di YURI ROSATI
URBANIA – Abbattere le barriere a suon di canestri. È partito domenica 14 gennaio a Urbania il campionato regionale di baskin: uno sport con le stesse regole di base della pallacanestro, nel quale giocano fianco a fianco disabili e normodotati di entrambi i sessi. Nella prima giornata si sono sfidate sei squadre: Lupo Pesaro, Bees Pesaro, Baskin Fanum, Vikings Fermignano, Doubleface Urbania e Pantarei Urbino.
Il termine che dà nome al gioco sta per basket integrativo. Lo sport è un’eccellenza nata in Italia: è stato inventato a Cremona nel 2003 da Antonio Bodini, ingegnere e padre di una figlia disabile, e dal professore di educazione fisica Fausto Capellini, i quali hanno pensato a delle regole per valorizzare la disabilità. Non a caso i canestri dei giocatori con handicap valgono di più degli altri.
La prima cosa che colpisce osservando il campo è che oltre ai due canestri tradizionali ce ne sono altri quattro ai lati del campo in corrispondenza della linea mediana. Attorno a questi c’è un’area protetta delimitata con del nastro adesivo bianco: è il regno dei pivot, i giocatori con disabilità psichiche o motorie gravi, che in questa parte di campo hanno la possibilità di tirare senza essere disturbati dagli avversari.
Come nel basket ogni squadra è composta da cinque giocatori. A ognuno dei quali è assegnato un numero specifico, in base alle capacità tecniche e fisiche: la casacca numero uno è riservata ai pivot con totale disabilità motoria, mentre i giocatori con un handicap grave che tuttavia non ne compromette la mobilità sono classificati come numeri due. Il numero tre è definito borderline: il suo handicap è lieve e l’atleta non ha bisogno di un’area protetta per giocare ma può muoversi liberamente per il campo, marcato dal corrispettivo della squadra avversaria. Gli ultimi due componenti, il quattro e il cinque, sono normodotati. In particolare il cinque è un giocatore con esperienza, mentre il quattro è alle prime armi.
“Questi ruoli non sono fissi – spiega Marcella Monti, arbitro e allenatrice della Lupo Pesaro – ma c’è la possibilità di migliorare nel tempo. Quindi si cresce e non ci si affida alle diagnosi cliniche o al tipo di disabilità che ha il giocatore, ma a quello che ognuno sa fare”. Nel quintetto schierato in campo ogni squadra deve avere almeno un pivot e un borderline. Fondamentali poi anche le quote rosa: senza ragazze non si gioca. “Altra regola importante per coinvolgere tutti – aggiunge la Monti – è che una volta messi a segno tre canestri un giocatore esaurisce la possibilità di segnare punti. A quel punto le possibilità sono due: o dà il cambio a un compagno o continua a giocare, ma da quel momento i suoi canestri varranno zero”.
Sugli spalti a fare il tifo le famiglie e gli amici degli atleti. Per loro non è il punteggio che conta, ma la gioia che si legge sugli occhi dei giocatori. “È la vittoria più grande”, dicono. Il perché lo spiega una ragazza appena uscita dal campo al termine della partita: “Il baskin non serve soltanto per fare amicizia, ma per dimostrare che tra disabili e normodotati non ci sono differenze: siamo tutti uguali”.