Guardando le colline ricoperte di fiori alle porte di Montecchio è difficile immaginare che 70 anni fa quei prati verdi siano stati un campo di battaglia: ci vollero anni a sminare i campi e a rimuovere le fortificazioni che provocarono centinaia di morti in pochi giorni. Nel 1944, poco prima della liberazione dal nazi-fascismo, quelle colline erano solcate da barricate, campi minati, fortini in cemento armato e filo spinato. Prima dell’estate i soldati tedeschi avevano rimosso cannoni da 88 millimetri da carri armati morenti e li avevano posizionati sulle torrette che correvano lungo le fosse delle trincee. A sfondare quelle linee furono reggimenti canadesi e inglesi, che però subirono molte perdite.
Guardando l’erba tagliata corta è ancora più difficile pensare che un tempo, su quelle colline, inermi nel fango come i bossoli dei loro fucili Thompson, giacevano i corpi di soldati poco più che adolescenti. A ricordare quelle battaglie ci sono le lapidi bianche del cimitero militare di Montecchio, costruito proprio sul crinale in cui gli alleati sfondarono le prime fortificazioni nemiche. Le tombe sono così composte da sembrare un reggimento sull’attenti: insieme allo stemma della propria nazione, ogni lapide riporta nome ed età dei caduti. In pochi superano i 24 anni tra i non ufficiali; uno di loro, C. Radtke, aveva solo 20 anni quando è venuto a morire a diecimila chilometri di distanza da casa: “Rest in peace” è inciso sulla sua lapide. Ma in altre tombe ci sono anche dediche personali fatte dai parenti. Una di loro recita in inglese: “Tanto amato in vita, quanto rimpianto in morte”. In mezzo al cimitero c’è una piccola cappella che al suo interno conserva il diario delle visite. Tanti i ricordi lasciati da studenti, visitatori e parenti dei soldati morti. “Gone but never forgotten”. Morti ma mai dimenticati ha scritto R. Klein. Mentre Anne Bell ha lasciato una breve dedica con cui ha voluto ricordare il suo “amato nonno”.
Quasi ogni anno i reduci dei West Nova Scotia, dei Cape Breton Highlanders, dei Perth e di
tutti gli altri battaglioni canadesi che parteciparono alla guerra in centro Italia vengono a commemorare i compagni caduti in battaglia. Il loro ricordo vola ogni volta all’operazione più sanguinosa, quella che sfondò la crosta della linea Gotica sulla collina che domina Montecchio. L’obiettivo di quell’attacco era conquistare l’altura di Ca’ Tramontana, che durante la seconda guerra mondiale era chiamata ‘Quota 120’. Alla fine di agosto il generale Bertram Hoffmeister, comandante delle forze canadesi, ordinò di attaccare dai tre lati ai piedi dell’altura, sicuro che l’offensiva avrebbe avuto esito positivo. Ma non andò così: il reggimento West Nova Scotia, nel tentativo di scalare la collina a destra, dovette ritirarsi dopo aver perso 63 uomini sotto il fuoco delle mitragliatrici nemiche e lo scoppio delle mine; a sinistra, i Cape Breton Highlanders furono respinti poco prima di giungere alla vetta. Il reggimento Perth conquistò diverse postazioni nemiche passando dalla cittadina di Montecchio ormai rasa al suolo, ma venne bloccato prima di raggiungere la cima e si fermò a quella che fu denominata ‘Quota 111′. I Perth passarono la notte a guardare in cielo i colpi dei carri armati dell’ottava divisione New Brunswick Hussars che passavano sopra le loro teste.
L’inviata di guerra che testimoniò lo sfondamento della linea gotica, Martha Gellhorn, moglie di Ernest Hemingway, descrisse così quei giorni: “È terribile morire verso la fine dell’estate quando si è giovani e si è combattuto a lungo. Quando si ricordano con tutto il cuore la casa e chi si ama. Quando si sa che la guerra è comunque vinta. È terribile, e sarebbe da bugiardi o sciocchi se non si vedesse e sentisse tutto ciò come una sventura. In questi giorni la morte di un uomo si avverte più dolorosamente perché la fine di questa tragedia sembra così vicina”.
Il 31 agosto, il giorno seguente il primo attacco, i canadesi riescono a conquistare ‘Quota 120′: dopo il forte bombardamento della notte da parte dei carri armati dell’ottava divisione dei New Brunswick Hussars, il capitano Southby guidò due compagnie degli Irish of Canada e degli Highlanders fin dentro le trincee nemiche. L’attacco dei canadesi sorprese i tedeschi all’interno dei loro fortini, portando alla cattura di 117 soldati e 4 ufficiali. Una dura sconfitta per il comandante tedesco Albert Kesselring. Poco lontano dal cimitero, su un promontorio vicino a Tavullia, sorge il monumento dedicato ai soldati canadesi che sfondarono la linea gotica. Il luogo non è casuale. Nel punto esatto in cui è stata edificata l’opera morì uno dei protagonisti, il tenente colonnello Christopher Vokes. Secondo alcuni reduci il tenente colonnello fu colpito dalle schegge di una granata nemica poco dopo aver conquistato ‘Quota 204′, ma continuò ad impartire ordini ai suoi uomini fino alla morte. Al centro del monumento c’è un cannone prelevato dalle vecchie fortificazioni, mentre intorno si stagliano verso il cielo delle lance di metallo che cingono l’opera. Le postazioni dei tedeschi su quelle colline furono infatti prese alla baionetta dagli assalti dei soldati canadesi.