di MATTEO DE RINALDIS
URBINO – Mario Calabresi, direttore di Repubblica, ha battezzato il nuovo biennio della scuola di giornalismo di Urbino. L’inaugurazione è stato un evento sentito e partecipato in città, ha trascinato nell’aula magna del Rettorato più di duecento persone che hanno sentito Calabresi parlare dei “Giornalisti nell’era di Trump’ e hanno assistito alla consegna del sigillo d’Ateneo, il più alto riconoscimento dell’Università ducale.
Prima della sua lectio magistralis, Calabresi ha visitato la nuova sede dell’Istituto, in piazza della Repubblica. Un caffè sotto i portici, un salto in libreria (“leggete continuamente, perdete tempo sui libri”) prima del taglio del nastro nella redazione di palazzo Nuovo Albani. La presenza del direttore di Repubblica è anche un auspicio per i 21 allievi, perché Calabresi si è formato in una scuola di giornalismo e da lì è arrivato a dirigere il più importante quotidiano nazionale italiano.
Durante la visita in redazione, Calabresi ha lanciato un occhio in anteprima sul primo numero del Ducato, che sarà in edicola la prossima settimana: “Sto cercando un refuso, per ora non ne ho trovati”.
Poi la camminata fino a via Saffi, al Rettorato, per il suo intervento e alla cerimonia di consegna del Sigillo. Presenti tutte le più importanti cariche istituzionali della città e della regione, dal rettore Vilberto Stocchi al presidente del consiglio regionale delle Marche Antonio Mastrovincenzo. L’intervento del direttore Calabresi è stato preceduto dai saluti del rettore, da quelli della regione Marche (attraverso l’assessore all’istruzione Loretta Bravi), di Mastrovincenzo e della rappresentante degli studenti dell’ifg Eleonora Serafino.
A introdurre la lectio la direttrice dell’istituto Lella Mazzoli: “La nostra è l’unica scuola in Europa che si confronta con il mercato, il Ducato esce dalle aule e raggiunge i cittadini. L’obiettivo della scuola, che ha il 90% di ex allievi inseriti nel mondo del lavoro, è quello di creare ottimi giornalisti e formarli con impegno ed etica”.
E il mondo del giornalismo oggi non può fare a meno di confrontarsi con una comunicazione stravolta dal neopresidente Usa. Ma per uno strano scherzo del destino, a iniziare la rivoluzione comunicativa che oggi con Trump è evidente è stato il suo predecessore Barack Obama.
Due personalità completamente opposte ma con un punto in comune: una comunicazione politica che vede con diffidenza le domande dei giornalisti, che con il tycoon sono diventate vero e proprio fastidio. “Ho seguito Obama come inviato durante la sua campagna elettorale – ha raccontato Calabresi – non ha mai tenuto una conferenza stampa o risposto alle domande dei giornalisti. Faceva discorsi bellissimi, ma molte delle sue promesse non sono state mantenute. E i media non potevano chiedergli conto di quelle dichiarazioni”.
Un modo di porsi nei confronti dell’informazione che è arrivato in Italia grazie a Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio, che direttamente da Palazzo Chigi rispondeva alle domande dei cittadini durante i live su Facebook. “La politica ha dato l’illusione ai cittadini che i leader parlassero direttamente a loro, sul proprio telefono. Trump twitta in piena notte senza dover rendere conto a nessuno di ciò che scrive. È in corso un’operazione di delegittimazione dell’informazione, di screditare coloro che di mestiere devono creare contesti, fare domande, porre dubbi”.
In un clima di crescente sfiducia, Calabresi ha voluto rimarcare il ruolo del giornalista all’interno della società: “Il nostro è un mestiere alla base delle democrazia. Ma il giornalista deve essere capace di stare al passo coi tempi, avere un ruolo e imporsi nella società grazie alla competenza. Agli insulti della politica, il giornalista deve rispondere studiando”.
Ad assistere all’incontro c’era anche il sociologo Ilvo Diamanti, professore all’ateneo di Urbino, che sul giornale di Calabresi ci scrive: “Dovete svuotarlo – ha scherzato il direttore rivolgendosi agli allievi dell’Istituto – tutto quello che sa deve diventare vostro. Prendetelo per strada, e se lo stimolate lui parlerà… anche per ore”.
In chiusura, Mario Calabresi ha ripreso le famose parole del fondatore della Apple Steve Jobs: “Siate affamati e non accontentatevi mai. La scuola è un punto di partenza e non di arrivo. In Italia la competizione nel giornalismo è spietata, dovete emergere grazie alla formazione, allo studio e alla curiosità”.