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I “palloni gonfiati” del Pieve di Cagna, sponsor del calcio e dirigenti imputati per fatture false

di ELISABETTA BARBADORO

URBINO-  Viene chiamato “Pallone gonfiato” e sembra essere rimbalzato fino a Urbino. Si tratta di un sistema piuttosto diffuso nel calcio dilettantistico: gli sponsor finanziano una squadra ma la società sportiva restituisce parte del denaro. Un meccanismo illegale che consente di ricavare benefici fiscali e che ha portato sul banco degli imputati centinaia di imprenditori e dirigenti sportivi in tutta Italia. A Urbino 15 imprenditori, il titolare della filiale urbinate del Monte dei Paschi e quattro dirigenti della società sportiva Asd Pieve di Cagna, devono rispondere, a vario titolo, di accuse che vanno dall’emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti all’utilizzo indebito di carte di credito. Un giro d’affari, secondo la Procura, che supera nel complesso i 200.000 euro. Per tutti, la pm Irene Lilliu ha chiesto il rinvio a giudizio. Uno degli imputati, il segretario di Asd Pieve di Cagna, Tiziano Pieri, ha chiesto il patteggiamento.

Gli imputati

Gli imputati sono, tra i dirigenti, Lorenzo Ceccarini e Marco Trombetta, rispettivamente presidente e vice presidente della società, Tiziano Pieri, segretario, e il direttore sportivo Marco Lucarini. Con loro gli imprenditori Otello Battistelli, titolare di Otello Battistelli Snc, Graziano Baldolini, titolare della BST srl, Mirco Gregori, titolare dell’impresa Eletrom,  Patrick Ligi, di Geostudio Ligi srl, Roberto Bartolucci, della macelleria F.lli Bartolucci snc, Vittorio Romagnoli, titolare di Romagnoli Arredi srl, Renzo Romagnoli, di Romagnoli Renzo e Gosti Aurea snc e i titolari delle imprese individuali omonime: Raffaele Bova, Stefano Carloni,  Luigi Duranti, Simone Falconi, Paolo Gostoli, Imridin Mackaj, Mattia Santini e Giuseppina Topi. Chiesto il rinvio a giudizio anche per Aurelio Lucadamo, titolare della filiale di Urbino del Monte dei Paschi di Siena.

La requisitoria

Nell’udienza preliminare, in conclusione delle indagini condotte dalla Guardia di finanza, Lilliu ha parlato di “un sistema fraudolento”, attivo tra il 2010 e il 2012, attraverso il quale alcuni sponsor della squadra di calcio, dopo aver erogato finanziamenti alla società con regolari contratti, avrebbero recuperato parte della somma attraverso assegni e carte di credito intestate ai giocatori, fino a costituire un vero e proprio “flusso di ritorno”.

Assegni, carte e firme false

I finanziamenti erano erogati con mezzi tracciabili e regolari contratti di sponsorizzazione. La società, secondo Lilliu, incassava le quote per poi staccare, in un primo momento, assegni intestati ai giocatori, emessi dalla Banca di credito cooperativo Metauro dove lavorava il vice presidente della società Marco Trombetta (tra gli imputati). L’anno successivo il metodo è cambiato: al posto degli assegni sarebbero state utilizzate carte di credito prepagate, attivate dalla filiale urbinate della banca Monte dei Paschi di Siena. Gli assegni o l’importo delle carte venivano cambiati in contanti a distanza di breve tempo per poi essere, secondo la Procura, restituiti all’azienda sponsor. I giocatori, però, durante le indagini, hanno dichiarato di non essere al corrente di questo sistema, e la perizia calligrafica ordinata dal pubblico ministero ha evidenziato che le loro firme sulle girate degli assegni, i documenti di riscossione e l’attivazione delle carte prepagate, non sono autentiche.

Durante una perquisizione a casa di Tiziano Pieri, le fiamme gialle hanno trovato un file salvato nel pc che è stato ritenuto rilevante per le indagini: si tratta di un foglio di calcolo contenente un preciso rendiconto dove, per ogni sponsor, era indicata la quota di finanziamento, la somma da restituire e il rapporto tra i due dati. I fatti risalgono al periodo tra il 2010 e il 2012; secondo la Procura era in atto un sistema di “sovrafatturazione qualitativa” che permetteva agli imprenditori sponsor di pagare meno tasse, ottenendo sgravi fiscali e il recupero dell’iva, e alla società sportiva di beneficiare comunque di una parte dei finanziamenti.

La difesa

Ma il foglio Excel, secondo i legali degli imputati, non può essere usato come prova perché riporta alcune somme sotto la voce “da restituire”. Per questo hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari di non procedere col rinvio a giudizio: non ci sarebbero le prove materiali che quelle somme sono tornate al ‘mittente’, cioè l’ultimo passaggio di denaro dalle mani dei giocatori a quelle degli imprenditori.

Il giudice per l’udienza preliminare, Vito Savino, durante l’udienza del 24 gennaio, ha emesso un’ordinanza con la richiesta al Pubblico ministero di integrare i capi di imputazione con ulteriori elementi e di chiarire i ruoli di alcune persone coinvolte. A quel punto, il pm presente in aula, il procuratore capo di Urbino Andrea Boni, ha chiesto il rinvio, concesso dal gup che ha disposto la prossima udienza il 16 febbraio.