URBINO – Una cinquantina di ragazzi, una biblioteca occupata e un proiettore. Questo è quanto è servito a I. B., una studentessa della Carlo Bo, per proiettare gli spettatori nella vita del popolo palestinese. Attraverso slide, spezzoni tratti dal film “Un valzer con Bashir” (che racconta il massacro dei palestinesi nei campi profughi di Sabra e Shatila) e le foto scattate durante la sua permanenza nei territori contesi, ha spiegato al pubblico rapito la quotidianità della gente a Hebron, a Gaza e in Cisgiordania.
L’obiettivo è quello di abbandonare lo stereotipo del palestinese con la kefiah, che con una mano lancia un sasso e con l’altra brucia la bandiera d’Israele. “La Palestina – dice parlando degli aiuti umanitari – non è un paese del terzo mondo. C’è bisogno di infrastrutture utili allo sviluppo economico dei territori occupati. Trattandola come una zona di guerra, si attutiscono i problemi a breve termine, ma non si migliora la qualità della vita nel lungo periodo”.
E dove le parole non bastano, ci pensano le immagini. Una protesta, un commerciante, un bambino e le forze dell’ordine a cavallo fanno vivere sulla propria pelle, magari per un attimo, la sensazione che si prova a svegliarsi ogni giorno prigioniero di un muro e di una lotta che magari non si è scelta, da una parte e dall’altra.
Tra il pubblico c’è anche un ragazzo palestinese che alla fine della presentazione, riassume il senso dell’incontro. “Io sono in Italia da anni – dice – ma nel cuore, quella è casa mia. Non si può capire cosa vuol dire dover restare chiusi in casa per giorni senza poter uscire o vedere la vita che scorre dall’altra parte del muro”.
La mostra “Resistenza o terrorismo? Tutte le discrepanze oltre il muro della vergogna” resterà in esposizione per tutto il mese nella Libera biblioteca De Carlo dell’ex magistero.
Foto di I. B.