URBINO – Se nella provincia di Pesaro e Urbino l’acqua è tra le più care d’Italia è perché arriva direttamente dai fiumi e non dalle falde sotterranee. I dati sono chiarissmi. Solo il 30 per cento dell’acqua arriva direttamente da sottoterra, dalle falde acquifere. Il resto, più del 70 per cento, proviene invece dai fiumi, soprattutto dal Metauro, ed è quindi acqua non pura che, per diventare potabile, deve essere ripulita. Deve cioè passare per una struttura, chiamata potabilizzatore, che elimina tutte le impurità presenti. E’ quindi questo passaggio obbligato, assieme all’aggiunta del cloro, la principale causa dell’aumento delle bollette nella provincia di Pesaro e Urbino.
Secondo l’indagine pubblicata pochi giorni fa dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva la nostra provincia è nona a livello nazionale per il costo del servizio idrico. Martedì 25 marzo il Fatto Quotidiano, basandosi su dati di Federconsumatori, ha stilato la classifica delle 10 città in cui l’acqua è diventata un bene costoso. E anche stavolta Urbino e Pesaro rientrano fra le prime 10 città per costo annuo della bolletta.
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La potabilizzazione. Attualmente nella provincia di Pesaro e Urbino ci sono dieci potabilizzatori dei quali otto sono in quella che viene definita dall’Asur, Zona territoriale 2 di Urbino. L’acqua che esce dal rubinetto arriva per buona parte dai fiumi (come il Metauro e il Foglia) e per questa ragione i costi per la produzione di acqua potabile salgono.
“Il processo che rende potabile l’acqua che si preleva dai fiumi è una delle cause che incidono maggiormente sulla tariffa”, sottolinea il responsabile dell’area dell’Autorità di ambito territoriale 1 (Aato 1), Michele Ranocchi. “La maggior parte dell’acqua della provincia è di tipo superficiale che necessita di trattamenti a volte anche molto pesanti e solo un 30 per cento viene prelevata da falde. A livello nazionale le percentuali si invertono. È dimostrabile che in Italia, per comuni con stesso gestore, chi ha le tariffe più alte normalmente preleva più acqua dai fiumi”.
La soluzione per Stefano Gattoni, direttore dell’Aato 1, potrebbe essere quella di riequilibrare l’utilizzo delle risorse idriche “utilizzando maggiormente acqua di falda, il cui costo di potabilizzazione è minore. Così facendo si limiterebbero anche le crisi idriche che colpiscono il territorio quando si hanno periodi con scarse piogge”.
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Gli investimenti. A incidere sul costo della bolletta sono anche gli investimenti che le aziende (Marche Multiservizi e Aset sono le aziende che operano all’interno dell’Aato) effettuano per la manutenzione e l’ammodernamento dei sistemi. Il piano dell’Aato 1 prevede, per quanto riguarda Marche Multiservizi (che serve 55 comuni del territorio compresa Urbino), 30 milioni di investimenti dal 2014 al 2017 che vengono finanziati attraverso le bollette.
Di questi 30 milioni, 7 sono destinati alla bonifica dell’acquedotto ovvero alla riparazione delle falle e all’ammodernamento di strutture ormai vetuste. “Tempo fa una statistica – spiega Gattoni – parlava che in questa provincia sono presenti più di 400 acquedotti”. La lunghezza complessiva delle tubature, utilizzate da Marche Mutliservizi, arriva poco sotto ai 5000 chilometri che si snodano dalla catena appenninica alla costa (la lunghezza complessiva è di 5600 chilometri considerando anche i 686 gestiti da Aset).
Per fare un confronto possiamo prendere in esame l’acquedotto più lungo d’Europa: l’acquedotto pugliese. La sua rete idrica si allunga per 22.500 chilometri (trenta volte l’estensione del Po) e serve l’intero bacino d’utenza pugliese: quattro milioni di abitanti. I cittadini dei 55 comuni serviti da Marche Multiservizi circa 280mila. Il calcolo è presto fatto: i pugliesi hanno cinque metri di acquedotto a testa. Gli abitanti della provincia di Pesaro e Urbino serviti da Mms, 17.
“Annualmente – racconta Ranocchi – circa la metà degli investimenti sono finalizzati al recupero e potenziamento di vecchi impianti. L’ammontare medio degli investimenti in questi ultimi anni si aggira sui 12 milioni di euro per tutti i comuni della provincia”. Anche se, come ammette il direttore Gattoni “servirebbero più di 100 milioni per sistemare al meglio l’intera rete”.
Dal 2014 e fino al 2017 solo nel comune di Urbino verranno investiti più di 1,6 milioni di euro tra bonifica della rete, depuratori (come quello costruito in località Braccone) e collegamenti fognari. Un esborso che non ha comunque frenato l’aumento di dispersione di acqua della rete arrivato al 32%.
“C’è da considerare che nelle perdite sono compresi anche volumi d’acqua che servono nei trattamenti di potabilizzazione (per esempio la pulizia dei filtri del potabilizzatore). Incide anche la presenza sul territorio ancora di tanti vecchi contatori che normalmente contabilizzano consumi inferiori e la presenza di alcune strutture pubbliche che ne sono ancora sprovviste”.
Quindi all’interno dell’indice di dispersione rientra tutta l’acqua che non viene fatturata. Ma non si tratta solo di tubi rotti o bulloni allentati. Ci sono edifici che hanno ancora contatori vecchi che ‘contano’ male o addirittura non ne hanno. In questi casi per Marche Multiservizi è impossibile sapere chi ha utilizzato quell’acqua e, di conseguenza, farsela pagare.
Chi fa la tariffa? Secondo l’ingegner Ranocchi dell’Aato i rincari sono da attribuire al nuovo metodo di calcolo introdotto a livello nazionale dall’Autorità per l’energia elettrica, gas e servizi idrici (Aeegsi). L’autorità, contattata telefonicamente da il Ducato, ha risposto che i compiti di Aeegsi si limitano a valutare e verificare la necessità di adeguamento delle tariffe che è lo stesso Aato a proporre in ragione delle esigenze di bilancio, nell’ambito di un tetto massimo ai rincari prefissato.
È quindi l’Aato che in base ai costi che deve sostenere per erogare i servizi – gestione degli impianti, manutenzione, potabilizzazione e depurazione delle acque, previsioni di investimenti – propone un aumento delle tariffe dell’acqua, che viene approvata dall’Ageesi dopo aver verificato che i costi siano effettivamente necessari per la fornitura del servizio idrico.
In tutto questo processo Marche Multiservizi, monitorando la situazione delle strutture in collaborazione con i comuni, stila l’elenco degli interventi che vanno al vaglio dell’Aato per poi essere finanziati in base al criterio di urgenza.