URBINO- L’ateo Sigmund Freud vacilla tormentato dal dubbio al cospetto di Dio, o di un balordo imbonitore che quasi lo convince di esserlo. Sul palco del teatro Sanzio è andata in scena la commedia Il viaggiatore, protagonisti Alessandro Haber, nei panni del padre della psicanalisi, e Alessio Boni che interpreta il (presunto) padre celeste. Un dramma che affronta il tema dell’Olocausto e del conflitto religione-ragione, la fede e il libero arbitrio. Un racconto alleggerito dall’ironia che accende le risate di un pubblico che, alla fine, tributerà una lunga ovazione ai protagonisti e ai bravi Alessandro Tedeschi e Nicoletta Robello Bocciforti, rispettivamente un caporale della Gestapo e Anna Freud, figlia dello psicanalista.
Nella Vienna del ’38, appena conquistata dalla Germania nazista, Anna Freud tenta disperatamente di convincere il padre a firmare il salvacondotto che permetterà loro di lasciare la città. Freud però è titubante: non vuole abbandonare una città che è stata tutta la sua vita. Quando poi Anna viene portata via da un caporale della Gestapo, Freud resta solo con i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. Crede di essere solo. Perché all’improvviso compare uno strano individuo, all’apparenza uno sbandato, che presto Freud comprende essere Dio. O forse un pazzo fuggito da un manicomio, cosa che lui, ateo da sempre, ritiene più plausibile.
Ed è proprio sul tema del dubbio che è incentrato lo spettacolo, dubbio che è benzina necessaria per accendere il motore della mente scientifica, che non accetta i dogmi e si interroga. Il dubbio personale dell’uomo Sigmund: lasciare o meno Vienna. Meglio affrontare il fatto che si è soli, barattando la serenità di una fuga col coraggio e la dignità. Un interessante parallelo tra l’autonomia dell’ateismo e il rifugio della religione. L’arrivo dello sconosciuto amplifica questo tormento, portandolo su un piano superiore: se Dio davvero esiste, perché permette al nazismo, e al male più in generale, di proliferare? Se è onnipotente, non fermando il male non è altro che un sadico, un criminale. Se invece nulla può contro tutto questo, è semplicemente un povero incapace. I due iniziano una lunga discussione su fede e ateismo, alla fine della quale Freud si convince di essere realmente al cospetto di Dio. Vorrebbe però un’ultima prova, che però non arriverà. La risposta di Dio, infatti, sta solo nella fede.
Una commedia brillante (nel 1993 fruttò al suo autore, Eric Schmitt, tre premi Moliere per il teatro), cui la regia di Valerio Binasco ha dato un pizzico di follia in più, con un Dio che, per esempio, rispetto alla versione originale è meno dandy e più senzatetto. Sono tanti gli spunti di riflessione, ma al contempo abbondano i momenti di leggerezza, tanto che spesso il pubblico scoppia a ridere. La sceneggiatura è a tratti molto sottile, riuscendo a strappare una risata a parte della platea anche con un pizzico di blasfemia, quando Anna, convinta di avere a che fare non con Dio ma con uno stalker che da un po’ di tempo la segue ai giardini, gli da del “porco”.
Quando si riaccendono le luci sulla platea, si accendono gli applausi. Ovazioni sia per i due protagonisti, Haber e Boni appunto, che per Alessandro Tedeschi e Nicoletta Robello Bocciforti. Il calore dei presenti è tale che Boni, pur con fare ironico, accenna a un possibile bis. Ipotesi subito bocciata da Haber, che con un eloquente “gesto dell’ombrello” regala l’ultima risata ai presenti.