FERMIGNANO – Una volta erano mucche, pecore e buoi. Animali da lavoro: grazie a loro si mangiava. Oggi sono cani, gatti e pappagalli. Animali da compagnia: con loro le nostre case sono meno vuote. Anche la tradizionale benedizione degli animali per la festa di Sant’Antonio Abate è segno di come sono cambiati i tempi in Italia.
Domenica 17 gennaio in piazza Garibaldi, per la sedicesima edizione della benedizione, a farla da padrone sono stati gli animali domestici, in particolare i cani. Merito anche delle dimostrazioni del mattino organizzate da Croce Rossa e Protezione Civile, assieme alla Società di Educazione Cinofila. Nel pomeriggio poi tutti in corteo per ricevere la benedizione, invocata su di loro da Monsignor Giuseppe Tabarini.
Quella di Sant’Antonio Abate è una festa che affonda le radici nel tempo. Si tratta del santo più venerato nelle campagne del centro Italia ed è il protettore delle bestie e delle stalle: un santo strettamente collegato alla vita rurale e, in particolare, alla ripresa dell’attività agricola.
Il culto di Sant’Antonio arriva dall’Oriente. Viene raffigurato con un porcellino, considerato simbolo del male in Medio Oriente. Diversa l’interpretazione data dai contadini italiani, per i quali i suini erano fonte primaria di cibo e quindi cosa buona. In tutti i sensi.