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La recessione e i media: crolla la pubblicità

di    -    Pubblicato il 16/01/2009                 
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La crisi non guarda in faccia nessuno, neanche la pubblicità. Secondo le analisi di quotidiani come Milano Finanza, il Sole 24 Ore e il Financial Times, la recessione economica costringerà le imprese di tutto il mondo a spendere complessivamente di meno per farsi pubblicità. Risultato: le aziende editoriali dovranno tirare la cinghia.

In Italia, le stime fornite da Nielsen Media Research monitorano le migliaia di euro spese per inserzioni nei media. In base ai dati riferiti al periodo gennaio-ottobre 2008, gli investimenti netti pubblicitari sono calati dello 0,8% rispetto agli stessi mesi del 2007.

Un mese fa Rcs ha annunciato che, a causa della contrazione dei ricavi pubblicitari, a luglio rivedrà il piano triennale. E’ un segno del cambiamento in corso nell’editoria; nel dettaglio i dati Nielsen destano preoccupazioni e speranze.

Nel 2009 probabilmente sarà la carta stampata a soffrire; le testate disporranno di minori introiti per i tagli dello scorso anno nella pubblicità: cento milioni in meno per i quotidiani a pagamento (-4,9% rispetto al 2007), sessanta per i periodici (-5,6%). Numeri su cui riflettere, considerando che le risorse di un giornale derivano dalle vendite (da anni in calo continuo), dai “collaterali” – dvd, cd, guide turistiche ecc. – allegati e dalla pubblicità. Luigi Einaudi, che amava definire “il giornale come vendita di notizie e avvisi, aveva intuito tutto.

Pochi scossoni invece per la televisione, dove da sempre girano più soldi: qui l’aumento di proventi dalle inserzioni è inferiore a 30 milioni (variazione di 0,7%). Bene la radio, che può contare del 4,4% di investimenti in più.

Meglio ancora il web: internet attira flussi di denaro da doppia cifra: l’aumento è del 18,5%. Molti analisti pensano che la rete sia la salvezza del sistema editoriale; questo medium, ancora giovane, muove però risorse non paragonabili con tv e stampa.

La flessione nel mercato pubblicitario non è un affare solo italiano: secondo il Sole24Ore, negli Stati Uniti colossi come General Motors hanno dimezzato le risorse vincolate nel settore. Le imprese editoriali, al netto degli investimenti pubblicitari, hanno messo in campo strategie diverse per fare i conti con la recessione. Anche perché “il calo delle inserzioni in Nord America e nell’Europa occidentale – si legge in Milano Finanza – sarà compensato dalla continua crescita dei mercati emergenti, come India, Cina e Brasile”.

Negli Usa, il New York Times, sommerso da debiti e con un’ipoteca di 225 milioni di dollari sul grattacielo della sua stessa sede, il 5 gennaio ha venduto una striscia pubblicitaria nel taglio basso della prima pagina alla Cbs: non era mai accaduto dalla sua fondazione nel 1851.

Al contrario, in Italia nei giorni scorsi si è visto un segnale in contrasto con il crollo negli investimenti pubblicitari: la decisione di imprese, come Enel, Telecom e Sisal, di stanziare fondi per acquistare una banda laterale e una striscia con i colori dell’azienda tra la testata e i titoli in prima pagina del Corriere della Sera. Sempre sul Corriere, Audi qualche settimana fa, ha comprato ben 16 pagine interne per ricoprirle di inserzioni.

Segnali positivi ma insufficienti per risollevare la curva degli investimenti.

Resta da capire se le ripercussioni della crisi nel mercato pubblicitario, incideranno sul lavoro dei giornalisti; meno risorse a disposizione potrebbero alterare la fattura del giornale. “Gli editori – osserva Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa – oggi possono parlare in maniera credibile di crisi, che oggettivamente c’è”. Poi la stoccata: “Si tratta comunque di un fenomeno recente. Non giustifica le scelte del passato, quando le aziende editoriali facevano utili. Gli editori hanno preferito distribuirli agli azionisti piuttosto che migliorare la qualità del prodotto giornalistico”.


Guida alla rete:

Nielsen Media Research, Gennaio-Ottobre 2008
Pubblicità in calo: Milano Finanza
Pubblicità in calo: Il Sole 24Ore
Rivoluzione Tv in Francia: La Stampa

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