Fusione Urbino-Tavoleto, i due sindaci accelerano: “Niente ricorso, referendum a gennaio”

Urbino (a sinistra) e Tavoleto (a destra)
di ISABELLA CIOTTI

Fusione

URBINO – “Faremo ricorso al Consiglio di Stato”, aveva detto il sindaco di Urbino Maurizio Gambini alla notizia della sospensione del referendum per la fusione con Tavoleto. E invece non ci sarà alcun ricorso. Perché non si può e perché non conviene. “Quella frase è stata detta in un momento d’impeto – precisa il collega di Tavoleto, il sindaco Nello Gresta – l’unica soluzione è attenersi alla legge nazionale (la cosiddetta legge Delrio che ordina ai Comuni di consultare i cittadini prima, e non dopo l’inizio della procedura di fusione ndr) e indire un nuovo referendum comunale”. Alla fine lo ha riconosciuto anche Gambini, comunicando che la prossima settimana il suo consiglio deciderà la data della nuova consultazione. “La legge prevede che venga stabilito un quorum, delibereremo anche su questo”.

Perché il ricorso è impossibile. I comuni di Urbino e Tavoleto non possono rivolgersi al Consiglio di Stato. Perché l’ordinanza cautelare con cui il Tar di Ancona ha sospeso la consultazione del 13 dicembre, riconoscendo la presunta illegittimità della legge regionale di indizione, è indirizzata solo a Pesaro e Mombaroccio. La sospensione del referendum negli altri due Comuni è stata decisa dal presidente Luca Ceriscioli in via precauzionale, data l’analogia con il caso esaminato dal Tar. Solo Pesaro, quindi, potrebbe fare ricorso al Consiglio di Stato, mentre Urbino non potrebbe fare altro che appellarsi alla Regione. Quello del Consiglio di Stato, tra l’altro, sarebbe un giudizio di legittimità e non di merito sull’ordinanza appena emessa dal Tar: in parole povere, il tribunale di secondo grado dovrebbe decidere solo se era giusto sospendere la consultazione, non se la consultazione è legittima. E se il Tar confermasse la sua decisione, l’eventuale consenso del Consiglio di Stato sarebbe stato inutile.

Perché non conviene. Ma soprattutto, un nuovo procedimento legale allungherebbe i tempi, mettendo a rischio il futuro di Tavoleto. Il Comune ha già un debito di 80.000 euro e, come spiegato sul Ducato, senza incorporazione andrebbe incontro al commissariamento.

Ad ammetterlo è lo stesso Gresta, sulla cui amministrazione incombe lo spettro del bilancio preventivo per il 2016. Sul caso di Pesaro e Mombaroccio, il Tar si pronuncerà in via definitiva il 18 marzo, decidendo se avallare la procedura regionale o rimandare i Comuni a quella nazionale. Il 31 marzo, appena due settimane dopo, Tavoleto dovrà redigere il bilancio.“E lì casca l’asino”, spiega il sindaco. “Il bilancio dovrà essere in pareggio e dovremo fornire il piano di rientro per le somme mancanti degli anni precedenti. Non siamo ancora in pre-dissesto, ma gli ammanchi ci sono, e se il bilancio non sarà approvato, il giorno dopo scatterà il commissariamento”.

Due settimane sono poche, sia che il Tar confermi l’ordinanza, sia che la ritiri: nel primo caso sarà tardi per indire un referendum preventivo, come vorrebbe la legge Delrio, nel secondo non ci sarà tempo sufficiente per riprendere i preparativi della consultazione appena saltata, costati  per ora 5.000 euro a Tavoleto e oltre 40.000 a Urbino.

Se Tavoleto non si fonderà con Urbino entro marzo, la fusione potrebbe sfumare definitivamente”. Se l’amministrazione sarà affidata a un commissario – ipotizza Gresta – dovremo aspettare l’arrivo di un nuovo sindaco”. Come spiega il primo cittadino, chi è chiamato a gestire un Comune in via provvisoria, normalmente non prende decisioni politiche ma si limita a sistemare il bilancio e a indire nuove elezioni. “Per questo io e il sindaco Gambini vogliamo anticipare i tempi. Eravamo arrivati al referendum, ripartiamo dal referendum”.

La procedura secondo la Delrio. L’idea del sindaco Gresta è quella di indire il referendum entro gennaio, seguendo la procedura nazionale. Questa volta però, come vuole l’articolo 130 della legge Delrio, il referendum sarà comunale e la Regione verrà interpellata solo in un secondo momento. In caso di vittoria del No, i Comuni bloccherebbero la procedura di fusione senza passare per Ancona.

Cosa accadrà il 18 marzo. Prima della legge Delrio, le fusioni tra Comuni nelle Marche erano regolate da una legge del 1995. Nell’ottobre scorso, la Regione ha modificato questa legge per adeguarla alla nuova normativa nazionale. Con le eccezioni di Pesaro-Mombaroccio e Urbino-Tavoleto, per i quali il referendum poteva essere indetto alla fine del procedimento.

Questa “postilla” è in conflitto con la legge nazionale. Ma secondo Carlo Magnani, professore di diritto costituzionale all’Università di Urbino, “la legislazione statale normalmente prevale su quella regionale. Per questo prevedo che il Tar confermerà l’annullamento del referendum”. Nel caso specifico, si può chiamare il causa il Titolo V della Costituzione, che all’articolo 117 elenca tra le competenze esclusive dello Stato “la legislazione elettorale di Comuni, Province e Città metropolitane”. Nel 2014 si è aggiunta anche la legge Delrio.