La melatonina. Un gruppo di ricercatori dell’università di Urbino tra i protagonisti di una scoperta scientifica che può portare progressi significativi nella cura dell’insonnia. Un passo avanti per contrastare i disturbi del sonno che, dagli ultimi dati 2011 dell’Associazione italiana medici del sonno (Aims) riguardano un adulto su tre della nostra popolazione. Oggetto dell’analisi, la melatonina, un ormone sintetizzato durante le ore notturne dalla ghiandola pineale localizzata nel cervello, che, modulando l’orologio biologico del corpo umano, partecipa alla regolazione del ciclo sonno-veglia.
La collaborazione tra atenei. Lo studio, pubblicato il 14 dicembre sulla rivista statunitense Journal of Neuroscience e condotto da Giorgio Tarzia, Gilberto Spadoni e Annalida Bedini, chimici farmaceutici dell’università di Urbino, dall’università di Parma (Marco Mor e Silvia Rivara), dai farmacologi di Milano (Franco Fraschini) e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (Debora Angeloni), è frutto di una collaborazione duratura con gli atenei canadesi McGill e Université de Montréal. “Questa collaborazione – spiega Gilberto Spadoni, professore e ricercatore nel dipartimento di Scienze biomolecolari – ha permesso di individuare una nuova classe di analoghi della melatonina. Alcuni di questi composti che agiscono selettivamente su uno dei due sottotipi recettoriali della melatonina, denominato MT2 è in grado di influenzare maggiormente il sonno profondo ristorativo, lasciando inalterata la fase REM, a differenza di quanto si verifichi con i classici ipnotici correntemente in uso, benzodiazepine e Z farmaci”.
I due recettori. Nella ricerca si identificano due recettori su cui agisce la melatonina (MT1 e MT2), che regolano il sonno con effetti differenti: i primi incidono sul sonno REM (Rapid Eye Movement), la fase del “movimento rapido degli occhi” caratterizzata da paralisi dei muscoli e dai sogni; i secondi influenzano il sonno non-REM, quello profondo e più riposante e “ristoratore”, che consolida la memoria, aumenta il metabolismo e diminuisce la pressione. Di conseguenza, il composto UCM765, che agisce selettivamente sui recettori MT2, potrebbe risultare un efficace ipnotico in grado di favorire un’architettura del sonno simile a quella fisiologica. Nei modelli animali a cui è stato somministrato, ha aumentato le fasi di sonno profondo senza modificare la fase REM, e ha agito sulla formazione reticolare del talamo, un’area del cervello che regola la fase di sonno non-REM.
Meno effetti collaterali. La maggior parte degli ipnotici attuali inducono sonnolenza diurna il giorno successivo la somministrazione, deficit cognitivi e problemi di abuso. “I risultati della nostra ricerca potrebbero rappresentare un considerevole vantaggio – prosegue Spadoni – visti gli effetti collaterali e le potenzialità di abuso delle benzodiazepine. Questi composti, inducendo un sonno più simile a quello fisiologico, potrebbero avere meno effetti collaterali dei farmaci attuali e aprire nuove prospettive per il trattamento dell’insonnia, soprattutto per quel che riguarda l’induzione del sonno”.
La sfida. La melatonina ha limitata efficacia come ipnotico, soprattutto a causa della sua rapida inattivazione metabolica. La molecola scoperta dal gruppo di ricercatori, e tra essi quelli del dipartimento di Scienze biomolecolari dell’università Carlo Bo, agendo sul recettore della melatonina denominato MT2 attiva i neuroni della formazione reticolare talamica, favorendo preferenzialmente l’induzione del sonno profondo. Formulare un nuovo tipo di medicinali, capaci di aumentare la fase non-REM senza alterare l’architettura fisiologica naturale del sonno resta ancora oggi una sfida. “Gli studi preliminari sulla tolleranza di questi composti – conclude il ricercatore – non hanno mostrato effetti tossici, per cui si può valutare la possibilità di eseguire studi clinici sull’uomo. Noi ricercatori siamo impegnati da circa vent’anni nella ricerca di nuovi analoghi dei recettori della melatonina, con lo scopo di individuare il potenziale coinvolgimento e il ruolo fisiologico in varie patologie, soprattutto quelle del sistema nervoso centrale. Il nostro gruppo ha progettato ed effettuato la sintesi di questa nuova classe di composti, di cui l’UCM765 fa parte, mentre in Canada, nell’università McGill, è stato affrontato il ruolo farmacologico e gli studi in vivo sulle cavie da laboratorio”.
Insomma, focalizzare la ricerca sui recettori della melatonina di tipo MT2 può identificare un nuovo bersaglio per il trattamento dei disturbi del sonno, una nuova speranza per chi non chiude occhio la notte.
Il ricercatore Gilberto Spadoni fa il punto sullo stato attuale della ricerca. ASCOLTA
Buongiorno quando sarà’ possibile trovare questo prodotto finito in farmacia ?
La risposta mi sta molto a cuore visto che purtroppo soffro’ di insonnia da ben 6 anni.
Ciao Sandro Di Pisa