In tutto Palazzo Lucciarini, di fronte al Duomo di Urbino, ora ci abita soltanto una signora. E nell’intera zona di Palazzo Ducale i residenti sono rimasti in sedici. «Dieci anni fa eravamo 350», ricorda uno degli abitanti superstiti.
Lo spopolamento del centro storico è uno dei refrain che negli ultimi vent’anni gli urbinati hanno imparato a memoria. Ma per trovare una soluzione, secondo alcuni, non c’è bisogno di girare tanto in lungo. Basterebbe bussare alla porta del Comune. Dentro le mura, infatti, il Municipio possiede più di un terzo degli immobili presenti. Un patrimonio amministrato spesso con difficoltà e non sempre adeguatamente valorizzato. All’occorrenza, per far cassa, messo anche all’asta. Molte le proposte su una differente gestione. C’è chi vorrebbe che nei palazzi municipali del centro tornassero le attività artigianali. E chi invece vorrebbe che dentro le mura il Comune sperimentasse il residenzialismo popolare.
Il crollo demografico nella città del Duca Federico è ormai una tendenza storica. Nel 1951 gli abitanti erano quasi 23 mila. Cinquanta anni dopo sono scesi a 14.400. E nel 2009, il dato è ancora più basso: 14.010, ma più del 10% (esattamente 1600) sono immigrati. All’interno del centro storico si è passati invece dai 3000 del 1971 ai 1161 dello scorso anno. I residenti, e le attività economiche, si sono spostate sempre più fuori dalle mura e poi sempre più a valle, verso Fermignano e verso Pesaro. Nel centro storico sono rimasti soltanto il Comune e l’Università.
Dove si concentrano le proprietà immobiliari del comune di Urbino
Come abbiamo raccontato nelle altre due puntate dell’inchiesta del Ducato [26 marzo 2010 – pag. 9 e 12 marzo 2010 – pag. 13] sulle proprietà immobiliari a Urbino, la Curia negli ultimi 50 anni si è liberata di quasi tutti gli immobili che le appartenevano. Gli acquirenti sono stati quasi esclusivamente due: il rettore (Carlo Bo) e i sindaci. La Chiesa locale, dalla creazione degli Istituti di sostentamento del clero in poi, quindi dagli anni ’80, ha smesso di gestire le immense risorse patrimoniali del territorio e ha così perso sempre più potere. La figura di Carlo Bo ha invece conferito all’Università un’autorevolezza e un carico di aspettative tale da renderla per quarant’anni l’istituzione più potente della città. Capace di condizionare i consensi elettorali e dunque le scelte politiche: basti considerare l’enorme numero di urbinati impiegati nell’Università.
A partire dalla metà degli anni ‘90, con la morte di Bo e il calo delle iscrizioni, si riequilibra il rapporto di forze con il Comune. L’ateneo di Urbino dipende sempre di più dai fondi pubblici. E le scelte urbanistiche del Comune possono dunque condizionarlo come mai è avvenuto in passato. Ora è infatti soprattutto l’Università a chiedere tavoli tecnici con il Municipio.
Elenco alienazioni e proprietà del Comune di Urbino
«Prima degli anni ’60 il centro storico cadeva a pezzi. Per fortuna le amministrazioni comunali, di concerto con l’Università, hanno fatto una scelta che andava nella direzione del recupero e della rifunzionalizzazione dei beni culturali cittadini», spiega Sergio Feligiotti, architetto tra i più informati sulla storia urbanistica della città. I vecchi palazzi, da conventi o cappelle in disfacimento, si sono trasformati in facoltà universitarie, biblioteche e uffici. Gli abitanti sono scappati ma in pochi hanno venduto. Le vecchie case del centro storico sono state riadattate a “remunerativi pollai per studenti”, come le definisce Vittorio Emiliani, già direttore del Messaggero, deputato, ma soprattutto ex residente del centro rinascimentale.
Ora che anche la popolazione studentesca cala, il notevole patrimonio immobiliare del Comune può diventare strategico per ripensare lo sviluppo della città dentro le mura. Anche perché i costi di gestione non sono sempre sostenibili. “Importanti strutture come Palazzo Chioggi, Palazzo Boghi e Gherardi sono abbandonate a loro stesse. Se inserite invece nel sistema museale potrebbero essere un valore aggiunto per questa città”, spiega Feligiotti.
La cosa che preme di più agli urbinati è, però, il ripopolamento del centro storico. Vittorio Emiliani lancia una proposta: “Riportiamo le vecchie botteghe artigianali in centro e diamo la casa a prezzi agevolati alle giovani coppie come si è fatto in posti come Cesena. Lì l’esperimento ha funzionato”. É il momento di aprire un dibattito all’interno di tutta la città, secondo il think tank urbinate “Insieme per Urbino”: “Vogliamo che si avvii subito un tavolo tra Comune, Università, Ersu e società civile. Trasformiamo immediatamente la Data in “urban center”, centro multimediale, luogo di confronto e di libera aggregazione”. Il primo passo, secondo l’associazione nata due anni fa, potrebbe essere “coinvolgere i privati nella gestione di alcune strutture sottoutilizzate, facendo però attenzione alle possibili speculazioni”.
Nonostante il calo demografico, l’interesse degli investitori privati per il centro storico è rimasto comunque molto forte. “Spendere nel mattone all’interno delle mura è molto più conveniente che depositare i soldi in banca. Diversamente che fuori dalle mura, il valore degli immobili non cala, ma cresce costantemente di 4-5 punti percentuali all’anno”, spiega Ignazio Pucci di “Insieme per Urbino”.
Negli ultimi due anni ci sono stati almeno 6 importanti investimenti: acquisti di immobili finalizzati alla creazione di residenze universitarie. Il Comune è dovuto correre ai ripari, imponendo che gli appartamenti avessero una superficie non inferiore ai 70 metri quadrati. Altrimenti ci sarebbe stato il proliferare di altri “pollai per studenti”.
Dal suo canto però, l’amministrazione Corbucci per “fare cassa” ha cominciato a vendere da qualche anno parte del suo patrimonio. Solo nel 2009 sono stati venduti beni, tutti fuori dalle mura, per quasi 4 milioni di euro. Ma l’assessore ai Lavori Pubblici, Maria Crespini, ci tiene a precisare: “Non abbiamo in programma la vendita di alcun palazzo storico”. In un’intervista rilasciata mesi fa al Ducato, il sindaco Franco Corbucci aveva riassunto il suo progetto per il centro cittadino nella formula “centro commerciale naturale”. Vale a dire più negozi e botteghe, meno centralità dell’Università nella pianificazione dello sviluppo cittadino. “Però senza una seria politica di ripopolamento – sottolinea “Insieme per Urbino” – non si va da nessuna parte”.
Guida alla rete:
Università degli studi di Urbino Carlo Bo
Vorrei avere maggiori notizie. Ho capito che volete solo coppie, ma che vi hanno fatto di male le persone single? Io ho 56 anni sono già in pensione e ho due lauree e qualche specializzazione. Vorrei conoscere i collegamenti con la città come sono e quanto dista la città.Parliamo di zona montuosa o abbiamo anche un po’ di pianura? se vi va fatemi sapere grazie Ornella Carducci