URBINO – Tettoie e coperture infrante, lamiere, tegole, pezzi di cemento. Materie informi sotto cumuli di neve, macerie che ora rappresentano un pericolo e un’apprensione in più. Molti tetti crollati durante l’emergenza di febbraio infatti erano in amianto, significa che oltre a dover ricostruire, bisogna prima smaltire. Si aggiungono perciò alcune complicazioni: più spese, un iter lungo e macchinoso e danni per la salute.
Ne sanno qualcosa, non solo i proprietari dei capannoni industriali e agricoli che sono crollati, come quello dell’Ekofarma (una ditta che si occupa di mobili e arredi di farmacie) o del deposito Rio Rusciadelli (entrambi in zona Sasso), ma anche i vigili del fuoco e l’équipe di ingegneri del Centro Operativo Misto creato durante i giorni della grande nevicata, che hanno continuamente monitorato le strutture e che sono intervenuti in tutti i casi di crollo. “Molti crolli dovuti al peso della neve hanno coinvolto tetti in eternit – dice l’ingegnere Domenio Fucili - e quindi è nato un problema in più, innanzitutto la sicurezza e la salute. Poi c’è lo smaltimento, che ha tutta una sua procedura”. Secondo la legge 257 del 1992, il tetto in eternit va rimosso solo se spaccato o danneggiato, perché in questo caso può liberare fibre d’amianto nocive per la salute.
39 CASI REGISTRATI – Il Dipartimento di Prevenzione e sicurezza sul lavoro dell’Asur di Urbino, che comprende i 29 comuni della ex zona 2, per ora è a conoscenza di 39 casi di crolli di tetti in eternit. A questo dipartimento arrivano le segnalazioni di pericolo: “Le comunicazioni ufficiali sono venticinque – fa sapere il dottor Eugenio Carlotti, direttore responsabile del dipartimento con sede a Fermignano – abbiamo molte segnalazioni dai Vigili del fuoco e dagli ingegneri del Comune che hanno fatto i sopralluoghi dei tetti crollati”. Ma c’è sicuramente dell’altro. Ci sono i casi non segnalati. “Non abbiamo dati completi – dice Carlotti – perché, come sempre, manca tutta una parte sommersa”. Ma l’Asur riesce a conoscerne una parte tramite i cosiddetti ‘piani di lavoro’: “Alcuni privati hanno fatto tutto da soli, senza la nostra mediazione – continua il dott. Carlotti – hanno inviato campioni dei tetti crollati direttamente all’Arpam di Pesaro, poi, una volta certificato che ci fossero fibre d’amianto hanno commissionato lo smaltimento dell’eternit a ditte specializzate e abilitate che, per procedere, devono inviarci un progetto che il nostro dipartimento deve valutare”.
L’ITER PER LA RIMOZIONE – L’Asur ha in genere trenta giorni per esprimere un parere, positivo o negativo che sia, sul piano di lavoro delle ditte, ma “durante e dopo i giorni dell’emergenza neve” – sottolinea il responsabile del dipartimento di prevenzione e sicurezza – abbiamo ridotto i tempi e in due giorni al massimo diamo una risposta. Acceleriamo così i le operazioni di messa in sicurezza degli edifici, soprattutto per tutelare la salute pubblica”.
Per sapere se si tratta effettivamente di amianto, una volta arrivata la segnalazione, l’Asur effettua un sopralluogo, preleva dei campioni e li manda all’Arpam di Pesaro, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale delle marche. Se è l’eternit è effettivamente composto da fibre d’amianto allora l’iter prevede una richiesta al sindaco del comune di riferimento per emanare un’ordinanza per problemi di sanità pubblica. Scatta poi l’obbligo il proprietario dell’immobile di rimuovere i materiali nocivi affidandosi a un’impresa abilitata a questo tipo di interventi. Se è solo cemento e di amianto non c’è traccia, significa che non c’è alcun rischio per la salute e qualsiasi ditta si può occupare dei lavori.
L’AMIANTO IN PROVINCIA – Ma la presenza di amianto è stata confermata in tutti i casi segnalati all’Asur di Urbino. “Si tratta di coperture realizzate prima del 1992, l’anno in cui è entrata in vigore la normativa sullo smaltimento dell’amianto”. Nel 2007 è stata censita la presenza di amianto nella regione Marche. Per il territorio di Urbino sono stati registrati un milione e 600mila chili di amianto compatto ( che va rimosso solo se rovinato), per una superfice di circa 625.000 metri quadrati e poco più di mille chili di amianto friabile, il più nocivo.
Finché c’era la neve a ricoprire i materiali crollati, i rischi erano minori. Se le fibre sono bloccate dall’acqua o dai residui di neve si riduce la possibilità che le fibre d’amianto si possano disperdere nell’ambiente. Ma ormai la neve si sta sciogliendo e spesso folate di vento raggiungono l’eternit spaccato. “Per questo motivo – dice il dottor Carlotti dell’Asur – stiamo stringendo i tempi”.
Non è certo un cosa rassicurante….!!!!!