Assoldò camorristi per recupero crediti. In nove a processo per estorsione

di FEDERICA OLIVO

URBINO – Per recuperare i soldi che aveva prestato, invece di rivolgersi a un tribunale, ha chiesto aiuto a un’organizzazione camorristica. C.M., un imprenditore di Petriano, si è rivolto a una società di recupero crediti, la Ises, con sede a San Marino, ‘gestita’ da Francesco Vallefuoco. I suoi sistemi, infatti, erano molto più diretti di una causa legale: per ottenere il denaro, i membri dell’organizzazione minacciavano le persone e le aggredivano. Era già successo in Romagna e, secondo l’accusa, lo stesso metodo è stato usato anche da un imprenditore della provincia di Pesaro e Urbino.

È iniziato il 7 febbraio, al tribunale di Urbino, il processo contro nove imputati. Oltre al creditore, sono accusati di tentata estorsione, minacce e lesioni aggravate Francesco Vallefuoco, originario della Campania ma attivo nella zona di San Marino e di Rimini, già in carcere perché condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, dopo l’inchiesta Vulcano. Secondo i giudici, infatti, la sua era un’organizzazione di tipo camorristico. Sono già detenuti, per lo stesso motivo, anche altri due imputati in questo processo: Salvatore Lionetti e Pasquale Perrone, collaboratori di Vallefuoco.

I fatti risalgono al 2010. “La parte lesa, un imprenditore di un paese della zona – spiega il procuratore di Urbino, Andrea Boni – aveva un debito di diverse decine di migliaia di euro. I soggetti a cui il suo creditore si era rivolto per ottenere la restituzione del denaro hanno più volte minacciato la vittima. Due di loro un giorno si sono presentati nella sede della sua azienda e l’hanno aggredito, per questo motivo sono accusati anche di lesioni personali”.

All’inizio si era occupata della vicenda la Direzione distrettuale antimafia di Bologna: c’era infatti il sospetto che anche in questo caso il metodo utilizzato fosse mafioso. “I magistrati bolognesi, però, ne hanno escluso la presenza. Per questo motivo il processo si svolgerà al tribunale di Urbino”, spiega Boni.

Durante la prossima udienza, in programma per il 17 ottobre, saranno ascoltati i testimoni dell’accusa. Il dibattimento proseguirà il 7 e il 21 novembre.

Il ‘clan’ Vallefuoco

Meno conosciuto a Urbino, il nome di Francesco Vallefuoco – e delle persone che collaboravano con lui – è noto in Romagna, dove nel 2008 è iniziata l’inchiesta Vulcano. I primi arresti sono scattati nel 2011. Il processo, durato anni, si è concluso in Cassazione nell’autunno del 2017. Le condanne per estorsione sono state confermate per quasi tutti gli imputati. Solo per tre è stato disposto il rinvio. Per l’altro filone dell’inchiesta si sta ancora svolgendo il processo a Rimini.

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“Questi soggetti, collegati con i clan camorristici, operavano tra la Romagna, San Marino e le Marche. Attraverso l’Ises, una società di recupero crediti, utilizzavano metodi violenti per chiedere denaro per conto delle persone che si rivolgevano a loro. Alle minacce e alla violenza spesso si aggiungeva anche l’usura”, spiega Patrick Francesco Wild che nel processo Vulcano è stato avvocato di Sos Impresa, che si era costituita parte civile. In concomitanza con l’inchiesta nata in Romagna, i giudici hanno iniziato ad indagare anche in Campania. “Le inchieste Titano e Staffa hanno riguardato numerosi soggetti, accusati di riciclaggio di denaro sporco, associazione mafiosa e spaccio di droga. Per il primo capo d’imputazione sono già arrivate le condanne definitive”, sostiene l’avvocato.

Tra le attività illecite realizzate nella provincia di Pesaro e Urbino – e accertate dall’inchiesta Vulcano 2 – anche “la spartizione di un complesso di ville costruite a Monte Grimano Terme. Erano cinque e i soggetti coinvolti nell’inchiesta avrebbero voluto dividersele”, conclude Wild. Nella stessa operazione furono arrestati anche due urbinati, l’imprenditore Francesco Agostinelli, imprenditore ed esperto di finanza già coinvolto nei fatti di “Vulcano”.