URBINO – Se il “mi piace” corrispondesse alle intenzioni di voto, in Italia vincerebbe il Partito democratico, ma se si votasse per le primarie il trionfo spetterebbe al governatore della Puglia Nichi Vendola. E’ questo il responso della politica nell’era di Facebook. La ragnatela di internet ha ormai intrappolato i politici e i loro partiti, sempre più attenti a spostare l’agorà nelle ‘piazze’ digitali.
Un fenomeno che negli ultimi quattro anni ha cambiato anche le logiche degli uffici stampa (specializzati nella diffusione dei contenuti online) e dei leader politici (attenti a circondarsi di specialisti della comunicazione sul web).
POLITICA 2.0 – Ma partiamo dai numeri: sia su Facebook che su Twitter il podio spetta a Nichi Vendola, tra i politici più seguiti d’Europa con oltre 500mila “mi piace” e 188mila “follower”. A seguire, su Facebook, troviamo l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i due Idv Luigi De Magistris e Antonio Di Pietro.
Su Twitter invece si fa spazio il segretario del Pd Pierluigi Bersani, oggi al terzo posto con quasi 108mila follower, ma ancora poco “social” sulla piattaforma di Zuckerberg. E se Bersani la spunta su Twitter, lo stesso non si può dire per Angelino Alfano seguito da poco più di 22mila utenti: negli ultimi quattro mesi però (insieme a Berlusconi) ha ottenuto il maggior incremento di utenti su Facebook. Ma l’uomo che cinguetta di più è il sindaco di Bari Michele Emiliano, senza rivali per numero di tweet.
Quanto ai partiti politici le intenzioni di voto “virtuali” si differenziano di poco tra i due social network, anzi l’alternanza è solo tra il Pd, primo su Facebook con quasi 60mila “mi piace” e Sel, primo su Twitter con oltre 34mila “follower”.
Ma la gestione dei vari profili richiede un’organizzazione “ad hoc”. Per esempio, l’ufficio stampa dell’Italia dei valori cura il sito del partito, il blog del presidente Di Pietro, in pratica tutti i contenuti online: “Il web – dicono – è una piattaforma importantissima, un bacino d’informazione democratico e trasversale, in cui girano anche notizie alternative alle agende dei quotidiani”. E proprio Antonio Di Pietro si può considerare un anticipatore dei tempi: il primo politico a iscriversi su Second Life, il primo leader di partito ad aprire un blog personale nel 2006 e uno dei primi a registrarsi su Facebook nel 2008. Nel Pdl (terzo per contatti su entrambi i social network) la gestione dei contenuti spetta invece a un apposito staff.
DIETRO LE QUINTE – Per chi amministra la cosa pubblica però, stare in rete vuol dire anche essere oggetto di critiche continue. Una sorta di referendum quotidiano che ha fatto saltare l’idillio tra il sindaco di New York Michael Bloomberg e i social network, sfogo arrivato lo scorso 21 marzo durante la sua visita a Singapore. In Italia, però, non tutti la pensano così.
Massimo Chierici è il community manager di Giuliano Pisapia: “Per noi le critiche sono in primis un’opportunità per mettere meglio a fuoco i bisogni della cittadinanza e, ancora più spesso, sono un punto di partenza per poter spiegare il funzionamento della pubblica amministrazione”. A seguire il sindaco milanese è un gruppo di volontari, professionisti del web, che ha impostato la campagna elettorale sin dalle primarie.
Della stessa idea Dino Amenduni, consulente di comunicazione politica di Proforma e coordinatore dello staff social media di Nichi Vendola: “Non ho mai bannato nessuno e di questo sono molto orgoglioso. Bloomberg ha un account nel quale mescola contenuti personali con informazioni istituzionali. E’ un po’ lo stesso problema che abbiamo noi: le notizie seguono tre centri di produzione diversi (Regione, Sel e Fabbrica di Nichi) e stare dietro a tutti è un po’ difficile”.
Secondo l’onorevole Antonio Palmieri, responsabile settore internet e nuove tecnologie del Pdl, “il web non può esaurire il rapporto tra politica e cittadini”. “Lasciamo spazio ai commenti tranne nei casi di insulti gratuiti. Internet – conclude – è come un bambino che ha sempre fame, serve equilibrio e poi ci sono casi in cui le informazioni devono rimanere riservate”.
Non tutti hanno puntato sul web per la comunicazione politica, anzi da Verona c’è chi dà ragione a Bloomberg. Il sindaco Flavio Tosi ha solo un account su Facebook, gestito dal suo comitato elettorale. Una scelta strategica, come ha sottolineato il portavoce Franco Bolis: “Non c’è bisogno di nessun commento diretto al Sindaco, Tosi è sempre in città, se qualcuno gli deve dire qualcosa può trovarlo in giro. E poi i social network sono un’arma a doppio taglio, soprattutto per chi amministra”.