URBINO – Il valzer del padiglione Montefeltro: tra idee tardive e tempi molto risicati. Maurizio Gambini venerdì scorso ha confermato che la sua squadra sta lavorando per portare ad Expo uno spazio dedicato al Montefeltro, idea lanciata dall’assessore alla rivoluzione Vittorio Sgarbi. L’assessore regionale al bilancio e alla cultura, Pietro Marcolini, sembra però scettico sulla fattibilità del progetto: “L’intenzione ci è stata dichiarata dagli amministratori. Quello che concretamente si può fare per ora è piuttosto limitato”, ha commentato Marcolini sentito dal Ducato durante l’ultimo giorno di Festival del giornalismo culturale a Fano.
“Mi pare una buona idea, non so se tardiva – continua – non so se ci saranno i tempi materiali per organizzarla. La regione Marche dal 28 maggio sarà a Milano quindi i tempi sono molto risicati”. Insomma l’idea c’è ma potrebbero rimanere soltanto negli annunci della politica. Gambini, di ritorno dagli Stati Uniti, aveva auspicato che la propria squadra avesse continuato a lavorare per creare una “grande possibilità di promozione e di incontro per il territorio”. Solo dopo l’inaugurazione dell’esposizione mondiale, fissata per il 1 maggio, si capirà se il Montefeltro entrerà ad Expo dalla porta principale, con un padiglione dedicato, oppure da quella ‘di servizio’, all’interno delle spazio della regione Marche.
Le dimissioni annunciate. Domani invece sarà il giorno della consegna delle dimissioni dei cinque assessori regionali ‘democrat’: Antonio Canzian, Sara Giannini, Marco Luchetti, Almerino Mezzolani e lo stesso Pietro Marcolini. L’intenzione è di approvare domani (lunedì 27 aprile) l’ultimo atto di amministrazione attiva “poi ci dimettiamo”. È l’assessore regionale al bilancio e alla cultura a entrare nel merito dell’ultimo atto che porteranno avanti i cinque ‘dem’ dimissionari: “Siamo riusciti ad ottenere 30 milioni di euro che distribuiremo a comuni (22,5 milioni) e provincie (7,5 milioni). Noi abbiamo chiesto che venisse convocata la giunta per domani proprio per questo ultimo atto: una delibera che riguarda il patto di stabilità. Quindi noi domani mattina ci presenteremo anche se non mi pare che a tutt’oggi sia arrivata la convocazione urgente che noi abbiamo chiesto due giorni fa. Solo domani – continua Marcolini – vedremo materialmente se la giunta verrà convocata o no”.
Poi attacca il presidente Gian Mario Spacca: “Se non verrà convocata la giunta è del tutto evidente la strumentalità del rinvio. Il presidente gioca al rinvio. Lui si dice impegnato al ministero dell’economia, ma questo è un impegno che già era conosciuto e bisognava delegare o organizzarsi diversamente. Comunque noi con senso di responsabilità estremo abbiamo lavorato per assicurare a famiglie e imprese nuovi 30 milioni. Depositiamo l’atto che è perfetto e che quindi può essere approvato e poi ci dimettiamo”.
Le dimissioni comunque non daranno uno scossone al governo regionale. A poco più di un mese dalle elezioni infatti il presidente potrebbe portare avanti solo atti di ordinaria amministrazione che non richiedono la maggioranza in giunta. Con il consiglio già sciolto e convocabile solamente per atti indifferibili e urgenti, quello delle dimissioni “è un gesto politico. È un atto di distinzione politica e di interruzione dell’attività amministrativa – afferma l’assessore regionale – ovviamente per legge la giunta e il consiglio sono in attività ordinaria e quindi l’amministrazione riguarderà solamente gli atti indifferibili e urgenti. Con le nostre dimissioni vogliamo segnare una distinzione di responsabilità politica: c’era bisogno di stigmatizzare un presidente che dopo essere stato eletto con una maggioranza di centrosinistra, di cui per altro il Pd è in larghissima parte, fa una scelta di accordo con gli avversari politici”.
Effetto boomerang. La nuova legge elettorale per la regione, quella che permette a Spacca di poter partecipare alla corsa per il suo terzo mandato, è stata votata anche dai consiglieri del Partito democratico. Una legge che, allo stato attuale delle alleanze, sembra ritorcersi contro allo stesso Pd. “Il nostro giudizio sul terzo mandato è politico prima ancora che istituzionale – termina Marcolini – la legge elettorale non conosce una strumentalità. È stata votata a larghissima maggioranza. Il presidente nega di aver ordito un’alleanza con Forza Italia fino a pochi giorni fa. Dalla presentazione, nel mese di luglio, di Marche 2020 ha sempre negato l’idea di volersi alleare con il centrodestra. È una novità degli ultimi giorni. Lui si è riparato dietro ad atti formali che fino a pochi giorni fa non ci sono stati. L’appoggio alla legge elettorale prescinde da questa questione ”.