Mazzoli: “Così i musei social si stanno riavvicinando alla gente”

lella mazzoli
di PATRIZIA BALDINO

URBINO – Sul sito del Festival si legge che ormai l’evento è entrato in una fase di maturità. Cosa è cambiato rispetto alle edizioni precedenti e quale sarà il tema su cui vi concentrerete?
Siamo arrivati alla quinta edizione, ormai abbiamo capito su quali argomenti concentrarci per poterli anche migliorare. Quest’anno abbiamo deciso di specializzarci su due percorsi differenti. Uno riguarda, come sempre, il giornalismo e la cultura. L’altro, che è la vera novità, è dedicato ai modi di raccontare il nostro patrimonio culturale e artistico. Questa scelta nasce dal nostro desiderio di espanderci nel territorio marchigiano, in modo da coinvolgere ancora di più i residenti. Infatti il Festival non avrà una sola sede: sarà a Urbino come sempre, ma ci sposteremo anche a Pesaro e a Fano. Un patrimonio che spesso noi italiani ‘maltrattiamo’. Durante i cinque giorni del Festival sarà possibile visitare, a Pesaro, la mostra ‘L’arte da salvare. Viaggio nel patrimonio artistico italiano, tra passato e futuro’, a cura di Mauro e Lorenzo Vallinotto e dell’Ansa.

C’è un luogo che le sta particolarmente a cuore e che secondo lei è da riscoprire?
Non posso non nominare le Marche, la mia regione. Credo che abbia dei territori straordinari e ricchi di bellezza che tuttavia non sono apprezzati come dovrebbero. Purtroppo il turismo si concentra quasi esclusivamente sulle città grandi e famose, come Roma e Firenze, dimenticando di visitare anche posti più piccoli ma che sono ugualmente ricchi di arte e storia. La riscoperta di questi luoghi è molto importante.

In questa edizione si parlerà molto del rapporto tra musei e nuove tecnologie e tra musei e comunicazione. C’è stato un rinnovamento in questa relazione? La capacità di avvicinare il pubblico è migliorata?
Posso rispondere con soddisfazione che sì, è migliorata. Rispetto a cinque anni fa, i musei sono riusciti a espandere il loro modo di comunicare. Come testimonia la mia ricerca, fatta con il laboratorio Larica, i centri culturali si sono attrezzati per raggiungere un pubblico più ampio e giovane. Per farlo è stato fondamentale l’utilizzo dei social network. La conoscenza tradizionale si è unita a modi di presentarsi più immediati, come instagram. Certo, non tutti i musei hanno raggiunto questo risultato. Questo perché è necessaria la presenza di esperti e professionisti; per usare i social network bisogna avere delle competenze specifiche.

Come le sembra il rapporto degli italiani con le informazioni culturali?
Credo che sia aumentata la curiosità, soprattutto tra i più giovani. Ci sono più visite ai musei, si leggono gli inserti culturali e si ricercano i dettagli delle notizie. Rispetto a prima mi sembra che ci siano più curiosità e desiderio. E questo secondo me è stato possibile grazie anche alla Legge Franceschini, che ha portato alla luce la voglia e l’entusiasmo di visitare posti nuovi.

Anche quest’anno ci sono tre concorsi dedicati ai giornalisti, ai praticanti e infine agli studenti delle scuole superiori. Lei sarà giurata proprio in quest’ultimo. Cosa spera di leggere tra le righe degli articoli di chi partecipa?
Mi auguro di poter trovare autori che possiedano originalità e capacità comunicativa e che siano in grado di raggiungere con i loro scritti pubblici diversi. Vorrei fossero in grado di trasportarmi ‘dentro la storia’.

Quali sono, invece, i suoi consigli per chi vuole occuparsi di giornalismo culturale?
Leggere, leggere, leggere. Osservare e riflettere. Azioni valide in ogni settore del giornalismo, ancora di più in quello culturale.