di MARCO TONELLI
URBINO – Il tribunale di Ancona deciderà entro una settimana se dichiarare Banca Marche insolvente. Si tratta del presupposto per dichiarare il fallimento e aprire le porte al reato di bancarotta fraudolenta per gli ex dirigenti della banca marchigiana. Lo hanno richiesto il 7 marzo la Procura di Ancona e il commissario liquidatore Bruno Inzitari, e dovrebbe fare maggiore chiarezza sulle responsabilità dietro al fallimento della banca, poi salvata dal decreto governativo dello scorso 22 novembre.
Alla decisione si sono opposte le due fondazioni bancarie di Pesaro e Jesi. La prima proprietaria del 22% dell’istituto, la seconda del 10,8%. Gli avvocati delle due fondazioni hanno avanzato la questione di costituzionalità: anche su questo, il giudice deciderà fra una settimana.
Stato di insolvenza: cosa significa?
Il tribunale certifica che Banca Marche non è in grado di soddisfare le obbligazioni sottoscritte, a causa del buco di bilancio.
Cosa potrebbe succedere?
La procura di Ancona dovrà aprire un’indagine nei confronti degli ex dirigenti Massimo Bianconi, Lauro Costa e Michele Ambrosini, l’ex vice presidente Tonino Perini, l’ex direttore generale Massimo Bianconi e il suo vice Stefano Vallesi, amministratori già indagati dalla Procura di Ancona per appropriazione indebita aggravata dalla corruzione tra privati, falso in bilancio e in prospetto, false comunicazioni sociali e ostacolo all’esercizio della vigilanza.
Cosa cambia per i risparmiatori?
L’istanza fallimentare porterebbe ad una perizia dettagliata sul capitale della “bad bank”: non più la presenza del 17,2 % di crediti deteriorati ma “dal 30 al 50%” come conferma al Ducato il presidente dell’associazione piccoli risparmiatori Claudio Stronati.
Per chi ha chiesto il risarcimento sarebbe una buona notizia: “Per il valore nominale delle obbligazioni non cambia nulla (pari a zero ndr) – spiega l’avvocato Floro Bisello dell’Abusdef Pesaro – ma potrebbe aumentare per i risparmiatori il bacino di capitale su cui ottenere il risarcimento”.
Banca insolvente? Non sarebbe il primo caso.
Il tribunale di Ferrara il 10 febbraio scorso ha dichiarato lo stato d’insolvenza per la “vecchia” Carife. Una decisione che apre le porte ad una nuova indagine, questa volta più dettagliata e non solo conoscitiva.
La Procura ferrarese cercherà di capire se c’è stata bancarotta, e di che tipo. Sullo sfondo le motivazioni che hanno portato al buco di 433 milioni di euro: aggiotaggio, falsi in prospetti informativi e ostacolo alla vigilanza,, sono i reati ipotizzati dal procuratore capo Bruno Cherchi
Lo scorso 12 febbraio il tribunale fallimentare di Arezzo ha dichiarato l’insolvenza per Banca Etruria, e di conseguenza è partita l’indagine per bancarotta fraudolenta da parte della Procura aretina. L’inchiesta si aggiunge alle altre cinque aperte nei confronti dell’ex presidente Luigi Rosi e altri ex amministratori, tra cui il padre del ministro Maria Elena Boschi, Pierluigi. Gli avvocati dell’ex presidente avevano sollevato le eccezioni di costituzionalità del decreto salva-banche e allo stesso tempo lamentato la mancanza dei requisiti di insolvenza.
Insomma, si tratta del probabile destino della vicenda Banca Marche: una luce più chiara sul cammino che ha portato la più grande banca marchigiana a diventare una voragine di debiti da 500 milioni di euro.