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Francesco Guccini a Urbino: “Le canzoni sono la nostra storia”

di    -    Pubblicato il 14/05/2011                 
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Francesco Guccini alle prese con gli autografi durante la conferenza al Magistero

URBINO –  “Mi chiedono del tema del viaggio nelle mie canzoni: anche se ne parlo spesso io in realtà sono un non viaggiatore, mi piace viaggiare più sui libri”. Francesco Guccini arriva a Urbino: 70 anni, il solito spirito tra il riflessivo e l’ironico, i modi di fare di un professore di provincia, tra cultura e radici contadine. Il Maestrone, come lo chiamano i suoi fans, è stato il protagonista alle 16 nell’aula magna del Nuovo Magistero di un incontro culturale dal titolo: “Canzoni e identità nazionale”, con il rettore Stefano Pivato e Stefano Paternò, presidente del Consiglio degli studenti di Urbino.

“Attraverso le canzoni è possibile ricostruire la nostra storia. Io poi le conosco tutte: quelle fasciste, quelle anarchiche, i classiconi, quelle influenzate dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra. Quando ho cominciato mi hanno detto che col mio modo di fare musica non avrei fatto strada, avrei dovuto cantare pezzi come “Vola colomba bianca vola”. Però non ne ero capace e ho dovuto continuare col mio stile” scherza il cantautore. In un’aula magna gremita, piena di ragazzi a dimostrazione dell’attualità dei suoi pezzi, sono risuonate le note di poesie in musica come “Dio è morto“, “Auschwitz“, “Eskimo” e “La locomotiva“, accompagnate dai cori dei presenti.

Il cantautore col rettore Stefano Pivato e Stefano Paternò

Alla domanda se sia favorevole alle proteste studentesche, Guccini risponde: “sono favorevolissimo: i giovani devono far sentire che ci sono e hanno istanze da proporre. Tante cose sono cambiate, noi le prime occupazioni le abbiamo fatte in giacca e cravatta. Ma c’è ancora molto contro cui protestare”.

E alla domanda del rettore Pivato sull’influenza degli Stati Uniti nel dopoguerra: “Gli americani ci hanno portato tante cose: la Coca cola, la frutta sciroppata, i jeans… Io leggevo Hemingway, Steinbeck. Ascoltavo i Platters di “Only you”: in quegli anni erano novità incredibili quelle che arrivavano dagli Usa. Molti miei amici fumano o bevono perchè volevano imitare i personaggi dei film americani. Dalla metà degli anni 60 abbiamo visto gli Stati Uniti in modo diverso: non era più tutto così lucido, così meraviglioso. Quando è arrivato Bob Dylan però abbiamo cominciato a imitarlo, per poi riscoprire l’Italia”.

Guccini parla anche della genesi di uno dei sui grandi successi, “La locomotiva”: “Il pezzo è nato da una storia vera, quindi si è praticamente scritto da sè. Il primo verso, che è quello che conoscono tutti, è stato in realtà l’ultimo che ho aggiunto quando la canzone era già completa”.   Guarda il video

E chiedendo, parafrasando “Dio è morto”, se l’Italia saprà risorgere dal momento difficile in cui si trova, il cantautore scherza: “ci vorranno sicuramente più di tre giorni”.

Le foto

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