Scrivere una tesi? Oggi non è più un problema, ormai è facile. Sembrerebbe lo spot di uno dei fin troppo noti istituti per l’assistenza allo studio universitario, invece è semplicemente la realtà degli atenei italiani. Da Urbino a Roma, da Napoli a Bologna, il ritornello è sempre lo stesso: le tesi di una volta erano veri e propri lavori di ricerca portati avanti nel corso di almeno un anno, con impegno e interesse da parte del laureando.
Oggi invece, dopo la riforma Berlinguer che dieci anni fa introdusse il sistema del 3+2 (un triennio di base e un biennio di specialistica), l’università assomiglia sempre più a un esamificio, in cui bisogna fare la corsa per superare nel più breve tempo possibile tutti gli esami, e così facendo “le conoscenze non si sedimentano”. L’università, e così anche la tesi, sono viste dagli studenti con la mentalità dello scolaro che deve fare i compiti a casa”.
A parlare è Giorgio Manfré, docente di Teoria sociologica presso l’Università di Urbino, che afferma: “La situazione attuale è il risultato della modularizzazione del sapere, che è stato sempre più frammentato. C’è un abisso fra gli studenti del vecchio e del nuovo ordinamento. Una volta i ragazzi erano abituati a un metodo scientifico, a un maggior rigore, all’approfondimento, elaboravano le conoscenze sedimentate nel corso degli studi”.
Oggi invece, almeno per quanto riguarda la laurea triennale, la musica è cambiata: “I ragazzi sono svogliati e vedono la tesi di laurea solo come l’ultima rottura di scatole del percorso di studi – dice Ugo Barbara, docente di Laboratorio di scritture giornalistiche all’Università La Sapienza di Roma – già costellato, peraltro, di un numero altissimo di esami”.
Per contro, “la tesi oggi assume più valore – continua Barbara – perché è in sede di discussione che lo studente viene valutato veramente visto che è stata ridotta l’importanza degli esami” a causa della loro moltiplicazione e della riduzione dei programmi. “Prima invece, uno studente veniva valutato soprattutto in base a quanto fatto nel corso degli studi, dato che per studiare un esame ci voleva qualche mese di preparazione e non 20 giorni come spesso accade adesso”.
Oggi bastano pochi mesi per “scrivere” una tesi (si fa per dire, a volte la si copia, se non tutta in parte). Sono sempre più frequenti infatti, gli episodi di copia-incolla da internet (ma anche da altri libri o tesi) di interi testi. “Con me una volta – racconta ancora Ugo Barbara – si è laureata con 110 e lode una ragazza alla cui tesi venne riconosciuta anche la dignità di pubblicazione da parte della commissione esaminatrice. Ma dopo i soliti controlli per verificare l’originalità del testo, l’Università scoprì che era stata interamente copiata. Risultato? Revoca della laurea, che la ragazza non potrà più ottenere, e denuncia penale per truffa”.
Gian Italo Bischi, docente di Matematica generale e finanziaria presso la facoltà di Economia e commercio dell’università di Urbino, spiega perché si è arrivati a questa situazione: “Nel sistema del 3+2 la tesi di laurea equivalente a quella del vecchio ordinamento è prevista alla fine della specialistica; la prova finale, come la definisce la riforma, della triennale ha poco valore, tanto che in alcune università, ad esempio quella di Bologna, è stata completamente eliminata”. Quindi il problema non è nei ragazzi? “No, anzi, sono gli stessi professori che incoraggiano gli studenti a lavorarci su poco tempo, così come previsto dai crediti che vale (5 crediti, 1 credito = 25 ore, per un totale di 125 ore), ma ciò non vuol dire che siano tesi fatte male”. Bischi non ha problemi a spiegare anche il perché di questo approccio alla tesi della triennale da parte dei professori: “Con l’introduzione della riforma, che ha comportato un sensibile aumento degli esami per ciascun anno, con conseguente diminuzione del tempo per lo studio, si è accentuato il fenomeno dei fuoricorso. Un vero e proprio problema per le università che, a seconda del numero di ritardatari che conta, finisce indietro nella classifica degli atenei più virtuosi compilata ogni anno dall’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) ma soprattutto riceve più o meno finanziamenti dal Ministero della Pubblica Istruzione. Pertanto l’università ha tutto l’interesse a far laureare in corso quanti più studenti possibile. Io non sono d’accordo, perché la fretta è contraria alla qualità, però la situazione è questa”.
Ma la situazione è tragica solo riguardo alle tesi delle lauree triennali, “che solo in casi eccezionali sono ben fatte” sottolinea Manfré. “Le cose migliorano, e di molto, nel caso di quelle specialistiche, anche se la qualità dei lavori finali è comunque più carente rispetto a quella di una volta” affermano in coro ancora Manfré e Paolo Morozzo, docente di Diritto privato a Urbino. Questo anche per il diverso valore, in termini di crediti formativi, attribuito alla tesi dalla riforma del 3+2. Valore che, tra l’altro, può cambiare fra un ateneo e l’altro, ma anche fra corsi di laurea diversi all’interno della stessa università.
A Urbino ad esempio, nel corso di laurea di Scienze della comunicazione, si va dai cinque crediti della triennale ai 18 della specialistica. Ma il divario aumenta nel caso del corso di laurea in Scienze geologiche, dove la triennale vale sempre cinque crediti, ma le diverse specialistiche variano dai 20 ai 25.
Proprio Scienze geologiche sembra essere un po’ l’isola felice quanto meno della Carlo Bo, se non dell’intero mondo universitario italiano. “Da noi la qualità delle tesi non si è abbassata, anzi, gli studenti delle triennali vogliono fare sempre di più di quanto richiesto loro dalla riforma in termini di impegno”, dice il presidente del corso di laurea, Alberto Renzulli. “L’impegno dei ragazzi è sempre lo stesso”, continua Renzulli, che poi però ammette: “Oggi gli studenti arrivano alla tesi meno preparati di un tempo, sia perché il corso si studi è più breve, sia per rivoluzione dei programmi conseguente alla riforma”.
“Ma la tesi di laurea è in crisi da molto tempo, non è una conseguenza della riforma”, assicura Paolo Morozzo, unica voce fuori dal coro. Almeno un paio, secondo lui, i motivi alla base della crisi della tesi di laurea. In primo luogo “la disabitudine alla ricerca su carta alla quale si preferisce la più facile e superficiale ricerca su internet, che elimina la problematizzazione perché in rete si trovano solo testi brevi, i cosiddetti abstract”. Ma soprattutto, il fatto che “la tesi è l’unico momento, durante gli studi universitari, in cui i ragazzi scrivono, e spesso non sanno farlo”. Ma “che non sappiano scrivere, non è colpa dell’università – conclude Barbara – bensì della scuola di base che promuove studenti che fanno persino errori di punteggiatura”.
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