di MATTEO DE RINALDIS
URBINO – Ce l’ho, ce l’ho, mi manca. Nella rosa dei comuni favorevoli a fondersi con Urbino, la città ducale perde per strada il petalo più grande e più ricco, Petriano. Il sindaco della città Davide Fabbrizioli chiude la porta all’unione. “Al momento – dice il primo cittadino – non prendo nemmeno in considerazione l’idea. Prima bisogna risolvere le difficoltà che ci sono. Con Urbino 2 ci hanno creato un problema; c’è un piano di riqualificazione che è fermo da parecchi anni”.
Urbino 2 ospita 1000 persone, 400 famiglie tra albanesi, macedoni, marocchini, subsahariani e tunisini: “Gli extracomunitari non sono integrati nel territorio – racconta Fabbrizioli – e lo confermano anche gli operatori sociali che ci lavorano, il degrado è sotto gli occhi di tutti”.
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Un no secco nonostante il sindaco riconosca i benefici di una fusione: “Il nome di Urbino è spendibile in tutto il mondo, porterebbe grande visibilità al nostro territorio. I vantaggi economici sono innegabili, anche se legati a un breve periodo di tempo”.
“Prima di andare avanti – conclude Fabbrizioli – bisogna parlare di aggregazione di servizi. In questa maniera è come andare a un matrimonio senza vedere la sposa. Ma al momento la sposa non si trova nemmeno”.
Nonostante il gran rifiuto, Urbino cerca di tenere la porta aperta: “Noi rimaniamo a disposizione, ma bisogna trovare un percorso condiviso – spiega il sindaco Maurizio Gambini -. I nostri cittadini sanno che la fusione è un fattore molto positivo e lo hanno dimostrato nel caso di Tavoleto, quando l’82,5% votò a favore”. Ma a far naufragare l’unione furono i cittadini del piccolo comune con il 70,46% di voti contrari.
Sul degrado di Urbino 2, però, Gambini concorda con Fabbrizioli: “Giustamente sono scettici, gli abitanti di Petriano sono quelli che hanno subito più di tutti questa situazione. Sono 20 anni che si parla di risanare quel territorio e della sua trasformazione e nessuno ha fatto nulla. Deve diventare un quartiere come un altro, dove ci abitano italiani e una percentuale di extracomunitari”.
Sulla situazione di Urbino 2, il sindaco rivendica i risultati della sua Amministrazione: “Abbiamo sbloccato i finanziamenti per la riqualificazione. Parliamo di un milione e mezzo di euro solo per la parte urbanistica. Sono miglioramenti che prescindono dalla fusione e che vogliamo dare alla comunità del Gallo che per 20 anni ha subito l’impatto con questo quartiere degradato”.
Paolini (Isola del Piano): “Serve una visione unica”
Chi invece è d’accordo con la fusione è il sindaco di Isola del Piano, Giuseppe Paolini, che si è detto favorevole a un’unione con Urbino per la prima volta in un’intervista rilasciata al Resto del Carlino. Una presa di posizione che ha avuto anche qualche spiacevole ripercussione: “Dopo la mia apertura ho ricevuto anche minacce da parte di alcuni rappresentanti dei comuni vicini. Ma se proprio devo scegliere, Urbino è l’opzione migliore”. Una fusione che però non si farebbe soltanto per i finanziamenti previsti dalla legge: “Non deve essere fatta soltanto per i soldi – dice al Ducato -. Oramai tanti centri si uniscono solo per questo motivo. Ma una volta finiti cosa rimane? Io sono contrario alle fusioni per motivi economici, serve stabilire una meta unica verso cui andare”.
Ma oltre a qualche ammiccamento con interviste sui giornali locali, una discussione istituzionale non è mai partita: “Ne ho parlato con Gambini davanti a un bicchiere di vino ma niente di più. Prima bisogna prospettare ai cittadini quali sono i benefici di una fusione. Poi starà a loro decidere”.
Sestili (Pd): “Iniziativa che deve partire dal basso”
L’idea che la fusione debba partire non dalla politica, ma dal basso è condivisa anche da Piero Sestili, capogruppo del Partito democratico in Consiglio comunale: “Serve un processo che non sia percepito come imposto, ma guidato e sollecitato dalla popolazione”. Per farlo, Sestili avanza una proposta “originale”: “Le Amministrazioni interessate si incontrino e finanzino con delle borse di studio studenti dell’Università di Urbino per fare studi di fattibilità dal punto di vista socio-economico per capire vantaggi e
svantaggi in caso di una fusione. Sarebbe un’iniziativa non impegnativa e fornirebbe dei dati che nemmeno gli amministratori hanno. È giusto partire dai giovani, perché sono loro che coglieranno i frutti di una fusione”.
Una proposta che ricorda quella messa in piedi dall’Università di Urbino per rilanciare il comune di Sant’Angelo in Vado. Come in quel caso, l’analisi non si dovrebbe fermare solo agli aspetti economici ma dovrebbe valutare anche il sentimento dei residenti: “La ricerca dovrà essere indirizzata per capire il pensiero comune dell’anima della città”
Se Fabbrizzioli non vede al momento possibile l’unione, per il capogruppo Pd la fusione a tre completerebbe il nuovo centro: “Con Petriano la nostra città acquisirebbe lo spirito imprenditoriale che le manca, mentre Petriano guadagnerebbe un appeal culturale e turistico che non ha.
Isola del Piano punta su un’economia molto green che si integrerebbe molto bene con quella di Urbino e potrebbe nascere una sinergia interessante”.
Ma secondo Sestili, in ogni discussione su un eventuale fusione c’è sempre un grande assente: Fermignano. “Dalla piazza di uno vedi la piazza dell’altro – ride Sestili -. Siamo un territorio omogeneo per cultura e interazioni economico sociali”.
Fermignano però risponde picche. Emanuele Feduzi, fresco di festeggiamenti per il bicentenario dalla separazione da Urbino, liquida con una battuta questa ipotesi: “L’argomento non ci riguarda, abbiamo altro a cui pensare. Ma se Urbino vuole darci Canavaccio noi siamo contenti”.
Dove spendere i soldi
La legge sulle fusioni dei Comuni prevede un finanziamento straordinario di due milioni l’anno per 10 anni. “Sono cifre – spiega Gambini – che per comuni così piccoli sono un’enormità, sarebbe una bestemmia non fondersi. I primi investimenti riguarderebbero le infrastrutture. Con questi soldi si può cambiare completamente il volto di un territorio, migliorerebbe la vivibilità della gente e ci sarebbe la possibilità di abbassare i costi di alcune tariffe”. Secondo Gambini, la “nuova” Urbino diventerebbe fondamentale anche per mantenere i rapporti di equilibrio con la costa: “Chi si unisce a noi diventa co-capoluogo di provincia. E avere una città più grande e con più abitanti diventerebbe un buon contrappeso e un punto di riferimento per tutto l’entroterra”.
“I primi investimenti dovrebbero riguardare le infrastrutture – afferma Sestili – a cominciare dalla rete stradale. Dopo si possono valorizzare le eccellenze dei territori che si uniranno a noi: investire i soldi sul biologico per Isole dal Piano, puntare sul turismo per gli impianti termali di Petriano”.
Il tema della viabilità trova d’accordo anche il sindaco Paolini: “Quasi l’80% dei nostri ragazzi studiano a Urbino. La mattina per andare a scuola devono prendere due mezzi, bisognerebbe migliorare il collegamento”.
Ma il grande sogno di Paolini è quello di creare a Isola del Piano, che in caso di fusione tornerebbe Isola di Urbino come era nel Settecento, un polo di risonanza mondiale nel campo del biologico: “Sarebbe interessante aprire una scuola di alta formazione agricoltura biologica e biodinamica, in collaborazione con l’Università di Urbino. La sede potrebbe essere Palazzo Castiglioni (oggi Bartolini), un edificio del ‘400 che i Montefeltro cedettero ai duchi di Mantova nel 1574. I soldi dovrebbero essere utilizzati per riportarlo all’antico splendore”.