di LIBERO DOLCE
URBINO – Nelle tabaccherie marchigiane che li distribuiscono, i voucher non fanno in tempo ad accumularsi. Il boom dei buoni lavoro, che remunerano le cosiddette prestazioni lavorative accessorie, è stato definito “sospetto” dallo stesso ministro del Lavoro Giuliano Poletti. L’incremento infatti è notevole: in Italia la variazione tra il 2014 e il 2015 è di più 67,5 %; nelle Marche poco meno, il 61,8%. Si tratta di tre milioni di voucher dal valore nominale di dieci euro in più in tre anni. Dietro i sospetti del governo e le promesse di controllo, sono moltissimi i lavoratori impiegati con regolare precarietà con questa formula. Perlopiù nelle officine, per piccoli lavori domestici, ristoranti, alberghi e bar. Il Ducato ha raccolto alcune storie tra Urbino, Fermignano e Pesaro.
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L’anello debole “Io sono passata al contratto vero ma da noi ci sono alcune ragazze a voucher”. Marzia (nome fittizio) fa un cenno con la testa verso una ragazza, piú giovane di lei, che sta pulendo i tavoli di fronte al bancone di un importante bar di Urbino. La chiama così, ‘ragazza a voucher’, con un’espressione spontanea e indicativa di una gerarchia ormai interiorizzata sul posto di lavoro. ‘A voucher’ qui sta per ‘in prova’, nuova frontiera dell’instabilità nella selva di recente bonificata dei contratti di lavoro. Anche Marzia ha cominciato così ma poi ha ottenuto un contratto a tempo determinato. “Percepisco poco meno di quanto prendevo con i voucher all’ora ma ho qualche certezza in più di tornare a lavorare”, spiega. Le altre aspetteranno la chiamata, la cedola con i dieci euro all’ora e la speranza di una precarietà un po’ meno capricciosa.
Poche certezze A fare la commessa nei negozi di abbigliamento non si è mai certi di conservare il posto. Nel raccontare la sua storia Marta si raccomanda di non scrivere il suo vero nome, non vuole rischiare di bruciarsi tra i datori di lavoro. Di solito è impiegata tra Pesaro e alcuni paesi del circondario. “Loro mi chiamano e mi dicono quando devo lavorare – racconta – e mi pagano per le ore lavorate. Non mi è mai capitato di lavorare a nero, anzi se faccio un’ora in meno ma hanno preso un voucher in più mi conteggiano anche quella”. Il problema principale per lei non è quello. “Io vorrei un contratto, anche a tempo determinato. Con i voucher quando vogliono ti mandano via, non puoi fare progetti e non saprai mai quanto ci sarà sull’estratto conto a fine mese”.
Un giorno qui, l’altro chissà Per chi gestisce un’attività i voucher offrono un’occasione di regolarizzare i collaboratori. Luca, che con la madre gestisce “Il palazzetto dello Spritz” a Fermignano, spiega che “per le ragazze che collaborano di tanto in tanto è il contratto più vantaggioso. Forse per noi, il costo per ora lavorata è maggiore rispetto ad altre forme, però è il modo migliore per ingaggiare qualcuno nei giorni in cui ci sono tanti clienti, tipo il venerdì o il sabato sera”. Si tratta di persone che sono impiegate per non più di tre o quattro ore a settimana, guadagnano qualche spicciolo in più, ma spesso non hanno interesse a farne la loro attività principale.