Il primo “Decalogo di autodisciplina dei fotogiornalisti” dell’Ordine dei giornalisti entra in vigore a metà aprile, ma i suoi dieci punti sull’uso deontologicamente corretto della fotografia sono stati accolti con qualche riserva da parte di alcuni fotoreporter e fotoeditor, che ne discutono l’effettiva utilità.
“È stato approvato all’unanimità nel Consiglio nazionale – ricorda il consigliere dell’Ordine dei giornalisti Rodolfo Valentini - È da un anno che ci lavoriamo, sulla scorta del caso Fabrizio Corona e da quando Il Giornale ha pubblicato durante la guerra a Gaza una foto in cui erano stati aggiunti elicotteri che bombardavano, ma si era omesso di scrivere che c’era stato un fotomontaggio. In 50 anni il fotogiornalismo non è mai stato toccato dall’Ordine dal punto di vista deontologico: prima nessuno poteva sanzionare il direttore o il giornalista per una fotografia, oggi invece queste norme ci sono”.
La questione è controversa. Amedeo Vergani – fotogiornalista, presidente del Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell’informazione visiva dell’Associazione lombarda dei giornalisti – sostiene invece che “il comportamento professionale dei fotogiornalisti è sottoposto ormai da più di trent’anni, con il decreto Bonifacio del 1976, alla disciplina dell’Ordine. I fotogiornalisti devono rispettare i principi dell’articolo 2 della legge sulla nostra professione”.
Vale a dire, come recita il secondo articolo della legge del 1963 che istituisce l’Ordine, la “tutela della personalità altrui”, “il rispetto della verità sostanziale dei fatti”, “i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.
Principi che – insieme alle norme deontologiche del “Codice della privacy” del 1998 – si ritrovano nel Decalogo di autodisciplina dei fotogiornalisti.
Secondo Mariella Sandrin, della commissione sindacale del Gruppo redattori iconografici nazionale, non c’era “una tremenda necessità” del decalogo: “E’ semplicemente una ripetizione – dice – i fotogiornalisti sono giornalisti, quindi devono attenersi alla deontologia che esiste già. Comunque tutto quello che viene rimarcato è sempre utile”.
Sandrin solleva piuttosto un’altra questione: “Nel decalogo vengono gettati i problemi deontologici sui fotogiornalisti, quando poi sono invece altre figure redazionali ad avere un comportamento allegro nella pubblicazione delle fotografie. Non mi sembra giusto addossare tutte le responsabilità ai fotogiornalisti, andrebbero piuttosto condivise”.
Altro punto controverso è che l’Ordine può dettare norme solo ai suoi iscritti. “Su circa tremila fotoreporter che operano in Italia – speiga Amedeo Vergani – oltre la metà non appartengono all’Ordine”.
E allora come si fa a regolamentare un settore in cui chi vi opera non deve sottostare alle norme?
“È logico che chi non è dell’Ordine non si può sanzionare – risponde Rodolfo Valentini - ma il decalogo è un codice morale rivolto non solo a chi fa le fotografie, ma anche ai giornali. Siccome quelli che mettono le foto in pagina sono giornalisti, devono rispettare il codice”.
Valentini prospetta un cambio di rotta nei confronti delle agenzie fotografiche che non operano come testate giornalistiche. “D’ora in poi non sarà più ammissibile che vengano pubblicate fotografie che provengono da chiunque, magari vendute a cinque euro. L’Ordine si è impegnato a rimettere a posto le cose, il fotografo abusivo è finito. Non devono più esistere le cosiddette agenzie fotografiche che vendono le foto come un prodotto qualunque. A maggio – prosegue Valentini – ci saranno le elezioni dell’Ordine. Se sarò rieletto verrà costituito un osservatorio che effettuerà i controlli, e nei casi in cui noteremo comportamenti abusivi chiameremo la Guardia di Finanza”.
Guida alla rete
Decalogo di autodisciplina dei fotogiornalisti
Legge istitutiva dell’Ordine del 1963
Gruppo redattori iconografici nazionale
Fotogiornalisti italiani al World press photo
Federazione italiana associazioni fotografiche