Marica Branchesi, astrofisica urbinate scelta da Nature: “Ho coronato un sogno: unire luci e suoni dell’Universo”

L'astronoma Marica Branchesi, inserita da Nature nella top ten dei 10 scienziati più importanti del 2017
di FEDERICA OLIVO

URBINO – Al telefono, il tono della sua voce tradisce tutta l’emozione e l’euforia del momento. Marica Branchesi, 40 anni, astrofisica urbinate, da poche ore ha saputo di essere stata inserita dalla rivista scientifica Nature nella lista dei dieci scienziati più influenti del 2017 ed è quasi incredula. “Sono felice e onorata di aver ricevuto un riconoscimento così importante”, racconta dalla sua casa de L’Aquila, dove si è trasferita qualche mese fa con la famiglia, da quando è diventata professore associato del Gran Sasso Science Institute.

“È il risultato non solo della mia ricerca, ma di un team di fisici gravitazionali e astronomi che hanno fatto un lavoro stupendo”, aggiunge, con la passione di chi ama la sua professione e sa di aver fatto un percorso straordinario. Nel 2016 faceva parte del grande team di scienziati, una decina quelli urbinati, che sono riusciti a ‘osservare’ le onde gravitazionali.

La ricerca grazie alla quale ha ottenuto questo risultato è il frutto di un lavoro durato anni. Ce lo racconta?
Sono entrata nel gruppo Virgo (un team di ricercatori che si occupano di captare e studiare le onde gravitazionali, utilizzando l’interferometro di Cascina, in provincia di Pisa, ndr) nel 2009. Grazie ai nostri strumenti siamo riusciti a fare delle scoperte meravigliose, come la coalescenza (la fusione, ndr) di buchi neri, ad esempio. Questa estate grazie alle osservazioni abbiamo potuto vedere una coalescenza di stelle di neutroni. È stato bellissimo perché in pochi secondi, dopo settimane in cui le lenti erano state rivolte verso lo Spazio, abbiamo visto tutti i colori dell’universo. Io sono nel gruppo che manda le allerte quando è il momento di puntare i telescopi. Mi sono occupata dello sviluppo di quella che viene definita l’astronomia multi-messaggera, ovvero la disciplina che mira a unire le due informazioni: quella sulle onde gravitazionali e quella che ci dà la luce, vista dai tradizionali telescopi. Ecco, posso dire che il 17 agosto ho coronato un sogno: quello di mettere insieme luci e suoni dall’Universo.

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Lei è nata a Urbino e ha fatto ricerca nell’ateneo urbinate. Che rapporto ha con la città?
Ho un rapporto bellissimo con la mia città. Io e i miei bambini adoriamo Urbino e per questo motivo cerco di tornare quasi tutte le settimane. Mi piace molto la campagna urbinate e infatti ho scelto di vivere anche adesso in una città immersa nel verde. Per me mantenere un legame forte con Urbino è importante, anche perché la mia famiglia vive lì.

Tornerebbe a fare il suo lavoro a Urbino?
Al momento sto benissimo qui a L’Aquila. Il Gran Sasso Science Institute è il massimo a cui potevo aspirare. Ho fatto la mia scelta: sento di aver trovato il posto giusto e non voglio tornare indietro. Mi sembra di essere arrivata nel posto ideale e non ho intenzione di cambiare idea. La qualità del lavoro qui è molto alta, ho la fortuna di lavorare in un istituto internazionale. Mi piace molto anche il capoluogo abruzzese, perché è un centro che sta riemergendo, nonostante le sue problematiche.

Di cosa si occuperà nei prossimi mesi?
Stiamo lavorando sui dati che sono stati presi durante le osservazioni finite da qualche mese. Nello stesso tempo, però, stiamo continuando anche a fare delle rilevazioni elettromagnetiche che ci stanno portando informazioni nuove. In questa fase i rilevatori sono spenti e quindi dobbiamo fare su di loro anche un lavoro tecnologico. Quando saranno riaccesi, nel prossimo autunno, vedranno un universo molto più grande e, quindi, il nostro team dovrà essere pronto a mandare una quantità maggiore di allerte, perché ci saranno molti eventi in più da osservare.

Lei ha ottenuto risultati importanti lavorando in Italia. Non le sembra che nel nostro Paese la figura del ricercatore sia sottovalutata?
Sì, a volte il nostro lavoro in Italia è sottovalutato, non solo dal mondo accademico ma anche dalla società. Credo che dovrebbero aumentare i finanziamenti per giovani ricercatori. Io stessa sono tornata in Italia grazie a un programma di questo tipo, ma adesso accedere a questi fondi è molto più difficile. Ogni tanto escono bandi di questo genere ma secondo me dovrebbero essere di più. Credo che l’attenzione e i finanziamenti alla ricerca dovrebbero essere aumentati, anche perché in Italia ci sono degli scienziati bravissimi.