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Romanzieri e critica, Wu Ming, Alessio Torino e le recensioni

di    -    Pubblicato il 26/04/2014                 
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URBINO – Scrittori e giornalisti. Un rapporto a volte complicato. Il giornalismo culturale per chi scrive romanzi è spesso incarnato dalla recensione della propria opera.  Punti di osservazioni differenti, in questa relazione, quelli di Alessio Torino e WuMing2, intervenuti alla tavola rotonda nel teatro Sanzio durante la seconda giornata di lavori per il Festival del giornalismo culturale, per dialogare assieme al giornalista Alberto Saibene,  autore di Doppiozero, spazio online di critica culturale.

Qui sotto la videointervista ai partecipanti al dibattito ( come gli altri esponenti del suo collettivo e come in tutte le interviste, WuMing II non si è fatto riprendere in volto).

Pananari, moderatore del dibattito e firma delle pagine culturali de La Stampa, ha aperto il confronto sul ruolo degli intellettuali, che Alessio Torino ha spostato subito, concentrandosi sull’importanza della recensione per gli stessi autori: “Spezzo una lancia a favore del giornalismo culturale e della sua utilità, sotto qualsiasi forma si faccia. Non sono un intellettuale, ma uno scrittore e come tale  vorrei descrivere il mio rapporto con la critica. La recensione è il giudizio dei primi lettori e assume più valore quando insegna qualcosa agli stessi autori. Non è facile rendersene conto subito. Ma non tutte le critiche hanno o stesso effetto: dipende da chi vengono e in che contesto vengono esposte. Ora che sto scrivendo cose nuove mi tornano alla mente vecchie recensioni, di cui solo ora riesco a fare tesoro”.

Secondo Torino, però, anche la dimensione della recensione è mutata una volta che gli spazi di critica si sono dilatati: “I nuovi media accerchiano l’autore, sono una forza anarchica in grado di fare istantaneamente  recensioni e metarecensioni di quanto scritto sui mezzi tradizionali”.

Wu Ming 2, alias Giovanni Cattabriga, del collettivo  di autori italiano più famoso e innovativo del momento ( tutti i lavori sono a disposizione del pubblico sul sito Giap) non ama l’uniformità dei media tradizionali:  “L’onestà intellettuale per me sta nel dichiarare la propria parte, il punto di vista da cui guarda il mondo. Non leggo le pagine culturali dei giornali perché mi sembrano tutte collocate in uno spazio neutro, autoreferenziale. Spesso quando esce un nostro romanzo l’editore mi telefona e mi chiede chi potrebbe recensirci, ma non vuole un critico di professione. Per parlare al pubblico oggi si scelgono altre figure, oppure sono i blog e le pagine come Doppiozero che orientano il lettori nell’acquisto dei libri. Oggi ci sono autori che scrivono capitoli alternativi dei propri testi, operando loro stessi una forma di critica”.

L’autore bolognese  poi si sofferma sul mestiere dello scrittore, in grado (o costretto) a rallentare quando invece l’informazione viaggia sempre più veloce: “Raccontare mi colloca nella dimensione pubblica. Narrando, disegno una specie di mappa su come è orientato il mondo e con i miei contenuti  modifico lo scorrere del flusso di notizie. Quante volte ci viene ripetuta la sua velocità? Oggi i dati sono a portata di tutti, paradossalmente manca il punto di vista in cui sono presentati e in questo senso si rafforza il ruolo della critica”.

Alberto Saibene ha messo l’accento sulla maggiore interattività della critica online, operazione a cui partecipano lettori e giornalisti, che però risulta difficilmente finanziabile: ” C’è il crowfounding, ci sono gli spazi pubblicitari e i lettori si affezionano a un prodotto di qualità, ma ancora non bastano”.

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