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Isis, raccontare una guerra da lontano: “Le notizie le scoviamo su Twitter”

di    -    Pubblicato il 25/02/2015                 
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Twitter e i social network in generale sono i principali strumenti con cui l’Isis fa propaganda nel mondo occidentale

URBINO – Quella dell’Isis è una guerra dalla quale le agenzie di stampa italiane si stanno tenendo lontani. Mandare degli inviati significa correre un rischio troppo alto a causa della ferocia dimostrata dagli jihadisti. Per questo tra le fonti principali per raccontare una guerra che non si ‘vede’ direttamente, ci sono le tv arabe come Al Arabiya e Al Jazeera, ma soprattutto i social network, Twitter in particolare.

Gli inviati o i corrispondenti nelle capitali degli stati limitrofi, come Beirut, Tunisi e Il Cairo, possono seguire ciò che avviene in questi paesi ma non basta. Serve comunque avere notizie da chi è prossimo al conflitto in Siria, Iraq e ora anche Libia. Spesso chi twitta è un giornalista locale che racconta la guerra da vicino. Altre volte sono gli stessi terroristi che rappresentano una fonte sul loro stesso operato.

Così facendo, si guadagna in sicurezza. Sui social però può scrivere chiunque, per cui occorre controllare a fondo l’attendibilità delle notizie che si riceve. “La verifica allunga un po’ i tempi- spiega Giuseppe Rizzo dell’Aki (Adn Kronos International) – ma meglio uscire più tardi con attendibilità che rischiare la figuraccia”. Il segreto, per Rizzo, sta nel “costruirsi, col tempo, una rete di fonti sicure  occorre un lungo lavoro di selezione e scrematura. Io, dopo averci lavorato per mesi, ho individuato i profili Twitter più attendibili e seguo quelli. Per verificare le notizie non mi baso mai sulle fonti ufficiali, ma su una serie di attivisti conosciuti in viaggi precedenti e di cui mi fido. Tra le file dell’Isis le più attendibili sono le donne”.

Secondo Rizzo, il lavoro di ricerca delle notizie è diventato più semplice “dopo le primavere arabe, da allora a raccontare cosa succede sono direttamente i soggetti coinvolti. Non abbiamo più le reti di corrispondenti, visto che al momento andare in Siria, Libia o Iraq è impossibile. Cerco fonti dirette on line e faccio un giro di telefonate per verificare quello che ho trovato. Consulto spesso Twitter, dove l’Isis pubblica molti video, le televisioni arabe e i terroristi stessi”.

Ormai, per monitorare quello che succede nei territori dell’Isis Twitter è dunque indispensabile. “Non c’è alternativa, anche le grandi agenzie internazionali fanno fatica a mandare inviati – dice Davide Sarsini, della redazione esteri dell’Agi – ci si deve basare sulla propaganda dei jihadisti e sulle testimonianze dei locali”. Regalando, a volte, la soddisfazione di dare il ‘buco’ alla concorrenza. “Ci sono fonti che ormai consideriamo credibili – continua Sarsini – perché magari in alcune occasioni ci hanno fornito notizie poi rivelatesi vere. Per esempio, riuscimmo a dare per primi la notizia della liberazione di Greta e Vanessa, le due volontarie italiane rapite in Siria, grazie a un gruppo di ribelli che diedero l’annuncio su Twitter. Facemmo le dovute verifiche incrociate, perché un tweet da solo non è sufficiente, e pubblicammo la notizia.Ma si deve sempre essere prudenti, il rischio che si tratti soltanto di propaganda non manca mai”.

La sicurezza che può darti inviare un corrispondente sul posto, però, ovviamente è assai superiore. “Senza i corrispondenti ti viene a mancare l’immediatezza della fonte – dice Alessandro Logroscino, della redazione esteri dell’Ansa – io l’inviato l’ho fatto, essere sul posto ti permette di sentire l’aria che tira,solo così puoi percepire certe sensazioni”. Certo, poter contare su altre fonti è comunque un bel vantaggio. “Da inviato hai una visione più diretta e immediata, ma anche più limitata – continua Logroscino – anche perché in quelle zone hai pochissime possibilità di manovra, lavorare sul territorio è impossibile”. Logroscino però non vede in Twitter una vera e propria fonte, bensì una “forma di avviso. La sua forza è l’immediatezza, ma ha pure due punti deboli: la brevità del messaggio e l’incertezza su chi scrive. Ovviamente ci sono firme più attendibili, che raccolgono informazioni su altri siti e media locali e le rilanciano. Quando vediamo una di queste firme ci mettiamo subito sull’attenti, però iniziamo subito ad approfondire e controllare la notizia”. Una di queste è  Rita Katz, che con la sua piattaforma Site difficilmente sbaglia un colpo quando si tratta di terrorismo islamico.

“La Katz è un’ebrea irachena che ora vive a Washington – dice Emanuele Riccardi, caposervizio della redazione affari internazionali dell’Ansa- la seguiamo sempre su Twitter perché lei non sbaglia mai, le notizie che da si rivelano esatte. È lei che ha scovato i principali video dell’Isis, tanto che c’è chi la accusa di essere una spia del Mossad o di essere in combutta con i terroristi”. L’importante comunque è verificare sempre la notizia più e più volte, a costo anche di arrivare dopo gli altri. “Sempre meglio che scrivere stupidaggini”.

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