L’ambasciatore Ue Vygaudas Usackas: “Sulla Siria Putin chiederà una mano all’Europa”

di ANTONELLA MAUTONE

URBINO – A 60 anni dalla firma dei trattati di Roma, Vygaudas Usackas, ambasciatore dell’Unione Europea in Russia e in Afghanistan e direttore dell’Istituto Europeo di Kaunas, traccia un bilancio positivo sullo stato dell’Ue. Nella giornata dedicata a “Urbino città Unesco”, l’Aula magna del Rettorato si è riempita di studenti e docenti venuti ad assistere al convegno dal titolo “Eu foreign policy in a World in transition” (politica estera europea in un mondo in transizione). L’ambasciatore è stato intervistato da Antonello Zanfei, coordinatore del dottorato di ricerca in “Global studies: energy, society and law”: l’incontro è stato introdotto dal rettore dell’università di Urbino Vilberto Stocchi.

Il titolo della conferenza potrebbe rappresentare un paradosso di per sé. Per tutti questi anni, infatti, l’Europa è stata unita da uno stesso territorio e in parte da una stessa moneta ma mai da una politica estera o una politica militare comune: “Finora abbiamo avuto una politica militare comune molto debole, sia a causa della nostra alleanza con gli Stati Uniti (la Nato, ndr) sia per mancanza di fondi. Finalmente sono stati stanziati quattro miliardi di euro e Federica Mogherini ha firmato la “Pesco” (cooperazione strutturata permanente).

Secondo il diplomatico questo “passo avanti” unito ad una nuova politica estera comune rafforzerà il senso di identità e di orgoglio ancora assenti nei cittadini europei.

Una politica estera che deve adattarsi a un mondo in transizione, sempre più interconnesso e policentrico che vede il declino delle vecchie potenze economiche e la nascita di nuove. Per Usackas questa transizione è un’occasione per l’Ue per diventare protagonista sulla scena politica mondiale ma anche una sfida perché altri Paesi vorrebbero riprendere quel ruolo.

L’ambasciatore racconta di quando è stato chiamato per favorire la cooperazione tra Unione Europea e Russia, un progetto andato in fumo con la guerra in Ucraina: “Al momento dell’elezione di Trump tutti si aspettavano che il presidente Usa togliesse le sanzioni alla Russia. La risposta dell’Ue dovrebbe essere una sola, quella di mantenerle”.

Scelte differenti devono essere fatte anche in altri campi: “Anche se Trump è uscito dagli accordi di Parigi sul cambiamento climatico, dall’Unesco e ora ha annunciato che uscirà anche dal Nafta (l’accordo di scambio con Canada e Messico, ndr), noi europei dobbiamo ricordarci che rispettiamo le regole, le norme, il diritto stabiliti dalle grandi organizzazioni internazionali, gli stessi che ci hanno permesso di vivere in pace”.

Parlando da cittadino lituano Usackas sostiene che la riconciliazione tra i paesi baltici e la Russia è molto lontana: “Sono piuttosto pessimista, finché Putin è al potere niente cambierà. Ha compiuto l’annessione illegale della Crimea perché ha fatto credere al suo popolo che la Russia è un Paese circondato da nemici facendo rinascere in loro un sentimento di orgoglio patriottico. Questo messaggio passa quando non viene data libertà di espressione ai media indipendenti e all’opposizione politica”.

Riguardo alla situazione siriana “la Russia è riuscita ad avere un ruolo strategico, ma non ci sarebbe riuscita senza l’Europa perché quella siriana è una situazione complicata. Putin chiederà ulteriori aiuti da qui a pochi anni” prevede.

Altro punto caldo della politica comune è l’immigrazione. L’ambasciatore sostiene che può diventare un problema se resta incontrollata. “Prima l’immigrazione poteva minare la stabilità dell’Unione perché non eravamo pronti e non avevamo il controllo delle frontiere. Quando gli italiani non sono stati ascoltati dagli altri Paesi per la gestione dei migranti e nella divisione delle quote è venuta a mancare la solidarietà tra i Paesi dell’Ue. È un problema che dovremo affrontare”, ha detto.

L’ambasciatore è quindi sicuro che proprio grazie al ruolo d’intervento esercitato in Paesi come l’Afghanistan “con noi ora sette milioni di bambini vanno a scuola” e che l’Ue possa assumere la veste di mediatore nelle questioni politiche più spinose.

“Forse per il caso della Corea del Nord l’Europa non può fare nulla ma in passato il lavoro della Mogherini è riuscito ad impedire che l’Iran sviluppasse la sua capacità nucleare”, ha detto Usackas.

Un altro fattore che può favorire il ruolo strategico di mediatore politico è l’instabilità della politica estera di Trump che, come gli ricorda il professor Zanfei, a dispetto della soluzione dei due Stati auspicata dalla Mogherini, ha riconosciuto il solo Stato d’Israele.

“Non dobbiamo fare quello che dicono gli Stati Uniti. Rispettiamo i principi dello Stato di diritto e delle norme internazionali. Dobbiamo guidare gli altri Paesi con il nostro esempio. La storia ci dirà chi aveva ragione”, ha concluso.