URBINO – Pubblichiamo l’articolo di Chiara Sparaventi, del liceo Classico Raffaello di Urbino, premiata nel concorso “Con la cultura si mangia?” nell’ambito del festival del giornalismo culturale.
Gli uomini nutrendosi di cultura soddisfano un’esigenza naturale, conquistano la libertà, sviluppano una società civile e possono sfruttarla come trampolino di lancio per una grande crescita economica. La pietanza che quotidianamente dovremmo porre sulle nostre tavole per assaporarla e gustarla è la cultura. Infatti la parola “cultura” deriva dal latino colere che significa “coltivare”, basterebbe questa etimologia per farci comprendere il legame tra cultura e cibo, tra il lavoro intellettuale e quello manuale: la cultura, intesa come insieme e sviluppo dei saperi, è infatti concretamente e strettamente legata al lavoro. Da qui si deduce facilmente che il primo ruolo della cultura è proprio quello di farci mangiare. Perciò la cultura permette all’uomo di soddisfare innanzitutto i suoi bisogni primari fin dalle origini poiché lo inserisce in un rapporto di scambio e di reciprocità con la natura.
Si può addirittura affermare che la cultura sia nata proprio con l’uomo nel momento in cui egli, ancora incapace di
affrontare i rischi che da ogni parte lo circondavano, ha dovuto elaborare una strategia che gli consentisse di rapportarsi con l’ambiente e di sopravvivere: così ha costruito frecce e lance. D’altronde la caccia, prima vera attività antropica a cui si deve la formazione degli iniziali agglomerati sociali, è da considerarsi la prima forma di cultura da cui hanno avuto origine tutte le successive conquiste dell’umanità.
Pertanto la cultura è l’unico mezzo che ha l’uomo per rapportarsi con l’ambiente circostante e per sfruttarne le leggi fisiche e biologiche a proprio vantaggio. Così gli esseri umani, grazie ad essa, hanno iniziato un vero e proprio processo di sviluppo in tutti i campi, dalla scoperta di nuove terre con la costruzione di mezzi di navigazione, all’ambito culinario, a quello artistico fino ad arrivare alla medicina e alla ricerca.
Dunque la cultura ha permesso all’uomo di progredire dalla sua originaria condizione di animale totalmente soggetto alla natura a quella di un essere in grado di controllarla e dominarla (talvolta anche eccessivamente). Di conseguenza la cultura ha portato a ricchezze materiali di grande rilevanza: infatti non va dimenticato che in Italia godiamo di una grande e straordinaria fortuna, quella di possedere un gran numero di opere d’arte, musei, palazzi antichi, edifici religiosi e siti archeologici.
Secondo le stime dell’Unesco l’Italia possiede tra il 60 e il 70% del patrimonio culturale mondiale, per questo abbiamo l’obbligo di promuovere, sostenere in tutti i modi la cultura per sfruttare al massimo le potenzialità del nostro paese; infatti per troppi anni (a partire da circa mezzo secolo fa) l’Italia ha promosso un “modello di sviluppo senza ricerca” cioè senza conoscenza, puntando alla produzione di prodotti a bassa innovazione tecnologica e concentrandosi essenzialmente su due fattori: il basso costo del lavoro rispetto a quello delle economie concorrenti e la periodica svalutazione della lira. Ma da almeno vent’anni abbiamo perso queste due leve che avevano permesso al nostro paese di vantare la maggior crescita economica al mondo, così che hanno fatto irruzione sulla scena i paesi una volta chiamati “in via di sviluppo” con un costo del lavoro decisamente inferiore a quello italiano: il sistema mondiale è cambiato e non c’è più posto per la vecchia specializzazione produttiva dell’Italia per cui è necessario investire sulla produzione di altri beni, primi tra tutti quelli culturali.
I settori su cui puntare l’attenzione sono i due che in questi anni sono stati sottostimati e poco incentivati, quello della ricerca pubblica (in cui il nostro paese spende, in media, poco più di un terzo degli altri) e quello della ricerca privata (in cui l’Italia investe una quota di Pil inferiore di quattro quinti rispetto a quella degli altri paesi avanzati). Solo così si bloccherebbe la “fuga dei cervelli all’estero” e si ricaverebbero enormi vantaggi in ambito economico perché dietro ogni manifestazione artistica e culturale c’è un’economia che si muove.
Nel processo artistico sono coinvolte le scuole di formazione, i tecnici, i professionisti, le industrie e gli artigiani che forniscono materiali, strumenti e manodopera e infine molte aziende che prestano servizi. Soprattutto all’arte contribuisce il grande pubblico che ogni giorno si riversa nei musei, cinema, teatri, auditorium, sale e locali di ogni genere.
Inoltre occorre sfruttare anche attraverso l’incentivazione del turismo la grande ricchezza del patrimonio artistico: un corretto utilizzo delle opere che possediamo produrrebbe senz’altro un consistente utile allo stato per cui sarebbe opportuno non tagliare sempre fondi all’istruzione e alla ricerca, infatti sono proprio questi i campi che permettono a un paese di progredire, di avviare uno sviluppo economico saldo e duraturo. Per cui dire che “con la cultura non si mangia” non è corretto, piuttosto bisognerebbe affermare ”con la cultura oggi si sta mangiando poco” perché non c’è, soprattutto nel nostro paese, una politica che promuova lo sviluppo culturale, ma se questa ci fosse si mangerebbe eccome!
Investire sulla cultura è fondamentale non solo per risollevare economicamente il paese ma anche e soprattutto per permettere ai cittadini di riappropriarsi delle proprie origini (l’Italia è infatti la culla della cultura europea) e per promuovere anche una crescita personale dell’individuo e sociale.
Infatti il patrimonio culturale è un veicolo determinante per formare le coscienze e il sapere, d’altra parte il verbo “mangiare” viene usato non solo in senso strettamente letterale, ma anche ad indicare la crescita delle conoscenze. Un dato curioso è che la crisi economica a cui stiamo assistendo non è riuscita a stroncare il dinamismo proprio del settore creativo che ha registrato un tasso di crescita annuale del 14% nel periodo 2002-2008. Ciò è chiaro segno che le persone non possono fare a meno di prodotti culturali ed eventi creativi, perché la cultura non è semplicemente un prodotto di
consumo ma piuttosto un generatore di utilità sociale: infatti in tempi di crisi si può rinunciare a un bene di consumo non essenziale alla sopravvivenza, ma non a un fattore così importante di sviluppo.
È necessario dunque creare una struttura culturale portante che favorisca le espressioni artistiche, la ricerca di nuovi linguaggi di comunicazione e che preservi l’immenso patrimonio di beni immateriali che ci è stato trasmesso. La stessa parola “cultura” viene troppo spesso usata per evocare immagini grigie, stanche come scaffali di libroni ingialliti e quant’altro, invece di essere compresa per tutta la sua importanza: essa ci ha consentito di diventare ciò che siamo, infatti proviamo per un momento a immaginarci senza cultura, saremmo una massa di persone ottuse e ignoranti ancora allo stadio degli uomini primitivi, dominati dall’istinto e incapaci di comunicare. Quindi quelli che affermano che “con la cultura non si mangia” dicono un’enorme falsità: è come negare la natura stessa dell’uomo, il suo passato, il suo progresso e il suo bisogno di nutrire la propria anima grazie allo sviluppo dei saperi e della conoscenza.
Infatti, in quanto uomini, non può bastarci il solo soddisfacimento dei bisogni basilari (Dante stesso afferma: “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”), ma sentiamo la necessità di cogliere il significato della realtà attorno a noi e della nostra esistenza, per questo l’uomo come primo modo per padroneggiare ciò che lo circonda ha usato il linguaggio: la parola ha infatti il potere di addomesticare il mondo e di renderlo comprensibile, così nacquero la scrittura, poi le grandi narrazioni mitiche e religiose fino ad arrivare alla filosofia e alla scienza.
Infine con la cultura si mangia anche la libertà, infatti grazie allo studio e al confronto con gli altri l’uomo sviluppa un’intelligenza che gli permette di ragionare con la propria testa, senza aver bisogno che altri prendano decisioni al suo posto: così la cultura diventa come un paio d’ali con cui possiamo innalzarci sopra il mondo e prendere maggior consapevolezza della realtà. Infatti, come ci insegna la storia, i popoli più acculturati sono stati i primi a sviluppare forme di governo democratiche a difesa della libertà di ciascun cittadino.
Per tutti questi motivi da sempre gli uomini hanno sentito un enorme desiderio e bisogno di approcciarsi alla cultura (basti pensare a Petrarca che vedeva nella lettura e nella scrittura, così come nella letteratura del passato ragione e metodo di vita): infatti la cultura “insaporisce” la nostra esistenza, risponde a un’esigenza della nostra natura che ci ha creato“ animali culturali”, ci rende liberi, ci ha permesso di sviluppare una società civile e adeguatamente sfruttata può diventare il trampolino di lancio anche per una grande crescita economica.
Chiara Sparaventi