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Da
operai ad artista |
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Fin
da bambina la passione per l’arte e da grande
trent’anni a lavorare in fabbrica come operaia.
A Pieve di Cento, paese vicino a Bologna immerso tra i campi coltivati
a grano e la nebbia, una volta all’anno (a Carnevale) arrivavano
le compagnie di artisti. Montavano il palco nella piazza del paese
per poi ripartire il giorno successivo. La vita di Venusta cambia
una volta raggiunta la pensione. Ha più tempo
libero, studia canta e recita: il diploma di terza media (con le 150
ore), un corso di chitarra, il volontariato come custode di mostre
e librerie, i concerti nel coro del paese, e le prime battute con
una compagnia dialettale. “Ero in crisi perché pretendevo
troppo da me stessa, volevo sempre migliorare, sempre alla ricerca
di corsi di recitazione, di dizione, finché lo psichiatra mi
consigliò il gruppo dei burattinai.
Vestaglia azzurra con cuoricini bianchi, e treccette legate sopra
alla nuca. Venusta parla appoggiando le braccia sopra al tavolo rotondo
del salotto di casa. Lungo le pareti un divano marrone e due mobili
vetrina con dentro numerosi bicchieri a calice. La madre di Venusta,
seduta in poltrona ascolta in silenzio. “Io non ero seguita
– dice Venusta – dall’igiene mentale come i miei
compagni burattinai. Con loro mi sono trovata subito bene e le crisi
sono passate grazie alla baracca e agli operatori”. L’orologio
a cucù segna le 15. “questo ragazzi che adesso recitano,
un tempo sarebbero finiti in manicomio. Lavorare
con i burattini è importante perché aiuta a svegliare
il cervello. Ad essere attivi. In passato i malati di mente vegetavano
in una struttura fino alla morte. Noi siamo attori
che vanno davanti al pubblico. E’ già tanto”
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