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Maltolo ‘anti tumore’, i ricercatori urbinati: “Pochi fondi rallentano sperimentazione”

di    -    Pubblicato il 25/02/2015                 
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I due ricercatori dell'Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli

I due ricercatori dell’Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli

URBINO – Pochi finanziamenti pubblici, nessun aiuto da parte di privati e ancor meno dalle case farmaceutiche. Nonostante le difficoltà, fa passi avanti la ricerca sulla molecola in grado di indurre al ‘suicidio’ le cellule tumorali. I due professori dell’Università di Urbino Vieri Fusi e Mirco Fanelli nel 2013 hanno scoperto le proprietà curative del maltolo, la sostanza naturale, contenuta nel malto, nel cocco e nel caffè, potrebbe essere utilizzata per lo sviluppo di una nuova classe di molecole che inibiscono e combattono lo sviluppo dei tumori. “Andiamo a rilento, ma nell’ultimo periodo abbiamo ottenuto risultati molto incoraggianti”.  Le recenti sperimentazioni in laboratorio sulle cavie hanno dato esiti positivi e i due ricercatori sono in attesa del brevetto degli Stati Uniti, dopo aver ottenuto quello europeo.

Quali sono le novità sulla vostra ricerca sul maltolo?
“La ricerca continua ad andare avanti anche se con lentezza a causa della mancanza di soldi. Dobbiamo affidare le nostre aspettative, oltre che alle nostre poche risorse interne, alle collaborazioni e ai contatti esterni che, anche se ci arricchiscono culturalmente, ci limitano nel tempo per arrivare al risultato. Le novità al momento sono che abbiamo iniziato a sperimentare in vivo, cioè sui topolini, l’efficacia di una delle nostre molecole che si è dimostrata capace di ridurre la massa tumorale (sarcoma di Ewing) creata artificialmente. Inoltre, abbiamo avuto risultati molto interessanti per questa classe di molecole di cui però non possiamo parlare al momento in quanto oggetto di una nuova domanda di brevetto”.

Finora avete avuto finanziamenti pubblici o privati?
“Abbiamo ottenuto un finanziamento da parte della Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) – che cogliamo l’occasione di ringraziare – che ci ha permesso di poter pagare in parte un ricercatore precario per mezza annualità nonché qualche esperimento, anche se l’ordine di grandezza per poter svolgere adeguatamente questo tipo di ricerca è purtroppo molto superiore. Non ci siamo mai voluti muovere sul terreno dei finanziamenti privati (fuori dal settore dei farmaci ndr) fondamentalmente per problemi etici. Non vogliamo creare aspettative che potrebbero essere deluse o che la gente possa pensare che lavoriamo per scopi di lucro personale. Noi crediamo che una ricerca di questo genere, per l’impatto che potrebbe avere, debba essere finanziata da istituzioni pubbliche e solo l’idea che i nostri nomi possano essere accostati al lucro ci spaventa”.

Le case farmaceutiche hanno contribuito al finanziamento della ricerca?
“Le case Farmaceutiche, che ovviamente fanno il loro business, al momento non ci hanno mai supportato pur avendo sottoposto alla loro attenzione la nostra progettualità. Siamo però obiettivamente consci che siamo ancora qualche passo indietro per poter essere appetibili agli occhi di chi ragiona anche in termini di sfruttabilità economica del prodotto, oltre che da un punto di vista scientifico. E’ appunto su questo ultimo punto che sono concentrati i nostri sforzi: completare gli studi preclinici e raggiungere il prima possibile quei risultati che, speriamo, potrebbero poi interessare veramente l’industria farmaceutica per il futuro sviluppo del farmaco vero e proprio. Bisogna però considerare anche la possibilità dell’insuccesso, e cioè che questa classe di molecole potrebbe non risultare così efficace e quindi non meritevole di ulteriori investimenti e attenzioni: ma questa è l’essenza della ricerca, nulla è scontato e già scritto. Noi crediamo che la potenzialità espressa finora, e le possibili ricadute, rendano questi composti ancora meritevoli di attenzioni ed approfondimenti scientifici”

Esiste una data approssimativa in cui il farmaco potrà effettivamente entrare in commercio?
“No, senza una sperimentazione preclinica, in modelli animali, non è possibile programmare una fase di ricerca clinica”.

Quanto le molecole ricavate da alimenti sono importanti per la scoperta di nuove cure?
“Le molecole di origine naturale stanno suscitando sempre più interesse, sia come tali che come precursori di molecole sintetiche, come nel nostro caso”.

In rete sta girando da qualche mese un video che parla di “due ricercatori precari” dell’Università di Urbino che hanno scoperto una “fenomenale molecola anti tumore” che spinge al suicidio le cellule malate; nessuno parlerebbe della cura perché le multinazionali e le grandi case farmaceutiche stanno cercando di oscurare il fatto. La situazione è come viene descritta in questo filmato?
“Siamo purtroppo a conoscenza del filmato. Le informazioni contenute in quel video banalizzano concetti e contenuti scientifici e ipotizzano trame e scenari di cui noi non siamo a conoscenza né ne abbiamo mai avuto la percezione. Ci teniamo a sottolineare che quel video è stato introdotto nella rete a nostra totale insaputa e senza mai essere stati contattati dal sedicente giornalista”.

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