Banca Marche, se crolla la Fondazione Pesaro a rischio un sistema

Foto da Google Streetview

URBINO – Il salvataggio di Banca Marche, deciso domenica con un decreto del governo Renzi, ha colpito duro la Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, proprietaria al 22% dell’istituto. Il rischio è che un intero sistema di assistenza al territorio, fatto di erogazioni a fondazioni culturali e associazioni impegnate nel volontariato si ritrovi all’asciutto. E ancora non si riesce a valutare la reale portata del contraccolpo.

Dal bilancio 2014, l’ultimo disponibile sul sito della Fondazione, si legge: “La partecipazione nella Banca delle Marche rappresenta il 55,72% degli investimenti finanziari della Fondazione al 31 dicembre (il 64,47% con riferimento alla data del 31 dicembre 2013)”. Se all’inizio del 2014 il valore della partecipazione era di 142,5 milioni di euro, alla fine dell’anno si era ridotto a 94,6 milioni. Una svalutazione pari a 47,8 milioni. Giusto per capire le sofferenze attraversate dalla Banca nel 2014, un anno prima del salvataggio.

Gli interventi sul territorio. L’articolo 2 dello statuto della Fondazione sancisce tra i suoi scopi il perseguimento di attività “di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del territorio di riferimento”. In concreto sponsorizzazioni e soldi per quattro settori considerati vettori di sviluppo: arte e cultura, salute, volontariato e filantropia ed educazione. Interventi programmati secondo il principio di sussidiarietà. Negli anni però la generosità iniziale si è convertita in un gestione più oculata.

Nel 2014 sono stati deliberati complessivamente interventi per 1.373.348 euro. Nel documento previsionale ne erano quasi 1,2 in più. “L’evolversi della vicenda di Banca Marche e la pesante riduzione delle risorse – si legge sempre nel bilancio – hanno indotto la Fondazione a non impegnare interamente l’importo programmato”. Rispetto al 2013 la flessione è del 49%.

Ricerca. Nel 2013 l’Università di Urbino ha richiesto l’intervento della Fondazione per rinnovare cinque contratti da ricercatore, “consentendo così all’Ateneo di mantenere immutato il numero dei corsi di laurea”. Richiesta approvata e confermata per il 2014. Ma non è ancora chiaro se per il futuro la Fondazione sarà ancora in grado di accogliere eventuali richieste dell’Ateneo.

Cultura. L’Accademia Raffaello di Urbino promuove e difende l’opera del pittore e architetto urbinate. Luciano Ceccarelli, segretario generale spiega che l’associazione ha sempre ricevuto contributi. “Una volta erano molti consistenti – ricostruisce – ma poi l’importo è andato scemando. Prima che andassero in difficoltà ci davano anche 40.000 euro l’anno. Adesso ce ne hanno promessi 10.000 ma non siamo sicuri che li avremo. Noi, sulla nostra rivista, teniamo una pagina di pubblicità che concediamo gratis alla Fondazione. Certo, se dovessero finire i sostentamenti dovremo pensare di venderla per fruttare qualcosa”. Anche il Comune di Urbino ha ricevuto soldi negli anni dalla Fondazione per organizzare il festival “Musica Antica”. Poi cifre in calo anche in questo caso.Dagli 8.000 euro del 2014 si è passati ai 6.000 del 2015. E qualche anno fa le cifre erano ben più significative.

I finanziamenti, seppur più esigui, li riceve anche l’associazione per gli Studi religiosi San Bernardino. “Ce li danno su richiesta – dice il presidente Giuseppe Franzè – per organizzare un seminario annuale di filosofia a settembre. Siamo finanziati da una decina d’anni ma sinceramente non sono preoccupato per l’anno prossimo. Non ci dovrebbero essere problemi”.

Salute. Qualche sicurezza in meno ce l’ha Lucio Cottini, direttore del Centro Socio Educativo “Francesca” che assiste disabili mentali per favorirne integrazione e autonomia. “A noi hanno confermato il contributo di 40.000 euro, in linea con gli altri anni. Certo gli ultimi eventi non ci lasciano senza preoccupazioni ma fin qui non abbiamo ricevuto comunicazioni di sorta dalla Fondazione”.

Il futuro. Sulla situazione patrimoniale e sulle intenzioni future della Fondazione non si può che congetturare. Magari partendo da qualche dato e da quel poco che le dichiarazioni ufficiali fanno trapelare. Il bilancio del 2015 non è ancora stato pubblicato. Considerato che al 2014 il 55% del portafoglio nel 2014 era impegnato in Banca Marche la situazione per il futuro è fosca. Si tratta di oltre metà del patrimonio svanito. Tra le svalutazioni dei mesi precedenti e l’azzeramento del valore delle azioni bisognerà che enti beneficiari e fondazione si parlino per capire quanto avanza in cassa per finanziare le attività sul territorio.

Nel bilancio previsionale per il 2016 c’è scritto che “è confermato l’impegno della Fondazione con 1,2 milioni di euro. Tale cifra si finanzia con fondi precostituiti e consente di mantenere le erogazioni in linea con quelle degli ultimi due esercizi, senza intaccare il fondo per la stabilizzazione delle erogazioni di 5 milioni di euro in vista del prossimo triennio”. Il documento è stato approvato dal Consiglio generale il 29 ottobre scorso. Venti giorni prima del decreto governativo e dell’evaporazione dei risparmi di azionisti e obbligazionisti.

Cosa dice la Fondazione. Da Pesaro il presidente dimissionario Gianfranco Sabbatini ha dichiarato “di stare lavorando con gli organi di governo della Fondazione per fare chiarezza nel giro di due giorni”. Non risponde a nessuna domanda specifica.

Il comunicato rilasciato dalla Fondazione per spiegare la propria posizione è ingessato. Esprime sorpresa per la soluzione trovata per salvare la banca scaricando il peso sulle spalle di 40.000 azionisti, ma nelle ultime tre righe si fa più battagliero. “Si riserva di esercitare tutte le prerogative consentite a termini di legge”. Contro chi?

Non è specificato. Forse contro il governo, che ha imposto la strada da seguire sapendo che dall’1 gennaio il nostro Paese avrebbe dovuto adeguarsi agli accordi sottoscritti a livello europeo in caso di fallimento o liquidazione di una banca . O magari contro la vecchia dirigenza, commissariata nel 2013 e già richiamata da una lettera allarmata del governatore di Banca d’Italia Vincenzo Visco che ha portato a una multa di Consob.

La presidente della Fondazione Carima di Macerata Rosaria del Balzo Ruiti, una delle tre fondazioni azioniste di maggioranza della Banca Marche, ha dichiarato che “la perdita delle azioni comporta una marcata riduzione di redditività della Fondazione. Meno denari da investire in un territorio che sta attraversando una congiuntura economica delicata”. Difficile credere che le conseguenze saranno diverse per la Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro.