URBINO – Arte e tecnologia digitale, un tempo mondi lontani, oggi provano a incontrarsi e a dialogare. Parlano linguaggi differenti, ma non inconciliabili e lo sforzo potrebbe regalare grandi sorprese a entrambi. Tante le cose che possono imparare l’uno dall’altro, come molte sono le “vie digitali” che può intraprendere la conoscenza. Ce ne indica alcune Luca De Biase, responsabile di Nòva24, l’inserto dedicato all’innovazione de Il Sole 24 Ore.
Cosa la Rete può imparare dal museo e cosa il museo dalla Rete?
La rete è cresciuta e non cessa di innovare. Uno degli argomenti su cui ci sono opportunità è la qualità dell’informazione e della conoscenza che si trova in Rete. Occorre attualizzare il metodo che è stato sviluppato dalle organizzazioni che si sono occupate tradizionalmente del discernimento della qualità della conoscenza, tra le quali ci sono i musei. Le piattaforme attuali mancano di strumenti per incentivare il senso critico, la verifica delle fonti, il metodo della completezza e della indipendenza della ricerca, e così via. Ma sanno come si ingaggiano le persone con tecnologie persuasive.
Si pensa a piattaforme su cui far circolare contenuti culturali, che possano far vivere le opere anche fuori dal museo. Una sorta di Facebook ma ‘di settore’?
Più si usano forme di fruizione digitale per le opere museali, più si prova la tentazione di svincolare almeno in parte l’esperienza culturale dalla presenza fisica al museo. Ma non è necessariamente una buona idea. In realtà, si può sviluppare esperienza di relazione tra il museo e il pubblico prima, durante e dopo la visita. Sia usando le piattaforme esistenti, come già moltissimi musei fanno, sia cercando di sviluppare piattaforme ulteriori. La formazione a distanza, la collaborazione tra scuole, università, musei, biblioteche, archivi e persino giornali, su questo fronte, potrebbe riservare interessanti sorprese.
E’ possibile immaginare che un giorno i musei virtuali, magari a realtà aumentata, sostituiranno la classica visita di persona?
È certamente possibile immaginarlo. Ma non è obbligatorio progettarlo. È evidente che la simulazione digitale, per essere interessante, non ha bisogno di aspirare a sostituire il luogo fisico che intensifica l’esperienza, aggiunge avventura e sorpresa, garantisce autenticità. Può al contrario essere pensata per aumentare la forza della trasmissione di conoscenza che il museo si propone di generare.