di MARTINA NASSO
PESARO – La sala dell’hotel Flaminio è piena di persone, per lo più pensionati. Sono azionisti, obbligazionisti e lavoratori, attuali e non, di Banca Marche. In tutto sono più di cinquecento, accorsi alla chiamata di Dipendiamo Banca Marche. L’associazione, che riunisce i dipendenti dell’istituto marchigiano e che conta più di 1500 iscritti, aveva convocato un’assemblea dei soci per discutere delle possibili azioni di rivalsa contro la banca che ha mandato in fumo i loro risparmi (sarebbero oltre 30 milioni di euro quelli persi tra Pesaro e Urbino).
Durante l’incontro è stata ricostruita la vicenda che ha portato al crac finanziario di BdM, è stato analizzato il periodo del commissariamento dell’istituto e si è sottolineata la buona fede dei lavoratori che hanno proposto la vendita di azioni e obbligazioni ai clienti fino al momento del fallimento. Anzi, secondo Sandro Forlani, presidente di Dipendiamo, sono stati le prime vittime della mala gestione dell’istituto. “Molti lavoratori e pensionati della banca possedevano delle azioni. I dipendenti non sono truffatori, ma truffati. Inoltre ciascuno di loro ha perso tra i 10.000 e i 30.000 euro come previsto da contratto in caso di cattivo andamento della banca”.
E sulla loro buona fede ha aggiunto: “Hanno venduto azioni perché avevano un prospetto falso. Perché i vertici hanno nascosto la lettera di Bankitalia anche a loro. Vogliamo denunciare per diffamazione tutti quelli che dicono che i lavoratori di Banca delle Marche hanno venduto azioni che non dovevano vendere”. Il 9 gennaio 2012, infatti, Bankitalia aveva mandato una lettera di allarme ai vertici, a causa dell’aumento di capitale deliberato nonostante lo stato di grave dissesto finanziario.
Forlani, poi, si è scagliato contro i vertici della banca subentrati dopo il commissariamento dell’istituto, (a ottobre del 2013), gli stessi che adesso dirigono Nuova Banca Marche: “Non abbiamo capito perché per 2 anni e 4 mesi di gestione commissariale in cui, per sanare i conti dell’istituto, hanno lavorato un nuovo direttore generale, tre commissari, funzionari e consulenti di Roma, ci hanno sempre fatto credere che tutto andasse bene. O non hanno saputo lavorare per il loro obiettivo oppure hanno saputo lavorare fin troppo bene perché qualcuno gli aveva ordinato che l’obiettivo di far chiudere questa banca”.
L’avvocato Corrado Canafoglia ha poi illustrato quali azioni legali sono state intraprese contro la banca. In particolare si è concentrato sulla causa collettiva per risarcimento del danno che Dipendiamo sta portando avanti insieme all’Unione dei Consumatori, nell’ambito del procedimento penale contro gli ex vertici. L’avvocato ha ricordato ai presenti che a giorni i Pm dovranno decidere se chiedere al Gip il rinvio a giudizio o l’archiviazione per 36 ex amministratori indagati per associazione a delinquere, falso in bilancio e comunicazioni sociali e ostacolo all’esercizio della vigilanza e altri reati. Qualora il giudice dovesse decidere per il rinvio a giudizio, le associazioni avranno tempo per costituirsi parte civile, fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento.<