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Ci
6? Da dove dgt? Sei m o f?". E il nuovo
linguaggio dei messaggi elettronici scambiati tramite
computer o telefonini da migliaia di giovani e adulti in
tutto il mondo. Una sola riga per chiedere al proprio
interlocutore nascosto le informazioni di base: "Ci
sei?" ovvero "Mi stai ascoltando?",
"Da dove digiti?" e per ultimo "Sei un
maschio o una femmina?". Il tutto vivacizzato da
colori, immagini, suoni e condito con le ormai famose
faccine (in inglese emoticons), cioè simboli
dellalfabeto, come parentesi e punti, avvicinati
tra di loro per rappresentare stati danimo di
gioia, tristezza o noia. La lingua della Rete si parla tramite gli
Short Message sul cellulare o tramite gli e-mail, che ormai hanno
conquistato tutti dalla regina Elisabetta, che mandò il
suo primo regale messaggio nel 76, al leader russo
Putin, che ne riceve addirittura da Brigitte Bardot. O
ancora tramite le chat-line, ovvero le chiacchiere su
Internet.
Ma lInternettese è
poi una lingua così nuova e speciale? Ecco cosa ne pensa
Domenico Fiormonte, dottorando in informatica umanistica
alluniversita di Edimburgo, e studioso
esperto della lingua della Rete.
1) Anno 2000: la Rete ha più di 30 anni. Si può
parlare di una neolingua, nata sulla tastiera e sullo
schermo? Cosa ne pensa uno studioso del linguaggio
elettronico?
La neolingua ("newspeak"), se non
sbaglio, era quella del Grande fratello di 1984... Ma in
effetti, a parte casi eccezionali e il talento visionario
di alcuni scrittori, il tempo di evoluzione delle lingue
si misura in secoli, non in decenni. Ora è vero che la
tecnologia è un fattore di grande accelerazione, però
io farei attenzione a distinguere due campi: uno è il
campo dell'evoluzione della lingua naturale, l'altro
quello dei costumi e delle abitudini linguistiche. In
questo secondo campo possiamo già osservare alcuni fenomeni. Tenendo sempre presente un punto:
la tecnologia può influenzare il modo in cui scriviamo e
parliamo lo scolpire sulla pietra diede origine
allo "stile lapidario" e lo schermo favorisce
la scrittura granulare ma perché le influenze
possano essere assorbite e modificare una lingua in
profondità ci vuole tempo. Molto tempo. Paradossalmente,
la tecnologia è la migliore alleata della
"conservatività" linguistica, perché si
evolve troppo velocemente. E la velocità rallenta o
ostacola lassorbimento e la definizione degli
standard. La stampa, il mezzo conservativo per
eccellenza, ci ha messo cinque secoli per diffondere gli
standard linguistici. Il libro stampato in alcuni casi ha
gettato le basi per una grammatica stabile (è il caso
dellinglese, e non solo), ma la sua opera non è
affatto compiuta. Nel caso più recente
dellitaliano invece, come aveva profetizzato
Devoto, una vera uniformazione della pronuncia si è
avuta a partire dagli anni 50 con la televisione.
Poiché non sappiamo se fra due o tre anni comunicheremo
attraverso il telecomputer, lemail vocale o scritto
o mischieremo tutte e tre le cose, non è facile fare
previsioni. Il prestigio acquisito dal modello
linguistico attuale (frutto di un confronto tra forze
complesse, allinterno delle quali la tecnologia,
ricordiamolo, è solo uno dei fattori) potrebbe durare
ancora molti secoli.
2) Quali sono le
differenze fondamentali con il linguaggio orale di tutti
i giorni e con quello scritto? Il linguaggio elettronico
è un mix dei precedenti o qualcosa di diverso?
Un recente studio di una
linguista americana (Naomi Baron, Alphabet to email,
London-New York, Routledge) sostiene che
levoluzione della scrittura inglese abbia seguito
una traiettoria circolare, passando dalla stretta
vicinanza col parlato dei primi secoli, agli standard di
grammatica, punteggiatura, stile ecc. emersi fra XVII e
XIX sec. fino allattuale nuova convergenza con
loralità, stimolata dal computer. La Baron
sostiene che la lingua della posta elettronica sia una
sorta di pidgin, un misto di caratteri orali e scritti.
Per capirci, il pidgin è quella lingua ridotta
allosso che parliamo quando uno parlante non nativo
ci chiede una informazione per strada: "prima a
destra, poi girare a sinistra, tu capire me?". Da
questo incontro potrebbe:
1) nascere un creolo (una lingua "altra" frutto
dellintreccio fra i due sistemi di partenza);
2) stabilizzarsi lo slang in uso;
3) chissà...
Credo che anche per litaliano si possano ipotizzare
scenari simili. Anche se il linguaggio della rete è
sempre più "interlinguistico", dove
quellinter però congiunge linglese e la
lingua madre di partenza. Per ora sono le popolazioni non
anglosassoni a essere interculturali, e non viceversa.
3) Come cambia la
lingua, quando al posto di parole si possono inserire
immagini, simboli grafici, emoticons, suoni e addirittura
video? Quando si deve scrivere con grande rapidità e
sinteticità? Quando entrando in una chat, le prime tre
parole scritte, possono creare grande notorietà oppure
infinita indifferenza? E come cambia la
"capacità" di esprimersi e di parlare dei
parlanti (migliora o peggiora)?
Anche qui dipenderà
dallevoluzione degli strumenti.
Fino a qualche anno fa i MUD erano soprattutto testuali e
si erano diffusi degli interessanti gerghi alfanumerici,
spesso frutto della programmazione (penso ai mob o ai
bots, personaggi fittizi creati dal o attraverso il
software). Ma si trattava comunque di testi. I giochi di
ruolo e le chat odierne coinvolgono invece altri canali
di comunicazione: in alcuni casi siamo di fronte a veri e
propri codici. Oralità e iconicità sono i due elementi
in gioco. In futuro non si potranno non avere ricadute
nel modo in cui organizziamo e strutturiamo
linformazione, sia in fase di
"ricevimento" (non utilizzo apposta il termine
lettura) che di "produzione". Tuttavia questi
fenomeni per ora si manifestano, ripeto, come tendenze
più che come fatti irreversibili. Le nostre capacità
linguistiche o retoriche dipendono (ancora e soprattutto)
da altri fattori. Il nostro livello di alfabetizzazione
insomma non migliora né peggiora: in sé i nuovi
strumenti aumentano le opportunità di comunicazione.
Dobbiamo semmai domandarci che cosa ci sia dietro le
presunte capacità o incapacità espressive: quale
cultura, quale scuola, quale contesto sociale.
4) Ci sono delle
particolarità del linguaggio elettronico italiano
rispetto al resto del mondo (anche alla luce delle ultime
indagini sull'alfabetizzazione
degli italiani rese note da Tullio De Mauro)?
Il problema posto dal
ministro De Mauro: è di enorme importanza. Senza
alfabetizzazione non esiste, non è possibile nessuna
democrazia.
Non credo che vi siano delle grandi differenze fra i
linguaggi elettronici, anche perché come accennavo prima
la lingua elettronica è una interlingua. Tuttavia il
computer e le reti possono fare molto per combattere i
problemi di semi-analfabetismo e "illitterismo"
(che sono, come indicato dal CEDE, quelli più gravi). Per
combattere la crescente incapacità degli italiani a
decifrare e produrre un normale testo scritto, bisogna
innanzitutto varare i programmi di scrittura
allinterno delle università. Ad Harvard lo hanno
fatto nel 1952, in Italia siamo indietrissimo. Il secondo
passo è quello di lanciare i laboratori di scrittura in
rete, centri che offrano a istituzioni, imprese e scuole
servizi legati alla comunicazione e alla scrittura: dalla
correzione degli elaborati al pieghevole aziendale, dallo
stile web alla comunicazione pubblica, ecc.
Personalmente, mi sto impegnando molto su questo fronte.
5) Nel tuo "Manuale
di scrittura" più di cinquanta pagine sono
dedicate alla scrittura elettronica? Come mai?
Il Manuale è stato una
scommessa e un azzardo per il mercato italiano.
Nasce dalla mia esperienza statunitense e dalle grandi
capacità didattiche di Fernanda Cremascoli, una delle
prime insegnanti in Italia a condurre esperimenti con le
nuove tecnologie. Un capitolo sulla scrittura elettronica
non poteva perciò mancare: non solo perché oggi quasi
tutti quelli che scrivono usano il computer, ma perché
il mondo digitale è una grande opportunità per
scrittori e umanisti. Dirò di più: a mio giudizio gli
umanisti del futuro saranno informatizzati o non saranno;
nel senso più alto di questa espressione: il mondo
dellinformazione ci appartiene. Allorigine
del computer cè la logica, non lingegneria.
8) Che peso ha
avuto Internet sulla tua carriera di studioso?
Ma Internet è la mia
carriera di studioso
Esagerazioni a parte, posso dire che il mio percorso
(suona meglio di carriera, no?) di ricercatore ha subito
una svolta il giorno in cui mi sono collegato in rete: e
questo credo che valga per tutti, non solo per me. Il mio
primo collegamento, se non ricordo male, è
dellinizio del 1994 (lontanissimo,
nellInternetempo). Non esisteva Web né sapevamo
che cosa fosse un browser, si chiamava una BBS e di lì
via con Gopher, Ftp, Ping, ecc. Si aveva ancora la
sensazione pri\mordiale dello "scavo", della
scoperta: lo schermo era nero e da quel buco emergevano
le gemme di informazione più strane: cataloghi di
biblioteche, giochi di ruolo, una bustina di Minerva di
Umberto Eco tradotta in quattro lingue
Egrazie a Internet che sono entrato in contatto con
le università estere, ed è a Internet che devo quasi
tutte le mie esperienze allestero. Ma Internet è
molto, molto di più. E stata la scoperta di una
dimensione personale, sociale e culturale: enorme fu la
mia sorpresa quando il capo del dipartimento della
Michigan Technological University mi rispose dopo 4
minuti
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