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Pedopornografia e reati d’opinione: così scompaiono migliaia di siti ogni anno

di    -    Pubblicato il 22/02/2012                 
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URBINO – “Qualche migliaia all’anno”. Tante sono le richieste di oscuramento dei siti web. A dirlo è il segretario dell’Associazione italiana internet provider (Aiip) Dario Denni. Le richieste vengono dai diversi tribunali che inviano, attraverso la polizia postale, notifiche via fax ai provider, gli unici ad avere un’idea sul numero di siti bloccati. “C’è stato un leggero incremento – aggiunge Dario Denni – dopo l’entrata in vigore del decreto Gentiloni che impone l’oscuramento dei siti pedopornografici”. Accanto a questo reato, le richieste più frequenti sono dovute a casi di violazione del copyright ma anche di diffamazione.

I provider quindi non registrano le motivazioni della richiesta di chiusura di un portale on-line, ma di fax ricevuti “a memoria” ne contano qualche migliaio all’anno, tra reati di pedopornografia, violazione di proprietà e reati d’opinione (per i quali però è più comune la rimozione del solo contenuto incriminato). E se non esiste un’autorità preposta a monitorare e quantificare i dati sulla chiusura di siti web, non esiste neanche una regolamentazione che ne disciplina la prassi.

I DIRITTI DEI NUOVI MEDIA – Si può far sparire un sito e censurare, preventivamente, del materiale on-line? “Non c’è ancora una regolamentazione” risponde Guido Scorza, avvocato esperto di diritto delle nuove tecnologie. “E’ un ambito in cui tutti i provvedimenti sono ibridi, perché decisi di volta in volta secondo la discrezionalità del giudice investito del caso. La parola stessa ‘sequestro’ è inadeguata perché nessun bene viene di fatto spossessato ma il sito rimane on-line anche se inaccessibile per gli utenti. Il problema è che mentre i media tradizionali sono molto garantiti, internet lo è molto poco”. L’oscuramento dei siti non è una novità in Italia: nel 2007 uno dei primi a essere oscurato fu quello di Antonino Monteleone, blogger giornalista calabrese, rimosso per una frase che offendeva l’onorevole Giuseppe Galati. “La possibilità stessa di applicare il sequestro preventivo e le sue modalità – continua Scorza – sono controverse: la mancanza di una regolamentazione fa pensare che sia di per sé un fatto anomalo e quindi inammissibile. E anche se i casi di oscuramento capitano ormai con una certa frequenza, non significa che siano legittimi”.

L’ULTIMO CASO: VAJONT.INFO – Dopo la recente chiusura dei siti di condivisione di files Megaupload e Megavideo (per reati di violazione del copyright), l’ultimo a subìre la censura digitale è stato www.vajont.info, il portale sulla strage del Vajont del 1963. L’oscuramento è stato la conseguenza del processo di diffamazione a carico del webmaster Tiziano Dal Farra, denunciato dagli onorevoli Maurizio Paniz e Domenico Scilipoti. Con una richiesta di oscuramento notificata al portale e ai 226 provider italiani, il giudice per le indagini preliminari di Belluno ha deciso di “sequestrare preventivamente” pagine e pagine di materiale sulla strage per una frase giudicata offensiva verso i due parlamentari.

CENSURA E VENDETTA – Sequestrato già nel 2009, il portale era tornato on-line spostando il provider in America e sfruttando un Ip virtuale condiviso. Per questo la chiusura di vajont.info porta con sé la chiusura di altri 207 siti che ne condividevano l’Ip, ma che non hanno nulla a che fare con il Vajont. Un blocco che si estende anche all’utilizzo dei domini presenti e futuri rinvianti al sito stesso e all’indirizzo ip statico associato al suo dominio. Il giudizio immediato del mondo del web è arrivato dalla comunità di hacker Anonymus che ha oscurato per qualche ora il sito di Maurizio Paniz.

A VOLTE TORNANO, ANCHE ON-LINE – Vajont.info è stato ‘sequestrato’ preventivamente, senza una condanna definitiva per il reato di diffamazione imputato al webmaster. Se il provvedimento dovesse rientrare, il giudice richiederà direttamente al provider che gestisce il sito di togliere il blocco e rendere il sito di nuovo navigabile, come spiega Antonio Ruggiero di Assoprovider. Nel caso però del sito di Dal Farra che si appoggia a una piattaforma americana, per oscurarlo si è dovuto ordinare anche a diversi servizi offerti dai provider della nostra nazione di non poter far collegare utenti italiani. Navigando quindi con un provider riconosciuto come estero sarà ancora possibile visitare il sito. Al momento comunque, il sito è visitabile anche con diversi provider italiani che (presumibilmente) non hanno ancora applicato la richiesta di oscuramento.

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Un commento to “Pedopornografia e reati d’opinione: così scompaiono migliaia di siti ogni anno”

  1. […] Se poi io non posso esprimere la mia personale opinione sul fatto che secondo me tizio è un cretino, un incompetente o altro, ovvero non sto dicendo che lo sia, ma che lo sia secondo me, allora non esiste la libertà d’opinione. […]