Correndo con bussola e mappa: l’orienteering arriva a Urbino

di ELISABETTA BARBADORO

URBINO – La città ducale invasa da centinaia di persone in divisa sportiva, armate di bussola e mappa, che corrono per le vie del centro alla ricerca dei checkpoint, per completare un percorso a tappe nel minor tempo possibile. Ecco l’orienteering: una disciplina sportiva che coniuga velocità e capacità di muoversi in spazi sconosciuti senza Gps e tecnologia.

Abbiamo deciso di formare una squadra e iscriverci anche noi alla prima tappa dello “Sprint Race Tour”: un campionato nazionale approdato a Urbino lo scorso sabato. A nostra disposizione abbiamo solo i punti cardinali e una mappa priva di riferimenti topografici. Come ogni sport, anche l’orienteering prevede una gara:  vince chi, per primo, riesce a completare un percorso a tappe.

“Proviamoci”, ci siamo detti al momento dell’iscrizione. Così ci registriamo nel percorso per l’attività ludico-motoria: un itinerario più breve e con poche tappe, adatto anche a bambini e famiglie. L’organizzazione ha infatti disposto più percorsi di diverse difficoltà, in linea con le diverse categorie in gara: dagli “esordienti”, un chilometro e mezzo con 45 metri di dislivello; agli “elite”, 4,3 chilometri e 140 metri di salita.

Al momento della partenza ci guardiamo intorno: fisici atletici in divisa da corsa, ogni concorrente ha, legati al dito, una bussola e una chiavetta, la stessa che l’organizzazione ci ha fornito al momento dell’iscrizione. Abbiamo scoperto che ogni tappa del percorso è contrassegnata da una bandierina in prossimità della quale è posizionato un dispositivo elettronico: la chiavetta è dotata di microchip e avvicinandola al dispositivo ci si registra nella tappa con un “bip”. Per completare il percorso bisogna registrarsi presso tutte le tappe previste nella mappa, nessuna esclusa. Pena: la squalifica.

Si parte: per un’incomprensione con l’addetto alle partenze ci viene fornita la mappa del percorso “Direct”, categoria superiore: percorso più lungo, maggiore dislivello e più tappe da raggiungere. Contiamo sul percorso undici tappe: “Ogni tre, una sosta al bar” propone uno di noi.

Iniziamo passeggiando e subito ci rendiamo conto che siamo sprovvisti di bussola: possiamo solo avvalerci della conoscenza della città. Intorno a noi tutti in corsa alla ricerca dei checkpoint, le tappe del percorso, con un occhio alla bussola e uno alla mappa.

Riusciamo a raggiungere i primi checkpoint senza difficoltà. Partiti da via San Domenico, vicino alla facoltà di Scienze Politiche, la mappa ci propone un percorso ad anello, con arrivo davanti al Duomo. Passiamo per via delle Mura, via Bramante e saliamo fino alla Fortezza Albornoz. Forti della nostra conoscenza del territorio, azzardiamo percorsi fuori-pista: proviamo a tagliare per un prato vicino al parcheggio di Mercatale per raggiungere la sesta tappa, davanti al teatro Sanzio, ma siamo costretti a tornare indietro per un’impervia salita tra l’erba alta. Altri problemi con il nono checkpoint: scambiamo una strada per un’altra, parallela. Perdiamo tempo.

Dopo un’ora di sali-scendi per i vicoli di Urbino, coi polpacci doloranti (e abbiamo solo camminato), arriviamo alla meta. Fine del percorso. Guardiamo l’orologio, poco più di 60 minuti. Non male, pensiamo. Poi scopriamo che il migliore della nostra categoria ha tagliato il traguardo in soli 17 minuti. Decidiamo di consolarci con una dodicesima, improvvisata, tappa extra-percorso, il bar del teatro. Così la nostra giornata finisce con un (im)meritato aperitivo.