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“Giornalismo culturale dimenticato” Augias apre il festival di Urbino

di    -    Pubblicato il 3/05/2013                 
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Corrado Augias

URBINO- “Il giornalismo culturale si può fare, basta soltanto osare un po’ di più perché la gente che si interessa c’è”. C’è la rete, “troppo veloce e poco potente” e poi la televisione italiana: “Un deserto”. Si riassume così la lectio di Corrado Augias intervenuto oggi pomeriggio al Festival del giornalismo culturale di Urbino.

Nel Salone del Trono di Palazzo Ducale, il giornalista ha sottolineato l’importanza della cultura nei mezzi di informazione, definendola un valore insostituibile e in grado di integrare ciò che non viene insegnato nelle scuole. L’intervento di Augias si è aperto con un elogio al Festival che “ ha il merito di dare spazio ad un genere, quello del giornalismo culturale, che spesso viene dimenticato”.

“Cultura” secondo Augias “è una parola vaga,  un po’ antipatica come amore e  paura che può avere varie interpretazioni: antropologiche, letterarie, artistiche”. Nel giornalismo la cultura deve avere la caratteristica fondamentale dell’ imparzialità.  “Ai giornali è chiesto molto spesso di fare delle scelte- spiega Augias- e chi scrive deve garantire obbiettività e imparzialità. Così è anche nelle sezioni dedicate alla cultura, che ha però il privilegio di non essere legate ai tempi dell’attualità”.

Lo spazio dato nei giornali oggi è poco, quasi nullo, secondo Augias. Le grandi firme si dedicano all’attualità e ai retroscena politici e non più alla “terza pagina”. “Un tempo, ciò che attraeva di un pezzo sulla pagina culturale era la firma del giornalista, indice di qualità”. I pezzi di cultura scarseggiano, le grandi firme  sembrano essere emigrate verso temi più scottanti e un’ulteriore malus è legato alla scomparsa della critica letteraria all’interno dei giornali “se fino a poco tempo fa aprendo un quotidiano la si poteva trovare, ora la cosiddetta ‘stroncatura’ non c’è più e si fa solamente all’interno delle aule universitarie”.

Lo scrittore e conduttore televisivo si dice scettico sulle funzionalità della rete per due motivi: “ Penso che la rete non possa riprodurre lo stesso grado di informazione culturale che davano giornali di approfondimento come Il Mondo.  Inoltre la rete è molto veloce ma poco potente: per usare un paragone scientifico ciò che si acquista in velocità si perde in potenza”.

Ma nemmeno se ci si sposta ‘dall’altra parte dello schermo’, le cose non sono così semplici: “La cultura è una cosa innaturale, deve scoccare il desiderio di sapere, come una seduzione”. E l’informazione ha il compito di dare stimoli. “Serve la cosa giusta, un partner o un libro, che fa scattare il desiderio di saperne di più. E’ difficile”

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