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La baracca come medicina
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  La baracca come medicina  
 

E’ buio dietro il palco. Solo due lampadine illuminano il copione degli attori.

I burattinai si danno il cambio passando a fatica tra cavi elettrici e i teloni colorati della scenografia. Parlano dentro i quattro microfoni che spuntano dalla parete di legno.
Venusta, la maggiore del gruppo è, per i bambini, Freccia, “Il cavallo più veloce del West”. Sognava di scorazzare tra le praterie invece è costretto a portare in groppa un bandito, e a evitare i proiettili dello sceriffo.
Occhiali tondi, corpo minuto e capelli raccolti sulla nuca Venusta, manto e criniera nera e briglie rosse il cavallo-burattino. “Freccia vuole essere libero, vuole correre – dice l’attrice – ha voglia di libertà, proprio come me”.
E’ seduta vicino al tecnico del suono, continua a leggere la parte anche se il suo burattino non entrerà in scena per i prossimi 10 minuti. Musica di sottofondo. Venusta soffre di crisi di panico. Si alza, gira attorno alla baracca e si ferma sotto al riflettore, proprio davanti al pubblico. “Come in un romanzo – dice dondolando con voce ritmata – si conclude il primo atto”.

Manca il respiro, pulsazioni accelerate, brividi di caldo, il corpo si copre di sudore e la mente è vuota: sono i sintomi delle crisi di panico. Sensazioni che Venusta ha provato più di una volta. Almeno fino a 4 anni fa. “Da quando – dice ho iniziato a fare la burattinaia non ho più le crisi. La baracca mi protegge e mi dà sicurezza. E il gruppo con gli operatori mi fa stare tranquilla. ”.
Venusta, che non si è mai sposata perché aveva paura di non essere all’altezza e vive con la mamma 92 enne , non si allontanava mai da casa per più di un giorno. Non saliva in macchina o in autobus.
Adesso va in tournee con i compagni burattinai (Cesena, Piemonte, Ovada, Gatteo Mare), al ristorante con le amiche e (unica tra i colleghi) recita fuori dalla baracca. “Prima solo a vedere il pubblico mi sentivo svenire, adesso non ho paura”.


 
 
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