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Se tornassero i grandi Maestri

di    -    Pubblicato il 16/12/2011                 
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URBINO – Settanta carri partirono da Urbino alla volta di Firenze, erano talmente pesanti che forse gli urbinati possono sentire ancora il rumore delle loro ruote per le strade della città. Era il 1631 e da Palazzo Ducale venne portato via ogni bene trasportabile dei Duchi di Urbino: bronzi, astrolabi, statue, anelli, spade, sgabelli. Soprattutto vennero sottratte cinquantasette opere d’arte dei più grandi maestri che avevano già segnato la storia di Urbino come Raffaello, Pietro Della Francesca, Tiziano e Bronzino.

MAPPA La diaspora dei capolavori

Oggi tutti questi quadri sono a Firenze, tra gli Uffizi e Palazzo Pitti perché l’ultima discendente dei Duchi di Urbino, Vittoria della Rovere, lasciò Palazzo Ducale per andare in sposa a Ferdinando II de’ Medici. Vittoria era figlia di Federico Ubaldo della Rovere, l’ultimo Duca di Urbino che morì prima di avere un erede maschio che potesse garantire la linea di successione, così il Ducato passò allo Stato della Chiesa.

Tutti i beni “mobili” dei Montefeltro e dei Della Rovere passarono a Vittoria, che dopo la morte del padre fu affidata alla nonna Cristina di Lorena e alla zia Maria Maddalena, tutrici di Ferdinando de’ Medici, l’erede ancora minorenne del Granducato di Toscana che salì al trono nel 1628. Il fidanzamento tra Vittoria e Ferdinando fu assicurato, si sposarono nel 1634 e la casata Medicea entrò in possesso del cospicuo patrimonio di Vittoria.

Se Urbino è stata “derubata” del suo immenso patrimonio artistico è tutta colpa, dunque, di una “pacioccona timida e goffa”, scrive Paolo Volponi riferendosi a Vittoria della Rovere che “per lo scrupolo provinciale di compensare la scarsa avvenenza ed eleganza, quale dote degna di un principe di Firenze, si portò dietro tutto il patrimonio feltresco”.

Se oggi si percorrono i vicoli del centro storico della città ducale si incontreranno negozi di souvenir che espongono il Dittico di Piero della Francesca, i ritratti dei profili del Duca Federico da Montefeltro e di sua moglie Battista Sforza. Un turista poco informato si aspetterebbe di trovarlo a Palazzo Ducale, invece è agli Uffizi di Firenze.

Stessa sorte per il ritratto di Guidobaldo della Rovere e per quello di Elisabetta Gonzaga e Guidobaldo da Montefeltro, dipinti dall’illustre Raffaello durante un breve rientro nella natia Urbino. Sono arrivati agli Uffizi con l’eredità di Vittoria anche i ritratti di Francesco Maria della Rovere e di Eleonora Gonzaga di Tiziano, insieme alla sua Venere di Urbino, nuda, adagiata in una posa sensuale sui cuscini di un letto, commissionata da Guidobaldo della Rovere per “istruire” sua moglie, Giulia Varano. Tiziano venne accolto alla corte di Urbino quando, estinta la dinastia Montefeltro, divenne Duca Francesco Maria della Rovere.

In quel periodo Urbino era un centro artistico florido, con menti brillanti e mai sazie che  affollavano a Palazzo Ducale. In quel tempo il potere politico si misurava anche con la ricchezza culturale. Se Raffaello non visse quasi mai a Urbino e i quadri posseduti dai Duchi erano pochi e risalenti al breve periodo in cui tornò, diverso è il discorso per Federico Barocci che trascorse nella città ideale la maggior parte della sua vita. Di lui, Vittoria  portò a Firenze cinque quadri.

Di questa esperienza fece tesoro Anna Maria Luisa de’ Medici, ultima erede della dinastia del Granducato di Toscana che lasciò il posto alla casata dei Lorena. Per impedire lo stesso “obbrobrio accaduto a Urbino” Anna Maria Luisa stipulò il Patto di Famiglia, un atto notarile in cui l’ultima erede dichiarò che le cose accumulate dai Medici “attraverso tre secoli e otto generazioni” sarebbero dovute rimanere per sempre a Firenze. Senza la lungimiranza dell’ultima Medici e l’esperienza di Vittoria della Rovere, la maggior parte delle opere oggi a Firenze sarebbe a Vienna, dove regnarono sull’Impero Austro Ungarico gli Asburgo-Lorena.

Le opere conservate in tutti i musei del mondo che hanno come scenario i territori del Montefeltro sono molti, dal Louvre, dove grazie alla gentile mano di Napoleone si trovano molti dipinti italiani, fra cui La Circoncisione di Cristo di Barocci e alcuni Raffaello, come San Michele e il drago e il ritratto di Baldassarre Castiglione, all’Ermitage di San Pietroburgo, alla National Gallery o al Prado di Madrid. Troviamo frammenti di Urbino anche a New York, Budapest, Vienna e all’Hampton Court di Enrico VIII.

La storia dopo i Montefeltro e i Della Rovere ha portato via molto alla città ducale ma a tentare un rimpatrio delle opere perdute ci sta pensando il sindaco Franco Corbucci: “Vogliamo capire quali delle opere che provengono da Urbino possano essere oggetto di una richiesta che abbia un minimo di fondamento a livello giuridico. Sul patrimonio dei Montefeltro e dei Della Rovere non si può far nulla,  si tratta di una legittima eredità. Si può far qualcosa sulla Pala Montefeltro”, dipinta da Piero della Francesca che si trova alla Pinacoteca Brera di Milano.  Nel capoluogo lombardo la Pala Montefeltro è finita mentre viaggiava verso Parigi, insieme ad altre opere razziate da Napoleone.

“Per riportare a Palazzo Ducale le opere che hanno visto luce qui a Urbino – ha detto il sindaco Corbucci – stiamo mettendo insieme un comitato che ragioni sul problema. Per il prossimo anno, in occasione della mostra sulle Città Ideali, stiamo pensando a un convegno che abbia come tema quello del rientro delle opere nei luoghi in cui sono state concepite. Non riguarda solo Urbino,  è un problema di molte città patrimonio dell’Unesco”.

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