.di ANTONELLA MAUTONE
URBINO – Con tre incontri dal titolo Lutero e i 500 anni dalla Riforma l’Università di Urbino Carlo Bo celebra l’anniversario della rivoluzione religiosa del monaco tedesco. Per due giorni, il 13 e il 14 marzo presso l’Aula Magna del Collegio Raffaello, professori provenienti dalle Università di Urbino, Pisa, Bologna, Roma e Ferrara hanno discusso sull’impatto che la Riforma ha avuto, non solo in campo religioso.
Tra i molti sono intervenuti i professori della Carlo Bo Luca Renzi, professore di Letteratura e cultura tedesca; Andrea Aguti, professore di Filosofia morale. Dall’università di Pisa è arrivato Giuliano Campioni, professore di Storia della filosofia, mentre da Bologna Carlo Gentili, professore di Filosofia. Sono poi intervenuti Paolo Ricca, professore di Storia cristiana e decano della facoltà valdese di Teologia, Piero Stefani, professore di Filosofia della religione a Ferrara, e Andrea Benedetti, docente di Cultura tedesca all’Uniurb.
Tra gli interventi, di fronte ad alcune decine di studenti e cittadini di Urbino, anche quelli di Luigi Alfieri (professore del dipartimento di economia, società e politica dell’università Carlo Bo di Urbino) con un intevento dal titolo La riforma e il concetto moderno di libertà e Guido Dall’Olio (docente presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Urbino) con Lutero e la cultura italiana.
Alfieri nel suo intervento ha spiegato come la riforma di Martin Lutero sia espressione del concetto di libertà intesa in senso moderno. Una libertà non più collegata ad uno status (l’essere maschio e non schiavo), come accadeva nella concezione pre-moderna di libertà, ma riconosciuta a tutti e legata all’affermazione del sé in quanto individuo.
Alfieri spiega al pubblico: “Quest’affermazione non viene fatta da Lutero, come si pensa, con la pubblicazione delle 95 tesi, perché queste sono una denuncia legittima di un abuso, quello delle indulgenze. Non è messa in discussione l’autorità della Chiesa di Roma”. La rottura – continua Alfieri – avverrà solo nel 1519 quando Lutero difenderà il movimento Ussita (movimento riformatore sorto in Boemia nel XV secolo precursore della Riforma Protestante) e dirà che il Concilio di Trento aveva fatto male a condannare al rogo il suo capo Jan Huss. “È in questo momento che Lutero diventa pericoloso per l’ordine costituito: afferma che un eretico può aver ragione e che il Papa e il Concilio possono sbagliare e addirittura peccare, negando l’autorità istituzionale della Chiesa cattolica, affermando che un uomo può avere ragione contro l’autorità legittima e che Dio è dalla parte degli eretici” spiega il professore.
Grazie a questo “Lutero anticipa l’idea espressa da Thomas Hobbes nel ‘600 che il potere può essere legittimato dal basso, è intesa in senso funzionale, e quando questa funzione non è svolta esiste il diritto di resistere all’autorità”.
Il paradosso è che per la riforma luterana non esiste la libertà. “Nel momento – conclude Alfieri – in cui Lutero nega il libero arbitrio lo fa da uomo libero. Perché è in quanto individuo che si oppone all’Imperatore e al Papa. È una manifestazione estrema di libertà”.
Dopo l’intervento di Alfieri, ha preso parte al dibattito Dall’Olio. Al pubblico presente il professore ha mostrato come la figura di Martin Lutero per colpa “dell’abissale ignoranza e della carenza di biografie” sia stata spesso travisata dalla storiografia italiana. Iniziando da Giosuè Carducci che nel 1869 nel suo Inno a Satana ne fa un simbolo dell’anticlericalismo, è visto come “un rozzo, un ubriacone, uno che non era capace di rispettare i voti e per questo si era inventato le sue libertà, per dare sfogo alla lussuria”.
La sua prima monografia su Lutero è addirittura scritta nel 1914 da Franco Fortini, psichiatra allievo di Cesare Lombroso, che riduce la figura di Lutero all’analisi del suo “egotismo”. “È studiato solo attraverso fonti indirette, parziali e cattoliche che non sono certo generose con la figura del monaco tedesco”, spiega Dall’Olio.
Durante il primo conflitto mondiale Lutero, è spesso definito “bestia”, “nordico bevitore di birra”, contrapposto a Savonarola, “santo” perché cattolico e italiano. “È stato l’intellettuale Piero Gobetti che all’inizio del ‘900 per primo ha analizzato la figura di Lutero dal punto di vista sociale ed economico, affermando che in Italia la mancanza di una riforma ha avuto un impatto anche a livello sociale, provocando “un’immaturità ideale e politica”.
Racconta Dall’Olio: “Importante è il racconto che di Lutero ne fa Ernesto Buonaiuti, sacerdote perseguitato dal regime fascista, che per evitare la scomunica della Chiesa cattolica scrisse Lutero e la riforma in Germania. L’opera esprime un giudizio negativo su Lutero ma il lettore ha la possibilità di verificare la valutazione dello storico sui documenti. L’accusa mossa a Lutero sarebbe questa volta quella di ‘Statolatria’ ovvero di aver reso i tedeschi succubi dell’autorità dello Stato”.
Conclude il professore: “Solo nel 1940-1950 abbiamo delle opere più equilibrate che si concentrano sul nucleo religioso del suo pensiero”.