E’ la mattina del 6 febbraio 2013, il leader dell’opposizione tunisino, Chokri Belaid, è stato appena assassinato e davanti alla sua casa si riunisce la rabbia dei suoi sostenitori. Il video di Radio Shems Fm viene rimbalzato su Twitter e fa il giro del mondo.
La Tunisia è di nuovo in rivolta: nel 2011 il regime di Ben Alì era stato sovvertito dalla rabbia popolare delle manifestazioni di piazza. La stabilità del paese è nuovamente a rischio e ancora una volta sono i social network a raccontarcelo. Quella tunisina infatti è una rivolta che si può seguire a distanza come se si fosse sul posto. Basta sapere cosa leggere, scegliere bene i ‘follow’ e quali pagine Facebook tenere d’occhio.
“Bombes lacrymo a l avenue” (“lacrimogeni in strada”) twitta alle 5.31 del mattino Lina Ben Mhenni (@benmhennilina) una delle blogger più famose e seguite dopo i fatti del 2011, e forse uno dei personaggi simbolo della Primavera araba.
Tre ore dopo la blogger pubblica sul suo profilo Facebook 67 foto delle strade di Tunisi: la gente è in strada, si intravede il fumo dei lacrimogeni. Il palo di un cartello di divieto di sosta è stato divelto e spaccato, qualcuno sale sui tetti delle macchine ferme nel traffico forse per reclamare giustizia. Nei volti, tutti, si vedono le rughe della rabbia e della preoccupazione. Queste foto fanno il giro del mondo e sono alcune delle prime testimonianze della nuova rabbia.
Da Facebook, da Instagram e da Youtube, le foto e i video pubblicati da Lina Ben Mhenni ci conducono a Tunisi: si vedono striscioni appesi con scritte in arabo e il volto di Belaid; una corona di fiori e una bandiera tunisina forse lasciate fuori dalla casa del leader di opposizione.
Il giorno dopo, alle 13.31 un’altra foto. Un pezzo di cartone con dei fiori attorno e una candela accesa. Sopra c’è scritto: “Je suis de la race des guerriers. Ils peuvent me tuer mais ils ne me feront jamais taire. Je préfere mourir pour mes idées que de lassitude ou de vieillesse” (Io sono della razza guerriera. Loro possono uccidermi ma non mi faranno mai tacere. Preferisco morire per le mie idee ma non mi faranno mai tacere).
La frase è di Lounès Matoub, poeta, cantautore e attivista algerino ucciso nel ’98 da un commando armato di fondamentalisti. Il riferimento è chiaro, anche Chokri Belaid è considerato dalla sua gente un martire.
L’8 febbraio la blogger scrive su Twitter: “Les lacrymogènes au cimetière c est la meilleure” (I lacrimogeni al cimitero sono il massimo). E’ il giorno dei funerali di Belaid e dal tweet sappiamo prima che dei giornali che la polizia sta usando i lacrimogeni contro chi manifesta la sua rabbia.
Sempre dalla pagina Facebook di Lina Ben Melli (pagina che si chiama Tunisian girl) viene pubblicato un album di foto. C’è traffico perché le strade sono piene di gente. Molti di loro hanno una pettorina bianca, la mezzaluna e la stella rosse sul cuore e la foto del loro compianto leader tra le mani. I volti sono seri, come sempre, ma costringono a una riflessione più profonda, hanno un “perché?” stampato in fronte.
“L’avenue now” è il titolo di un’immagine sul profilo Instagram della blogger. Viale Bourguiba è fotografato in verticale . Agli alberi squadrati si alternano le colonne di persone. E’ il 9 Febbraio e le proteste non si placano.
Lina Ben Mhenni è molto considerata. Anche l’ anchorman di France 24, François Picard, non appena appresa la notizia dell’uccisione del leader tunisino, chieda proprio a lei: “Wed #F24Debate Who’s to blame for assassination of #Tunisiaopposition leader #Belaid?” (C’è un colpevole per l’assassinio del leader di opposizione tunisino Belaid?)
In un tweet di mercoledì mattina di Nawaat (nawaat.org) – che in arabo significa “il nucleo” ed è il nome di un blog corale tunisino che fu censurato dal 2004 al 2011 e poi riaprì con la caduta di Ben Ali – si legge: “Chokri #Belaid leader of leftists Popular Front shot in front of his home becomes 1st politician killed in post-revolution #Tunisia” (Chokri Belaid leader della fazione più a sinistra del Fronte popolare. Gli hanno sparato davanti a casa sua. E’ il primo politico ucciso nella Tunisia post-rivoluzionaria)
Tutti in piazza i sostenitori di Belaid ritratti nelle foto del blog. Ci sono anche le lacrime di una donna. Un uomo di spalle la consola con una carezza. L’articolo, in francese, riporta le parole della folla: “Dimissioni, dimissioni” gridano assembrati sotto il Ministero dell’interno. Qualcuno canta l’inno nazionale, scrive ancora Nawaat.
Tutte le foto, bellissime, vengono pubblicate poco dopo dal blog e girate su Twitter. Uomini, donne, giovani, anziani, ma soprattutto gli scontri, le botte, le barricate, i roghi: la polizia picchia alcuni manifestanti, cassonetti e panchine in fiamme, i fumi che si alzano tra i palazzi di Viale Bourguiba, i blindati passeggiano tra le rovine lasciate dai manifestanti.
Rabbia, dolore e repressione. Internet mostra tutto, Nawaat non censura nulla e racconta con le immagini una mattina di febbraio a Tunisi, anche se non una mattina come le altre.
Le persone in piazza sono il simbolo di una Tunisia che reclama il progresso. Belaid ne era quasi un profeta. Ehnnada e il presidente della Tunisia, Rashid al-Ghannushi sono il potere e rappresentano coloro che non sono in piazza, fatta eccezione per i poliziotti, quelli col manganello.
I tweet del blog Boukornine mostrano apertamente qual’è la sua visione degli avvenimenti:
- “Tout le monde est sur l’avenue Bourguiba. Manifestation monstre. La furie de la foule fait trembler le sol sous nos pieds. #ChokriBelaïd” (Tutti sono in Viale Bourguiba. Manifestazione di massa. La furia della folla fa tremare il suolo sotto i nostri piedi);
- “Ça a dégénéré. On est dans un immeuble. La police s’est déchaînée. Du lacrymo partout” (La situazione è degenerata. Siamo dentro un edificio. La polizia è scatenata. Lacrimogeni dappertutto);
- “La Tunisie s’endormira orpheline de Chokri Belaïd ce soir en espérant que tout ne soit qu’un mauvais rêve” (La Tunisia si addormenterà orfana di Chokri Belaid stanotte nella speranza che tutto non sia stato altro che un brutto sogno).
Sarah Ben Hamadi commenta, documenta con immagini e soprattutto ritwitta. Il giorno del funerale del leader dell’opposizione pubblica un video. Un uomo afferra una bomboletta e su un telone bianco disegna due grossi baffi neri. Sono i baffi neri di Belaid. Il movimento Zwewla, corrente artistica spontanea di graffittari nata durante la rivoluzione del 2011, torna alla mente. Il video è di quelli che fanno commuovere.
Anche l’aggregatore di notizie e contenuti Sidi Bouzid News (qui la pagina Facebook) racconta la piazza da Twitter. “Brutalité policière à l’avenue H.Bourguiba le 6/02/2013″ (La brutalità della polizia in Avenue Bourguiba del 6/2/2013) scrive diffondendo un video degli scontri.
Sidi Bouzid da anche i numeri delle manifestazioni: “Selon les chiffres officiels du ministère de l’Intérieur, pas moins de 1,4 million de personnes se sont déplacées” (Secondo i dati ufficiali del Ministero dell’Interno, non meno di 1,4 milioni di persone sono scese in piazza).
Le manifestazioni di protesta continuano, la politica a Tunisi fatica a trovare un accordo e, di pari passo, l’attività informativa sui social network e sui blog di quello che accade, è sempre più nutrita. È solo un esempio di come i social network, soprattutto negli scenari instabili dove il giornalismo professionista sempre più raramente ha dei suoi inviati, diventano una delle fonti primarie dalle quali trarre informazioni.