URBINO – Sono stati giorni pesanti quelli della neve di febbraio, giorni in cui le segnalazioni di tetti in eternit si accavallavano l’una dopo l’altra. Prima erano una ventina, poi sono diventate trenta, poi quaranta. Fino ad arrivare all’ultima cifra: centosessanta tetti crollati. Chiamate dal Comune, dai Vigili del fuoco, dai proprietari delle coperture sotto accusa, da privati cittadini intimoriti dal pericolo che l’eternit poteva significare.
Il Dipartimento di prevenzione e sicurezza sul lavoro, guidato dal dottor Eugenio Carlotti, ha lavorato contro il tempo per ridurre i rischi: “Noi facciamo prevenzione – dice il responsabile del Dipartimento -eliminiamo il rischio prima che l’amianto possa agire. Per questo abbiamo accelerato i tempi delle procedure”.
Dottor Carlotti, come fate a essere certi che qualche copertura in eternit non sia sfuggita?
“Non siamo sicuri, la realtà è che non abbiamo la certezza che il dato sia completo, potrebbe mancare tutta una parte sommersa, soprattutto per quel che riguarda i capannoni agricoli e i privati cittadini. Le industrie devono passare necessariamente da noi, perché se anche si rivolgono solo alle ditte specializzate, poi queste devono presentare un piano di lavoro che noi studiamo e approviamo. Se pensiamo che al censimento del 2007 sulla presenza dell’amianto nelle marche, nella provincia di Pesaro-Urbino solo il 22% ha risposto al questionario che abbiamo inviato, mi sembra chiaro che i dati che abbiamo siano un pò parziali”.
Avete chiesto di segnalarvi tutte le coperture in eternit messe in posa prima del 1992, anno della legge che vieta l’utilizzo dell’amianto?
“Siamo a conoscenza di un tetto posato nel ‘97, che anche se datato post ’92 è comunque in eternit. Dall’introduzione del divieto qualche furbetto che ha utilizzato lastre in amianto c’è stato, lo sappiamo. Perciò quando abbiamo chiesto ai sindaci di inviarci le segnalazioni, abbiamo indicato tutti i manufatti fino al 2000”.
C’è un pò di allarmismo intorno all’eternit e all’amianto.
“Il problema grande a cui è legato un rischio immenso è l’inalazione delle fibre d’amianto, direttamente e in maniera costante e ravvicinata oppure perché la sostanza, in qualche modo, si è liberata nell’atmosfera. Anche la normativa vigente, infatti, prevede l’eliminazione del cemento-amianto solo in caso di degradazione, perché se è ben conservato non c’è motivo di rimuoverlo, anzi, togliendo quello che abbiamo nelle nostre case, come i serbatoi dell’acqua o le grondaie, si fanno più danni cercando di smaltirli che non lasciandoli lì dove sono. Nell’immaginario comune tutti i tetti in eternit sono pericolosi, ma non è così, bisogna sfatare questo mito”.
Una grande paura è giustificata dai grandi rischi.
“Il pericolo molto elevato e con imponenti esposizioni all’amianto si possono contrarre malattie non reversibili, prive di terapie efficaci. Malattie come il mesotelioma pleurico, il tumore dell’amianto, che non da scampo. Ci sono solo terapie contro il dolore. Dal momento in cui si manifesta la patologia non si hanno più di dieci o undici mesi di vita. Ma stiamo parlando di esposizioni lavorative. Ricordo il caso di un operaio che lavorava negli anni’60, in un industria produttrice di caschi per parrucchiere alla coibentazione. L’intercapedine del casco era in cartone d’amianto. Quando tagliavano quei cartoni, senza alcuna protezione si respiravano tutte le fibre. E poi, si è doppiamente esposti al rischio di ammalarsi se si è predisposti geneticamente a contrarre la patologia. In caso contrario si potrebbe teoricamente inalare tanto amianto e stare sempre bene”.
Quindi i tetti crollati non hanno esposto ad alcun rischio?
“ Assolutamente no. Erano coperti dalla neve, non si è creata la condizione per far liberare le fibre d’amianto in aria. Una signora era venuta da noi terrorizzata, dicendo che vicino casa sua un capannone era caduto. Ma se non sei esposto a perdita continua di fibre non ci sono problemi e in normali condizioni ambientali un tipo di rischio così elevato non esiste. Poche fibre non fanno nulla, non sono esposizioni significative. Non vanno neppure prese in considerazione. Qui nella zona di Urbino come quantità di amianto siamo nella media. Molto di più ce n’è ad Ancona, per via dei cantieri navali e a Fano quando c’era lo zuccherificio, con tonnellate e tonnellate di amianto friabile. Qui stiamo abbastanza bene e l’allarmismo non serve a nulla”.