di MATTEO DE RINALDIS
URBINO – “Ogni volta che piove mi affaccio alla finestra e ho paura che possa succedere di nuovo”. A parlare è Pierangelo Biagiotti, titolare di un noto ferramenta a Canavaccio, frazione nella zona sud di Urbino. Nel febbraio del 2016 il garage di casa sua è stato sommerso da un’ondata d’acqua fuoriuscita da un chiavicotto comunale. Ottanta centimetri di melma e un danno stimato di 48.000 euro. Soldi che però l’assicurazione non ha mai risarcito.
La motivazione è sempre la stessa usata nel caso della morte di Rita Buccarini, un evento straordinario e non prevedibile: “Il Comune di Urbino sarebbe anche disposto a risarcire – spiega l’avvocato Alfredo Bartolucci – ma l’assicurazione sostiene che quella pioggia sia stata un evento
eccezionale e che dunque non è tenuta a pagare”. L’assicurazione sostiene infatti che in quel giorno la pioggia caduta non ha avuto precedenti. Una versione smentita però dai dati prodotti dalla parte lesa: “Abbiamo presentato delle statistiche che evidenziano quanto questa visione delle cose sia errata. Secondo i dati dell’Istituto Serpieri di Urbino, il 6 febbraio (giorno dell’allagamento, ndr) sono caduti 66 millimetri di acqua, mentre nel maggio del 2015 ne erano piovuti 88″.
La compagnia assicurativa all’epoca dei fatti era la Ariscom, da luglio messa in amministrazione straordinaria dal ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda per “gravi irregolarità e gravi perdite patrimoniali”. A segnalare le irregolarità dell’assicurazione era stata l’Ivass, l’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni.
Ma non era la prima volta che la casa di Biagiotti si allagava dopo un nubifragio. Pochi anni prima, nel 2011, l’iter per il risarcimento è stato lo stesso, con un’unica, significativa, differenza: i soldi sono arrivati. “In quel caso – racconta Bartolucci – siamo riusciti a ottenere la cifra che ci spettava. Il Comune aveva riconosciuto la colpa e l’assicurazione aveva ripagato i danni, anche se parliamo di un’altra società assicuratrice”. Durante i lavori per ripulire l’area, i vigili del fuoco avevano evidenziato la scarsa manutenzione del tombino: “Le griglie non erano mai state pulite, all’interno erano stati trovati dei rami e altro materiale che aveva intasato il sistema di captazione dell’acqua”.
Per recuperare i 48.000 euro della discordia, Biagiotti ha dovuto così denunciare il Comune. “Secondo l’articolo 2051 del codice civile dobbiamo chiamare in causa il Comune in quanto proprietario del tombino”. Durante la prima udienza, fissata a marzo, il Comune si presenterà in tribunale e chiamerà in causa l’assicurazione per essere manlevato dell’accusa, ossia tenuto indenne, di ogni risarcimento che dovesse spettare al danneggiato. A quel punto, l’assicurazione avrà un tempo tecnico di 90 giorni per preparare la difesa e presentarsi in aula per l’udienza successiva, quindi luglio o dopo l’estate a seconda del calendario del tribunale. Per difendersi dall’accusa, l’amministrazione comunale ha pubblicato nell’albo pretorio comunale una determina in cui cerca un avvocato che rappresenti il Comune davanti al giudice.