URBINO – ‘Cervelli in fuga’ tornano in Italia con la speranza di non dover ripartire, spinti dalla promessa di un lavoro sicuro, per poi correre il rischio di cadere di nuovo nell’incubo del precariato. È quello che sta succedendo a molti ricercatori italiani che, impiegati con contratti stabili in prestigiose università estere, hanno scelto di rientrare in patria cogliendo le opportunità ideate per loro dai nostri governi.
Sono ingegneri, chimici, biologi ma anche economisti e giuristi e lavorano nelle università di tutta Italia, anche alla Politecnica delle Marche. Hanno alle spalle anni di studio, titoli accademici, pubblicazioni ed esperienze lavorative internazionali. Curriculum importanti, forse anche troppo, per trovare lavoro in un paese come il nostro dove ogni anno sono oltre 30.000 i cervelli in fuga.
Per riportarli a casa nel 2001 il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca ha elaborato il programma “Rientro dei cervelli” che poi nel 2009, cambiando nome e regole, è diventato“Giovani ricercatori Rita Levi Montalcini”. Doppia la finalità: ai ricercatori la possibilità di lavorare nel paese d’origine, allo Stato la possibilità di contare su alta formazione e competenze specifiche.
Il ricercatore, al quale come prerequisito era richiesto lo svolgimento dell’attività di ricerca all’estero per almeno tre anni, poteva partecipare presentando un progetto che, dopo essere stato esaminato da una commissione di accademici ed esperti esterni, veniva finanziato totalmente dal Miur. Ai ricercatori vincitori del programma veniva offerto un contratto a tempo determinato “per lo svolgimento esclusivo e a tempo pieno dell’attività didattica e di ricerca” da svolgere in un ateneo a scelta. Durata del contratto: tre anni, prorogabile per alti tre.
Peccato, però, che della sorte dei contratti in scadenza non si sappia ancora nulla. Non lo sanno i 23 ricercatori del programma Montalcini. Rientrati in Italia con i loro progetti tra il 2010 e il 2011 aspettano solo che il ministero si pronunci sul rinnovo dei finanziamenti. “Agli inizi di aprile è stata approvata la bozza di un decreto per il Fondo finanziamento ordinario dell’università che prevedeva finanziamenti sia per consentire il rinnovo dei contratti dei ricercatori sia per la successiva stabilizzazione. Ma da allora non ho più notizie”, spiega un dottore di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche, aggiungendo: “So che la bozza è stata inviata alla Corte dei Conti per la revisione, ma non sappiamo se e quando verrà approvata e, soprattutto, se la versione definitiva resterà quella di partenza”. Il ricercatore all’ateneo di Ancona condivide la stessa sorte con un’altra collega.
Un particolare importante, perché se la bozza provvisoria diventasse legge si aprirebbe una duplice possibilità per l’università che da un lato riceverebbe la copertura finanziaria per rinnovare per altri tre anni i contratti finalizzati ai progetti, dall’altro beneficerebbe di un cofinanziamento ministeriale per la stabilizzazione dei ricercatori. “Un canale specifico per le assunzioni a tempo indeterminato che esiste dal 2005 (legge Moratti, la numero 230 del 2005 art. 1 comma 9), – spiega il ricercatore del Politecnico – il Miur versa il 95% dei contributi, dando la possibilità all’università di stabilizzare il personale a costo zero, cioè senza intralciare i rinnovi contrattuali di chi già lavora nell’ateneo”. La possibilità di un’assunzione a tempo indeterminato, quindi, si lega in modo imprescindibile al decreto in versione definitiva: “Se verrà confermata la bozza provvisoria l’università avrà anche una convenienza economica a stabilizzarmi, ma se questo non si verificasse, probabilmente, all’università non converrebbe”.
E a questo punto cosa fare? Fuggire di nuovo. “Lavoro in un settore che suscita molto interesse in tanti paesi dell’Europa continentale, soprattutto Francia e Germania, ma prima di tornare sul mercato estero vorrei essere sicuro che qui non è possibile restare”. Tutto dipende da quello che deciderà il ministero e dai tempi in cui queste decisioni verranno prese. “Mi piacerebbe poter programmare il mio futuro al di là di una scadenza contrattuale, ma se questo non fosse possibile si tratta di fare ciò che ho già fatto due anni fa: tornare nel mercato internazionale”.
Il tema del “rientro-nuova fuga” dei cervelli torna periodicamente all’attenzione, come nei recenti articoli di Flavia Amabile su “La Stampa” e di Marco Quarantelli su “Il Fatto Quotidiano”. Dopo la preoccupazione espressa dalla stampa per la sorte dei vincitori del primo bando del programma Rita Levi Montalcini lanciato nel 2009 (così come dei vincitori dei precedenti programmi di rientro), finalmente una Università cerca di invertire la rotta rispetto al passato: si tratta proprio dell’ Università Politecnica delle Marche. Ho letto sulle pagine Web dell’ Università Politecnica delle Marche che questo Ateneo ha deciso di proporre al Ministero la chiamata diretta come associati per i suoi due vincitori del primo programma Montalcini e, scorrendo i loro curricula, si vede che uno dei due, in forza alla Facoltà di Economia, aveva già raggiunto all’estero una posizione a tempo indeterminato (“Lecturer B”), che da una passata delibera del CUN e dalle tabelle ministeriali risultava già equiparabile a quella di associato. Questa Università ha quindi dimostrato lungimiranza e voglia di apertura. Non risulta che altre Università in Italia abbiano ancora assunto la stessa decisione; ciò rende veramente ammirevole il tentativo di stabilizzazione effettuato per i due vincitori del primo bando Montalcini dall’ Università Politecnica delle Marche, prima in Italia a cercare di stabilizzarli, e vorrei sperare che funga da apri-strada per una inversione di tendenza a livello nazionale !