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Mense scolastiche, il km zero è più vicino

di    -    Pubblicato il 29/01/2012                 
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URBINO – Nelle mense della città ducale ci sono tre cibi biologici. Tra tanti uno solo è a km 0: il pane. Mentre il 60% arriva dalla grande distribuzione. Alcuni genitori si sono chiesti perché qui a Urbino, dove si coltiva di tutto, i loro ragazzi non possano avere tutta la mensa a km zero, prodotti biologici, e dei quali si poteva ricostruire il percorso produttivo.

Carta e penna in una mano, mouse nell’altra, un gruppo di genitori hanno costituito in Comitato e organizzato una petizione, postata on line sul sito petizioni24.com e presentata in un banchetto organizzato sabato 21 al mercato di Via Raffaello. In 400 hanno firmato a favore.

In pratica quello che chiede il Comitato per la sostenibilità in mensa è di allinearsi a città virtuose come Torino, Padova, Roma dove hanno già sprimentato questo tipo di servizio, con maggioranza di alimenti biologici e a km zero.“Nel bando comunale – sottolinea Jacopo Chierchi, un promotore del Comitato – si specifica che gli alimenti per le mense devono essere italiani. Non esiste la tracciabilità di questi prodotti, non si sa da dove provengano. Sappiamo solo che sono di qualità”.

Richieste vicine alle “linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica” emanate dal Ministero della Salute il 29 settembre 2010. Nel provvedimento, nato per prevenire “le patologie cronico-degenerative di cui l’alimentazione scorretta è uno dei fattori principali di rischio”, si chiede al servizio mensa di privilegiare materie prime locali, che “abbiano viaggiato poco e subito pochi passaggi commerciali”. A ciò si aggiunga il contributo della legge regionale n.4 del 2002, che promuove l’utilizzo nelle Marche di prodotti biologici.

In un primo momento, la risposta del Comune -tramite Piero Fraternale, dirigente Settore Servizi Sociali ed educativi- è stata negativa. “Siamo obbligati, come tutti i comuni italiani, a scegliere la grande distribuzione per determinati prodotti, per i quali i bandi sono già stati vinti da grandi aziende a livello nazionale”.

Eppure l’esperienza del km zero e del biologico è realtà nelle mense di Torino, Padova, Roma, ma anche in comuni di minori dimensioni, come quello di Bagno a Ripoli, a 50 km da Firenze. Grazie all’incentivo della regione Toscana gli amministratori di questo comune di 25.000 abitanti riescono ad assicurare una mensa quasi completamente biologica. Pasta, uova fresche, formaggi e buona parte dell’ortofrutta sono a km zero. “Ovvio che tutto parte da una precisa scelta politica. Da noi – sottolinea Patrizia Bucelli, dietista del servizio di ristorazione di Bagno a Ripoli – il costo influisce per il 30% sulla valutazione finale, mentre il resto nel bando è determinato dalla qualità”. E, “in ogni caso-assicura Antonio Ciappi, direttore della cooperativa che si occupa del servizio – i costi si riescono a compensare”.

Il segreto per riuscire ad avvantaggiare la produzione locale e il biologico è “avere un forte sostegno locale”, come suggerisce la responsabile valutazione menù del comune di Torino Silvia Prelz Oltramonti. Sul lato pratico, invece, occorre “segmentare quanto più possibile le gare. Ad esempio, se ne può fare una soltanto per determinati tipi di verdure e una per le carni rosse”. Oppure si può specificare – come avviene a Torino – che la carne debba provenire da un bovino di una determinata regione.

A Urbino tre sono gli alimenti biologici: riso, olio e pomodori. La carne è Igp. La pasta proviene dalla grande distribuzione, così come il pesce e le uova. “Il nostro servizio mensa – ha commentato il dirigente Settore Servizi Sociali ed educativi Piero Fraternale – è buono. Tuttavia, il Comitato potrebbe essere uno stimolo a migliorare, nei limiti del possibile”.

Resta da vedere se i produttori del Montefeltro siano in grado di assicurare le forniture per gli 800 pasti giornalieri: “il problema- secondo Fraternale – è che a volte, come clienti, siamo troppo piccoli, ma spesso anche troppo grandi”.

Non sono dello stesso avviso i produttori dell’Alce Nero, cooperativa a 13 km da Urbino. “noi produciamo pasta per tutta Pesaro, siamo in grado di fornire latte e carne per tutta Urbino. Prepariamo 370 q all’anno di pasta e la capacità del nostro pastificio non è satura. Tre anni fa abbiamo servito la mensa di Roma mentre vorremmo, ma non riusciamo, fornire la nostra provincia. Gli amministratori però offrono prezzi troppo bassi”.

Il Comune è disponibile a trattare. A breve è previsto un’incontro tra Comitato e Amministrazione, dove si discuterà del buono che già è stato fatto e di cosa si può migliorare.

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