Mancano pochi giorni al voto e a partire dal prossimo 9 febbraio fino alla fatidica data del 25 scatterà per tutta la stampa italiana il divieto di pubblicare sondaggi elettorali. Un bavaglio che quest’anno – complici app per smartphone e social network – potrebbe non bastare per impedire alla gente di conoscere le ultime stime di percentuali, proiezioni, seggi.
Un’ipotesi impensabile pochi anni fa. Primo elemento: i sondaggi non possono essere diffusi dai media ma, grazie ad un’applicazione per telefonini approvata dall’Agcom, finiranno direttamente nelle mani dei singoli. Secondo elemento: la capillare diffusione dei social network – non limitati dalle norme di legge – farà sì che i dati circoleranno come mai prima al di fuori delle ristrette cerchie di partiti e redazioni giornalistiche.
Un paradosso: quelle informazioni che non possono essere date dai mezzi di comunicazione di massa, gli utenti le verranno a sapere da… loro stessi.
Lo conferma l’Agcom: “I social network (trovandosi ancora in quel limbo di indeterminatezza che non li classifica né come strumenti ufficiali di informazione, né come risorse limitate a un uso privato o ristretto, ndr) non devono sottostare ai controlli sui mass media” dell’autorità.
L’idea di una app è della Swg, società che si occupa di sondaggi elettorali in Italia. Basta che un normalissimo utente in possesso di uno smartphone o di un tablet acquisti al costo di 9,99 euro l’applicazione, pensata per Apple e Android, e il gioco è fatto. E il privato cittadino a quel punto è libero di utilizzare i numeri dei sondaggi come meglio crede: può dimostrarsi politically correct tenendoseli per sé, oppure può ‘altruisticamente’ twittarli o condividerli su Facebook.
Attualmente non esiste nessuna norma che disciplini la diffusione di notizie su blog e social network e il problema si pone più che mai quando si parla di sondaggi che per legge dovrebbero rimanere segreti. Il via libera all’app di Swg, come detto, arriva dalla stessa Agcom. La motivazione data dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è che si tratta di un canale privato, ristretto a un certo numero di fruitori che scelgono di acquistare il prodotto.
Ma i limiti della normativa sono evidenti in un contesto sociale che ormai è ovunque. Se i dati acquisiti dai singoli vengono estesi all’intero network di conoscenze non si avrebbe alcuna violazione di legge. Nessuno si occupa di fare controlli e anche se venissero riscontrate pubblicazioni non autorizzate sui social, non si tratterebbe comunque di reato.
La già farraginosa norma che disciplina la ‘par condicio’ in clima di elezioni, con questi presupposti appare ancor più contraddittoria. Tra le competenze di controllo dell’Agcom ci sono soltanto i mezzi di comunicazione di massa cosiddetti ufficiali: televisioni, giornali cartacei e giornali online con una testata registrata in tribunale. Blog e social network restano quindi fuori dalla loro sfera di competenza e dal controllo di chiunque.
Il presidente Agcom Angelo Marcello Cardani ha già manifestato l’intenzione di fare un bilancio a fine campagna elettorale. Quel che è certo è che quest’anno, senza che sia cambiato niente in termini di “divieto di pubblicazione o diffusione dei sondaggi politici ed elettorali”, avremo la possibilità di essere informati come mai prima d’ora, solo che le news non arriveranno né dai giornali né da radio e tv.