro il flusso di contenuti che però, da individuale, può diventare anche collettiva, con campagne contro il furto online come quella di mastroalberto o tramite community, come plagiati, nate appositamente con lo scopo di denunciare i furbetti.
LA LEGGE. Eppure la normativa parla chiaro: si tratta di quella sul diritto d’autore, la n. 633 del 1941, modificata con la legge 248/00, in cui si afferma che tale diritto si acquisisce con la
creazione dell’opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale
(Capo II, art.6)
E ancora, alla sezione II, l’articolo 20 difende la possibilità dell’autore
di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modifica e a ogni altro atto a danno dell’opera stessa, che possano essere a pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.
Al capo VIII l’articolo 101 ricorda infine che
la riproduzione di informazioni e notizie è lecita (…) purché se ne citi la fonte.
La violazione delle norme sul diritto d’autore comporta sanzioni anche penali. La gravità delle stesse è data dall’entità dell’uso illegittimo dell’opera altrui: se lo si fa a fini di lucro, la pena aumenta. Nella stessa legge sul diritto d’autore si definiscono le sanzioni in cui rischia di incorrere chi fa opera di plagio: la multa va dai 51 ai 2065 euro per chi
“riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde (…) un’opera altrui.”
Per l’usurpazione della paternità, diritto morale, è prevista in certi casi anche la reclusione fino a un anno.
DEONTOLOGIA. I casi di plagio sono all’ordine del giorno e la pratica è diffusa addirittura tra giornalisti della stessa redazione. Una delibera dell’Ordine regionale della Lombardia del 1994 condanna esplicitamente questi comportamenti, affermando che “il giornalista che pone in essere il plagio di un articolo altrui viene meno alle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui e non contribuisce alla promozione della fiducia tra la stampa e i lettori nonché dello spirito di collaborazione tra colleghi”.
Chi si è visto plagiare un pezzo, comunque, come prima cosa deve chiedere al sito accusato di aver copiato la rimozione del pezzo. Se il sito dovesse fare orecchie da mercante, ci si può sempre rivolgere al motore di ricerca (Yahoo o Google). E’ proprio Google a offrire un servizio interessante ai propri utenti: mette infatti a disposizione pagine web specifiche, dove è possibile trovare indicazioni utili su come si preparano e si spediscono segnalazioni di plagio.Infine, il giornalista vittima di plagio può denunciare il fatto al proprio Ordine regionale o all’Ordine a cui appartiene il presunto copione.
CELEBRI CASI CARTACEI. E’ del febbraio 2010 la notizia delle dimissioni di un giornalista economico del New York Times, Zachery Kouwe, accusato di aver plagiato un collega del Wall Street Journal e di aver utilizzato in maniera indebita anche altri fonti giornalistiche, copiando frasi dall’agenzia Reuters e da altri fonti giornalistiche. Fu lo stesso direttore del Wall Street Journal a denunciare Kouwe, dopo aver notato la somiglianza tra un articolo del giornalista e uno apparso sulla sua testata. Fu il secondo caso di plagio che colpì il New York Times, dopo un fatto simile avvenuto otto anni prima, quando il giornalista Jayson Blair si dimise dopo che si scoprì che aveva copiato molti pezzi altrui.
E andò male, nel Marzo 2011, anche alla prestigiosa giornalista premio Pulitzer Sari Horwitz, di servizio al Washington Post, che copiò di sana pianta reportage altrui mentre era corrispondente da Tucson, nel giorni della strage al comizio della rappresentante democratica Gabrielle Giffords. La Horwitz non si era fatta scrupolo di spacciare per sue le notizie date dell’umile Arizona Republic, quotidiano della città di Phoenix. Venne sospesa per tre mesi dal direttore del Post. Insomma, grandi o piccoli non fa nessuna differenza: la ‘sindrome’ del plagio colpisce tutti.