I giovani al voto, Diamanti: “Pigrizia digitale e solitudine: ecco perché i ragazzi sono lontani dalla politica”

Ilvo Diamanti
di STEFANO GALEOTTI

URBINO – “I giovani oggi sono pochi e sono soli, non hanno luoghi per incontrare la politica”. Ilvo Diamanti, politologo e professore all’Università di Urbino, conferma quello che è emerso dalle impressioni raccolte dal Ducato sui giovanissimi che andranno a votare per la prima volta: “Avete rilevato una tendenza che è degli ultimi anni: i giovanissimi sono i più disinteressati. Quelli che alla domanda sul chi votano dicono: ‘non ce ne frega nulla, non sappiamo niente, non abbiamo idee”. Per Diamanti, che si definisce con ironia ‘un uomo che prevede il passato’, i nuovi media hanno un ruolo chiave: “C’è una pigrizia digitale che porta a dare tutto per scontato. Sono finiti i tempi delle grandi mobilitazioni, oggi non si muove più nessuno”.

Diamanti, perché i ragazzi sono così lontani dalla politica?
Il rapporto con la politica dipende dalla socializzazione e oggi la politica non la incontri più nella tua vita quotidiana. Nella società e sul territorio. Penso all’università. Quando l’ho fatta io, nei primi anni ‘70, era un ribollire di tensioni, attenzioni, sentimenti politici e critici. Anche quando sono arrivato a Urbino negli anni ’90 c’era grande fermento. Oggi non è più così, oggi ognuno si muove largamente da solo. Almeno, in politica. 

Forse oggi la politica si incontra dopo, con le prime esigenze lavorative?
La politica secondo me non è quello. Ai miei tempi significava stare con gli altri. Al di là di quello che succedeva nell’università, la politica era radicata nella società e sul territorio. I partiti erano partiti di massa. E quando si dice partiti di massa non si parla solo di misure, ma si parla di partiti che di fatto erano educatori, punti di riferimento per associazioni. Il tuo voto era dato per scontato, era voto di appartenenza. Un atto di fede.

Poi c’è stato un il ventennio dominato da Silvio Berlusconi.
Quello è stato un altro passaggio generazionale: il voto fondato sulla democrazia dei media. Adesso è finita anche quella fase, oggi i giovani sono nel tempo della democrazia immediata. Si rifiuta ogni tipo di mediazione, con il mito che ciascuno possa intervenire come e quando vuole. Ma è anche un modo di deresponsabilizzarsi.

Cosa manca oggi?
Non ci sono più luoghi sociali della politica. Se i luoghi sono la televisione e Facebook, tu ti socializzi per conto tuo. Ecco perché secondo me c’è un legame tra i tassi di sfiducia e uso dei new media.

Perché?
Visto che col digitale fai tutto, non vai neanche più a cercare le persone. Come se tutto fosse dato per scontato. Sempre in contatto con gli altri ma sempre da soli. Ciascuno è per proprio conto e infatti nessuno si muove insieme agli altri. I tempi delle grandi mobilitazioni sono finiti. Bisogna costruire delle nuove reti di socialità, dei nuovi luoghi. Bisognerebbe sentirne il bisogno.  

La politica cosa deve fare?
Non deve smettere di parlare con le persone. Per giustificare la mediatizzazione della politica si parla spesso di politica all’americana. A sproposito, perché negli Stati Uniti, in campagna elettorale, fanno ancora il porta a porta; chi lo fa è un militante, incontra e parla con delle persone. Se non si fa così si rischia di immergersi in un sistema astratto, che evoca relazioni unicamente virtuali.

I ragazzi sembrano essere colpiti dal messaggio della destra.
L’orientamento progressista del voto giovanile è declinato da tempo. L’elettorato di riferimento della sinistra è soprattutto quello degli anziani e del pubblico impiego. Mentre oggi la principale frattura si osserva tra politica e antipolitica; non a caso per molto tempo i 5 stelle sono stati la prima scelta tra i giovani. Un’alternativa al non voto che esprime disagio verso la politica. Ma ora anche quella fase pare conclusa.