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Anni neri per le edicole italiane. Ma a Urbino boom di copie lette nel 2012

di    -    Pubblicato il 13/02/2013                 
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L’edicola chiusa in via Bramante

URBINO – “Io tutti i giorni compero il giornale, non solo per il cinema e lo sport”, cantava Lucio Battisti nella canzone Monolocale. Fanno davvero così gli italiani? Secondo i dati degli ultimi anni si direbbe il contrario. Dal 2012 una media di sei edicole chiude ogni giorno in tutto il paese, sabato e domenica inclusi. Negli ultimi cinque anni le copie di quotidiani vendute sono diminuite del 25%, e gli edicolanti che hanno detto addio al loro mestiere sono quasi diecimila.

Di fronte al gigante Internet, alla distribuzione gratuita dei quotidiani nelle scuole ed alla “prepotenza dei distributori”, in molti si sono arresi. Anche a Urbino, dove tre giornalai nell’arco di pochi mesi hanno rinunciato a tenere aperta l’edicola (due in via definitiva, uno chiedendo una sospensione dell’attività per sei mesi). Il coro dei pochi “resistenti” è un misto di rassegnazione ed indignazione, anche se a guardare i numeri della distribuzione la situazione non è così disperata. Soprattutto per il 2012.

L’anno appena terminato, dicono i numeri, è stato un anno d’oro per i lettori di Urbino, con la diffusione sul territorio che mediamente è cresciuta di oltre 200 copie rispetto ai due anni precedenti. Nel 2012 in media sono state distribuite 1800 copie (360 di resa), comprese quelle destinate agli istituti scolastici, contro le 1730 (540 di resa) del 2010 e le 1660 (475 di resa) nel 2011. Nei suoi primi 43 giorni, il 2013 urbinate ha invece registrato una distribuzione di 1700 copie ed una resa di 460, tornando verso i valori degli anni precedenti.

Anno Copie distribuite Resi Netto
2013 1700 460 1240
2012 1800 360 1440
2011 1660 475 1185
2010 1730 540 1190

Evidentemente però questi dati non bastano a tenere aperti i punti vendita. Forse anche perché, come lamentano molti negozianti, una parte di quelle copie finisce gratis nelle scuole e agli edicolanti non entra in tasca nulla. Ma sono tanti i fattori che concorrono alla situazione: “La crisi del settore non è determinata solo dalla congiuntura negativa che tutti conosciamo – spiega Amilcare Digiuni, membro della segreteria nazionale del Sinagi (Sindacato Nazionale Giornalai d’Italia) – ma anche da una mancanza di politiche industriali da parte del mondo editoriale, che non ha progetti di salvaguardia, ma punta solo sul web”.

La vendita della carta stampata risente anche del grado di autonomia raggiunto dai distributori locali dopo alcune norme di liberalizzazione. “Sono diventati  – sottolinea Digiuni – gli unici soggetti che determinano chi può vendere i giornali e chi non può più farlo; la cosa peggiore è che potrebbero decidere dove mandare una certa testata e dove no. Si arrogano il diritto di non mandare alcune pubblicazioni nelle zone in cui non lo ritengono conveniente”, e il mantenimento della propria clientela da parte di ogni edicolante diventa uno sforzo quotidiano sempre più arduo.

Nella giungla della carta le edicole lottano non solo con i distributori, ma anche con la concorrenza di ipermercati e supermercati. “Quello che noi contestiamo è che mentre un’edicola ha mediamente 2500 testate da gestire, ai grandi distributori arrivano le 300-400 testate più popolari”, conclude Digiuni.

E se tra gli studenti qualcuno compra ancora il giornale, le scuole non aiutano la professione del giornalaio. Alcuni giornali vengono distribuiti gratuitamente nelle scuole, per educare i giovani alla lettura, e causano  un calo delle vendite. Ma per Digiuni quei “quotidiani non arrivano agli studenti e non sono studiati in classe, ma considerati solo come un benefit messo a disposizione”.

Dalla dimensione nazionale a quella provinciale, la situazione non cambia. La prima ad affiggere il cartello “chiuso” è stata Nadia Clini, giornalaia da 20 anni nella frazione di Trasanni, che ha abbandonato l’attività il 30 settembre. “Ormai i giornali si vendevano solo alle persone di passaggio – spiega – e i distributori non mi fornivano mai tutto ciò che richiedevo. Sono stata costretta più di una volta, per accontentare i clienti, ad andare nelle altre edicole per comprare riviste o enciclopedie”.

Alberto Bostrenghi, invece,  titolare dell’edicola-cartoleria in via Guido da Montefeltro, se la prende specialmente contro i quotidiani gratuiti nelle scuole. “Gli editori ottengono i finanziamenti dallo stato non in base a quanto stampano ma solo in base a quanto vendono – dice  – e quindi inviano i quotidiani alle scuole, come il Corriere della Sera, il Sole 24Ore, il Resto del Carlino e la Gazzetta dello Sport. Questa non la vendo più, mentre gli alunni mi hanno confermato che non sono previste lezioni o letture collettive in classe”.

Il futuro non è roseo quindi. A Urbino, le edicole rimaste aperte si contano letteralmente sulle dita di una mano: ne sono rimaste cinque. Tante quante ne chiudono ogni giorno in Italia.

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